Monte Miglio nel territorio di S. Pietro Avellana
Il memoratorium, per dirla in latino, è una “notitia brevis pro modernis et fucturis temporibus … ad memoriam retinendam” ovvero è una notizia breve da tenere nella memoria per i tempi moderni e futuri. Se ne fa grande uso nei documenti che vanno dal IX al XII secolo. Uno di questi si trova a Montecassino ed è particolarmente importante per il nostro Molise perché contiene, in un contesto in lingua latina, alcune parole in italiano che riconducono al territorio compreso tra S. Pietro Avellana e Capracotta il primato nazionale per il suo uso.
Brevemente vediamo prima il contesto storico. Nei territori di questi due comuni molisani si trovano due montagne che si fronteggiano e che una volta fecero parte della giurisdizione monastica di Montecassino, ma che più anticamente avevano una propria organizzazione amministrativa dipendente dalla prepositura dell’abbazia di S. Pietro Avellana, una delle più importanti di questa parte dell’Italia.
Su Monte Capraro vi era una chiesa dedicata ai santi Simone e Giuda Taddeo che apparteneva al cenobio di S. Giovanni Battista che si trovava su quella montagna. Probabilmente nel 1171 nacque una qualche vertenza sulla giurisdizione di questa chiesa e il priore di quell’eremo volle compilare un documento da lasciare, come si suol dire, a futura memoria per ricordare che la chiesa dei Santi Simone e Giuda faceva parte dell’eremo di S. Giovanni.
Il priore era un certo Ruele ed era figlio di Ugone proprietario di Montemiglio, la montagna che sta di fronte, dove era posta un’altra importante chiesa dedicata a S. Nicola ed egualmente dipendente dalla prepositura di S. Pietro Avellana. Il memoratorium fu trascritto la prima volta dall’archivista p. Mauro Inguanuez (M. Inguanuez. I placiti cassinesi del secolo X con periodi in volgare. Montecassino 1929 e 1942). Il memoratorium di monte Capraro è stato variamente interpretato, ma una esauriente analisi si trova in un saggio, ormai introvabile, di Arrigo Castellani (A. Castellani, I più antichi testi italiani, Bologna 1973 e 1985, pp.165-169) e da esso ho tratto queste note.
La pergamena, riferisce l’archivista di Montecassino Inguanuez, era molto rovinata per l’umidità, ma la macchia non si estendeva alle parole in volgare.
Questo è il testo:
Fr(ater) Ruele prior heremitus S(an)c(t)i Ioh(ann)is de Monte Caprarum ………. s(an)c(t)orum ap(osto)lo(rum) Sy/monis (et) Iude in t(er)ritorio de S(an(c(t)i Ioh(ann)is p(ro) subdita (ecclesia) de S(an)c(t)i Ioh(ann)is fesit pro ipsu(m) (et) p(ro) / aliis fr(atribu)s heremit(is) de S(an)c(t)i Ioh(ann)is li quali laborasseru p(ro) ip(s)i (et) p(ro) aliis fr(atribu)s li quali fusseru / in S(an)c(ti) Ioh(anni)s (et) p(ro) facere or(ationem) quilli iurni li quali no(n) gisseru a llabore. Qualunq(u)a h(om)o volsesse depa(r)/tire ista eccl(esi)a da S(an)c(t)u Ioh(ann)e scì scia exco(m)municat(us.
Questa la traduzione:
Frate Ruele priore dell’eremo di San Giovanni del Monte Capraro fece (questa chiesa) dei Santi Apostoli Simone e Giuda nel territorio di S. Giovanni quale (chiesa) dipendente (dal detto monastero) di San Giovanni per sé e per gli altri frati eremiti di San Giovanni i quali lavorassero per loro e per gli altri frati i quali fossero in San Giovanni e per fare orazione quei giorni in cui andassero al lavoro. Chiunque volesse separare questa chiesa da San Giovanni sia scomunicato.
Castellani sostiene che IURNI costituisce la più antica attestazione italiana del tipo “giorno” che verrebbe da “diurnum” che era usato come sostantivo nel tardo latino imperiale.
Karin Ringenson (K. Ringenson, Dies et diuturnum. Etude de lexicographie et de stylistique, in “Studia neophilologica”, X, 1937) ha sostenuto che l’italiano “giorno” avesse una derivazione gallo-romanza, dal francese antico “jor(n)”. La studiosa francese, dunque, sosteneva che il termine “giorno” avesse conquistato l’Italia superando le Alpi per raggiungere la fascia centrale.
Il memoratorium di Capracotta-S. Pietro Avellana riapre i termini della questione sulla originalità dell’uso del termine e certamente mette in discussione la sua più antica attestazione retrodatando di una quarantina di anni l’uso che se ne era fatto agli inizi del Duecento in un verso marchigiano di S. Alessio. Per il momento a noi fa piacere prendere conoscenza di questa circostanza che restituisce una notevole importanza alla documentazione archivistica che, conservata a Montecassino, proviene dal Molise Alto. Ne ho dato notizia al sindaco di S. Pietro Avellana Francesco Lombardi e al sindaco di Capracotta Antonio Monaco, i quali si sono dichiarati entusiasti all’idea di organizzare una giornata internazionale di studi da tenersi nei due comuni per riaprire il confronto e ridare importanza ad un documento del quale nel Molise assolutamente non si parla.
Franco Valente