Ritengo doveroso e onesto da un punto di vista intellettuale far presente al lettore e alle lettrici le modalità che ho scelto nella scrittura di questo libro in cui la preoccupazione principale è stata quella di raccontare fedelmente la vita del protagonista Antonio D’Andrea. Anche se nessun libro potrà mai avere la pretesa di raccontare la complessità e la profondità di un essere umano, fosse anche il più esaustivo. Il mistero che ogni uomo racchiude non si lascia svelare facilmente dalle parole e dai nostri immaginari per quanto seducenti e rappresentativi.
Nelle pagine che ho scritto ho cercato di essere aderente alla realtà dei fatti così come mi sono stati raccontati e alle fonti che ho consultato. Il libro è un’opera biografica. L’unica licenza che mi sono permesso e a cui sono ricorso è stato un artificio in cui il protagonista narra in prima persona la sua storia. Di fatto, c’è la mediazione della mia scrittura e del mio stile narrativo.
Antonio, forse, avrebbe raccontato di sé usando espressioni e frasi diverse. Le ragioni che mi hanno spinto a fare questa scelta nascerebbero dalla convinzione che il racconto che promana direttamente dal protagonista acquisterebbe più forza e creerebbe quel pathos tra lui e il lettore indispensabile per una comprensione più profonda del testo. Il mio è solo un auspicio.
Invece mi sento debitore nei confronti di tutti coloro che hanno reso possibile la stesura di questo libro a cominciare dalle amiche e dagli amici che con la loro testimonianza lo hanno arricchito. E per espressa volontà di Antonio, come avviene in tutte le attività dell’Associazione Vivere con cura, il libro è dedicato alle donne e in particolare a Peppina, Elena e Maria Bambina.
Anche i singoli capitoli sono stati dedicati a qualcuna/o perché vorrebbero essere doveroso omaggio verso coloro che, con i loro doni, hanno contribuito a far crescere il nostro protagonista senza, come lui spesso sottolinea, farlo diventare adulto, ma adolescente / bambino. Ovviamente, ci scusiamo se in questo lungo elenco ci sarà stata qualche dimenticanza.
Michele Meomartino