Ingresso della Grotta del Diavolo
Sul monte San Nicola, tra Agnone e Capracotta, a circa 1500 metri di altitudine, si apre, in seno alla montagna, una grotta di origine quasi certamente sismica, famosa per le varie leggende suscitate nella fantasia popolare, sempre pronta a interpretazioni bizzarre della realtà. Secondo una di queste, nella grotta si nascondevano preziosi tesori custoditi dal diavolo, il quale non permetteva a chicchessia di accostarsi e di entrare. Per chi osava varcare i confini proibiti della soglia, le punizioni erano terribili e spaventose.
Il coraggio è la virtù, tra due difetti: la codardia e la temerarietà.
Un giorno tre giovani, cosiddetti coraggiosi, incuranti del pericolo e avidi di ricchezza, decisero di tentare l’avventura in totale disprezzo delle note proibizioni. Come rito propiziatorio si recarono dal “magaro” per consultarlo e chiedere consigli. L’uomo, altrettanto avido, pensando alla grossa ricompensa in natura ricevuta e a ciò che avrebbe preteso poi, disse che erano necessarie tre cose per riuscire nell’impresa:
1) non avere mai paura e andare avanti sempre;
2) Non portare addosso croci, immaginette religiose, medaglie di santi e madonne;
3) Mai invocare il nome di Dio, qualunque cosa potesse accadere.
Comincia l’avventura
I tre partirono, pieni di entusiasmo per l’impresa che, secondo loro, li avrebbe consegnati alla storia.
Con cautela entrarono nella grotta e iniziarono la discesa. Il terreno era sdrucciolevole e difficile da calpestare. Era buio e, man mano che procedevano, cercavano invano appigli per sostenersi. MA… c’è sempre un MA nelle storie … i lacci degli scarponi erano incrociati, dunque loro portavano addosso, senza saperlo, un simbolo proibito, cioè la croce.
All’improvviso, nell’oscurità più totale, cominciarono ad accendersi tante fiammelle che crepitavano, ondeggiavano, sparivano qua e ricomparivano là, più grandi, più piccole come tanti fuochi fatui che aleggiavano nel cunicolo oscuro e senza aria.
I giovani continuarono ad avanzare intrepidi, cercando di nascondere la paura che subdolamente cominciava a manifestarsi. Le fiamme diventavano sempre più grosse e numerose, tanto che il coraggio iniziale vacillò. Diventarono incerti e titubanti prima, poi furono assaliti dal terrore, mentre le fiamme paurosamente guizzanti come grossi serpenti avvolgevano ogni cosa. I giovani cominciarono a urlare, impazziti, mentre dalle viscere della terra saliva un rumore sordo come di tuono e la montagna, scossa dal terremoto, sussultava e ondeggiava paurosamente. Uno dei tre, senza riflettere e in preda al terrore, gridò: ”MADONNA MIA AIUTAMI!”
A questa incauta invocazione, una scossa terribile squassò la grotta, le fiamme divamparono ancora più alte e fu uno sconvolgimento totale. I tre giovani furono scaraventati con violenza fuori della grotta e lanciati come missili lontano dal luogo tanto cercato. Quando ripresero conoscenza, doloranti e acciaccati, si accorsero che ognuno di loro era solo: dei compagni neanche l’ombra. Dove erano finiti? Quello che aveva fatto l’invocazione si ritrovò immerso nel pozzo nero della canonica di San Francesco in Agnone; il secondo era disteso in un campo presso il vescovado di Trivento, il terzo aggrappato ad una quercia del bosco di Caparreccia.
Svanite tutte le speranze di ricchezza, i poveracci ringraziarono la Madonna per non averli fatti morire; poi feriti e zoppicanti rientrarono nei luoghi di origine, ma non raccontarono a nessuno la loro triste avventura.
La notizia tuttavia trapelò, per cui, in seguito, nacque la leggenda che si diffuse per ogni dove.
La sfida
Mio padre, anni e anni dopo, raccolse la sfida: con alcuni amici ripercorse il cammino maledetto; un’entrata strettissima, massi sporgenti quasi a soffocare chi entra, poi un cammino sempre più ampio; una volta eccelsa con enormi pietre che pendevano dall’alto minacciose come stalattiti. Sembrava che tutti gli uomini coraggiosi potessero essere schiacciati da un momento all’altro. Certo, la grotta c’è, ma non il diavolo e non il tesoro.
Ancora oggi i ragazzi, incuranti del pericolo, si calano dentro. Più disincantati di fronte alla leggenda, vanno così per poter dire poi: “Anch’io sono sceso nella grotta del diavolo”.
Maria Delli Quadri