Per molto tempo non riuscivo a spiegare il motivo per cui sul territorio Capracotta esistessero una fonte e due montetti (collinette) con il toponimo di CAROVILLI ubicati a Nord ai piedi di Monte Campo.
L’origine si poteva congetturare ma occorreva il supporto di qualche altra informazione supplementare per rafforzare le mie congetture derivate da uno scarno trafiletto relativo al console romano Carvilio trovato su Wikipedia.
Ecco, che girovagando per la “rete” mi sono imbattuto in un interessante articolo di Benedetto Di Mambro da cui ho estratto degli essenziali passaggi che mi hanno persuaso a prendere atto che la fonte e i montetti di Carovilli dovrebbe essere modificati utilizzando il toponimo CARVILIO.
N.B. Gli estratti sono in carattere normale, mentre le mie considerazioni sono in corsivo.
Di recente e per mia non precedente conoscenza dello stesso, ho avuto modo di leggere alcuni stralci fotocopiati dell’interessante libro “Memorie di casa nostra” di Antonio Iannetta, edito nel 1974 e relativo alle origini ed alla storia di Viticuso, Acquafondata e Casalcassinese. A colpirmi, soprattutto, sono state alcune notizie, riportate in nota (la n. 12 di pag. 86), relative ad ipotetici insediamenti sannitici in territorio viticusano e, quindi, ai nomi di alcune località del circondario, come ad esempio Trasàrce (o Trasàrcia), Fuori e lo stesso Monte Carvello, riecheggianti altrettanti nomi con radici greche e latine.
Non c’è dubbio, intanto, che il lago Vitecusum e le zone circostanti si trovassero proprio sulla direttrice di piste sannitiche che, partendo dalle città sannite di Venafrum e della probabile Cesennia (in territorio di Radicosa di San Vittore del Lazio, così come ipotizzato da Attilio Coletta in “Centri fortificati del Lazio Meridionale”, Atina 1998), si dirigevano verso nord per raggiungere l’altra fortezza sannitica di Aquilonia (Cardito-Cerasuolo) e quella di Aufidena, quest’ultima alle spalle del massiccio montuoso delle Mainarde e più precisamente nel fondovalle abruzzese del valico fra Monte Mare (m.2020) e Monte Cavallo (m. 2039), omonimo di quello più basso (m. 1007) e più vicino a Viticuso. Poi, non proprio stranamente, si ripete, su quel percorso e per ben due volte, un nome molto familiare che ci riporta, indietro nel tempo, al terzo secolo avanti Cristo, epoca delle ultime lotte fra Romani e Sanniti: Monte Carvello (m.1142), di poco ad ovest di Viticuso, sul massiccio montuoso comprendente anche il Colle Aquilone e la sua cima più alta di Monte Maio e, all’altezza dell’attuale bivio della provinciale proveniente da Vallerotonda, che a quel punto, a quota 794, volta a sinistra per Cardito ed a destra per Acquafondata-Viticuso, il costone boscoso da sempre chiamato (e solo in dialetto locale), gliù carvièglie. Fatto è che uno dei due consoli romani che, prima nel 293 a.C. e poi nel 272 a.C., condussero sanguinose e vittoriose battaglie contro i Sanniti di Aquilonia e Cominium, prima, e contro la successiva ribellione sannitica al tempo dell’invasione dell’Italia Meridionale da parte di Pirro, re dell’Epiro, dopo, si chiamava proprio Carvilio e, più esattamente, Spurio Carvilio Massimo. Evidente l’assonanza del nomen Carvilius con i toponimi Carvello, carvièglie e CAROVILLI (ndr). Proprio da quelle parti dovette molto probabilmente passare, dunque, il console Carvilio con le sue legioni, incontrandovi resistenze sannite. La tradizione orale fece il resto, conservandone il nome, mutandolo di poco e tramandandocelo nelle due versioni di cui sopra. Cosa era successo?
Nel 280 a.C. l’Italia Meridionale, su invito dei Tarentini, fu invasa da un esercito d’oltre mare: era quello guidato dal re dell’Epiro, Pirro. A lui si affiancarono molti dei popoli del centro-sud della Penisola e, fra questi i Sanniti, che da circa dieci anni, ormai, mal sopportavano il dominio che Roma aveva imposto su di loro. Dopo la sconfitta di Benevento del 275 a.C., però, Pirro lasciò l’Italia ma i Sanniti ed altri popoli meridionali continuarono la loro lotta contro Roma. Nel 272 a.C., anno in cui l’antica Casinum diveniva Praefectura romana, i romani rielessero consoli gli eroi della 3° Guerra Sannitica: Papirio Cursore e Spurio Carvilio. Il primo si diresse contro i Bruzi ed i Lucani delle odierne Calabria e Basilicata, mentre il secondo, Carvilio, vero eroe di questa fase della guerra e della vittoria finale, passò da una vittoria all’altra contro le tribù sannite dei Pentri e dei Caraceni, che occupavano gli attuali territori di Cardito, Cerasuolo, Venafro, Isernia, del Matese e della valle del Sangro.
A tal proposito, E. T. Salmon, massimo studioso della civiltà e della storia dei Sanniti, scrive (Il Sannio e i Sanniti, Cambridge 1967, pag. 302): “Con la stessa metodicità impiegata nelle fasi conclusive della terza guerra sannitica, i Romani annientarono le tribù sannite, una dopo l’altra. Ci volle del tempo, trattandosi di una regione poco urbanizzata, in cui scarseggiavano i centri in grado di costituire obiettivi strategici di una qualche importanza”. Sembra la descrizione di quei territori desolati e montani che dovevano corrispondere proprio al territorio sopra descritto, soprattutto sul versante di Viticuso e Conca Casale.
Carvilio, dunque, riportò numerose vittorie consecutive, fino a conquistare Aesernia e Venafrum, anche quest’ultima destinata, qualche anno dopo (269 a.C.), a diventare sede di Praefectura romana. Terreno di scontro con i Sanniti fu proprio la regione montuosa fra Cardito, Vallerotonda, Acquafondata, Viticuso, Conca Casale e, quindi Venafro. Di Monte Carvello, sui cui primi balzi probabilmente sorgeva una fortificazione sannitica, sulle cui rovine i benedettini costruirono nel 1003 il loro castello, al cui posto oggi si erge la chiesa di S. Antonino, e del così detto carvièglie, fra Cardito ed Acquafondata, luogo di assai probabile scontro fra romani e residue resistenze sannitiche, abbiamo già detto. Circa il territorio viticusano, soprattutto ai confini con quello di Conca Casale, resta invece ancora da dire molto.
Thràsia àrx stava dunque per “fortezza coraggiosa”, divenuta, nel tempo, Tràsiarx, Trasiarce e quindi Trasarce o Trasarcia, come qui in molti la chiamano. E’ una località campestre molto vasta, contornata da un fitto sistema collinare che raggiunge i 1.000 metri di altitudine e che, probabilmente, fu fortificata dai Sanniti, nel 272 a.C., con le loro tipiche mura poligonali, come quelle possenti ed assai note di Monte Santa Croce che si erge proprio in quella valle e non molto distante da Conca Casale e da Venafro, a difesa della gola di passaggio dalla valle di Cominium e quindi attraverso il territorio del lago Vitecusum proprio verso Venafrum.
Le stesse mure poligonali sono presenti a CAPRACOTTA a circa 1520 metri sulla cima del Monte Cavallerizzo prospiciente Monte Capraro, sicuramente a difesa di una fortificazione militare utilizzata come punto di avvistamento.
Da un’analisi tridimensionale computerizzata (effettuata con videocamere virtuali) dell’intero territorio dell’Alto Molise si evince che alcuni punti di strategici di avvistamento dovevano trovarsi localizzati nei seguenti siti:
- nel Colle di S.Nicola a quota 1537 (Capracotta), Monte Campo non era idoneo in quanto non permetteva la visualizzazione dell’insediamento sannita in località Guastra.
- Monte S.Onofrio (Agnone)
- Monte Caraceno a (Pietrabbondante)
- Monte Miglio (S.P. Avellana)
- Monte Ferrante (Carovilli)
- Monte Totila (Pescolanciano)
- ecc.
Tornando alle nostre considerazioni in relazione al toponimo CAROVILLI sarà stato plausibile o la presenza di qualche piccolo insediamento romano presso la zona che attualmente circoscrive la fonte di Carovilli e i Montetti di Carovilli (detta zona è protetta dai freddi venti del Nord e con l’acqua sempre a disposizione) o uno scontro bellico fra milizie romane e sannite che si concluse con la vittoria di Spurio Carvilio Massimo.
Filippo Di Tella