In occasione del 70° anno della distruzione di Capracotta ho deciso di raccontare una serie di episodi accaduti nei 60 giorni di occupazione tedesca in contrada Guastra. Queste vicende furono a suo tempo riferite da mia nonna Giovannina Mendozzi, (R’amicone, nonna materna) confermate da mio zio Antonino Di Nucci (zio materno e vivente a Villanova di Guidonia) e da mia madre Rosa Di Nucci che all’epoca dei fatti avevano rispettivamente sedici anni e quattordici: vivevano in una masseria a Guastra ai confini con quelle del Comune di Agnone.
Con la firma dell’armistizio l’8 settembre i tedeschi formarono il fronte di guerra che a Capracotta iniziava da Monte Capraro e finiva a Monte Campo e per lo scavo delle trincee utilizzavano, reclutandoli con la forza, i giovani e meno giovani del posto. I carabinieri di Capracotta, con l’arrivo dei tedeschi, si rifugiarono inizialmente in contrada Guastra presso la casa colonica di Incoronato Paglione (Papiegl’), che era di casa in caserma in quanto aveva fatto il militare come carabiniere ausiliario, portando via e sotterrando nelle vicinanze della casa colonica tutte le armi (una cinquantina di Moschetti Beretta 38/A e un mitragliatore) che venivano utilizzate per l’ addestramento dei futuri militari di leva al Tiro a Segno di Capracotta.
Non c’erano strade asfaltate di collegamento fra le case di campagna ma solo vie mulattiere e gli avvisi di pericolo venivano effettuati con i fischi e richiami che si sentivano a lunghe distanze (non c’era energia elettrica, non c’erano telefoni, cellulari e tantomeno Internet! si usavano solo lampade e lanterne funzionanti con petrolio o acetilene!). Il Comando Generale Tedesco ad Agnone, con la sua postazione antiaerea, era ubicato in un gruppo di case coloniche vicino la vecchia scuola, presso la fermata della stazione ferroviaria (Agnone-Pescolanciano) e prospiciente l’inizio dell’attuale ponte in c.a. che sormonta il fiume Verrino e che offriva una ragguardevole visibilità delle zone di Guastra, della Macchia, di Sant’Onofrio, di Agnone, etc.. però c’era anche il rovescio della medaglia: da alcune case coloniche ubicate nel territorio di Capracotta e poste in altura, in prossimità della fonte della Lama, facilmente si potevano controllare e prevedere i movimenti dei soldati essendo situate ad un tiro di schioppo (a circa 2 Km in linea d’aria) ma separate dal fiume Verrino e da un “vallone”.
Per 2/3 giorni dal Comando Generale di Agnone si constatò che vari gruppi di militari erano preposti, con le buone o con le cattive alla requisizione di animali d’ogni genere: galline, maiali, pecore, mucche e poi formaggi, legumi, patate, uova, etc.. tralasciando cani, gatti, cavalli, asini, muli, che all’occorrenza venivano requisiti per il trasporto di tutto quello riuscivano a confiscare. E’ ovvio che nei primi giorno furono depredate le case coloniche di Agnone, quelle prospicienti il Comando Militare e il ponte di pietra sul fiume Verrino, il tutto sempre sotto l’occhio vigile e attento degli osservatori nascosti alla vista dei predatori che poi cominciarono a risalire il fiume per fare visita alle case coloniche del Pisciarello che si trovavano a confine con il territorio di Capracotta: sarebbe diventato il prossimo obiettivo.
Le prime masserie che avrebbero trovato erano quelle di Domenico Di Nucci (Pascalitt , mio nonno materno) , Domenico Paglione (Rannacquot’), Filippo Di Tella (R’Culeng’l, mio nonno paterno) i quali avendo capito e visto cosa stava succedendo, insieme a tutti quelli della contrada Guastra tolsero le “tende” e trasferirono gli animali di piccola e grande stazza nei boschi alle pendici di Monte Campo e confinanti con il comune di Pescopennataro, lasciando a custodire le case coloniche gli anziani, gli invalidi, mogli e adolescenti, che di notte per più di un mese portarono notizie e da mangiare!.
Nei primi due giorni furono depredate tutte le masserie intorno alla fonte della Lama, c’era poco da obiettare, prendevano anche il superfluo, rubarono anche l’organetto di mio padre che allora appena 19 enne era confinato come gli altri della sua età nei boschi. Mio zio Antonino così racconta l’incontro con i Visitors: «Non capivamo una parola e cercavano di farsi capire a gesti, però preventivamente avendo saputo e avuto sentore di quello che sarebbe accaduto, noi e pure gli altri sventurati, per non far trovare roba da mangiare, negli orti facemmo delle grandi buche e sotterrammo tutto quello che potevamo (formaggi, patate, legumi,uova, pane, etc..). Lasciavamo solo le galline per il semplice motivo che ne avevamo cucinate e mangiate abbastanza in due giorni! Più di tanto non potevamo fare: ogni giorno sembrava Natale o Pasqua visto che la carne si mangiava solo in quelle occasioni, però erano sempre i primi articoli viventi che prelevavano, sembrava di essere ad un Supermercato dove tutto era possibile prelevare gratis senza che nessuno osasse protestare. Borbottando chissà che cosa e non contenti per lo scarso bottino, si aggiravano intorno alla masseria e vedendo il terreno smosso solo in una zona dell’orto capivano che lì sotto era nascosto il “tesoro alimentare”, in quel frangente capivamo che eravamo stati più stupidi delle galline, bastava zappettare tutto l’orto e forse si sarebbe salvato l’intero bottino di guerra».
Il terzo giorno, era pomeriggio, si avventurarono nelle case coloniche dei Paglione prospicienti la fontana delle Guastre, fra queste c’era anche quella di Incoronato. Dopo aver fatto i soliti giri negli orti e carichi a più non posso di tutto quello che potevano trasportare, al ritorno mentre scendevano costeggiando il Verrino non si resero conto di essere seguiti dall’altro versante da un ridotto numero di persone armate di quei famosi moschetti sottratti in caserma e che si tenevano a debita distanza mimetizzandosi con la boscaglia. Arrivati in prossimità della cascata del Verrino, mentre costeggiavano il bagnaturo delle pecore, venne loro la brillante e malsana idea di sparare contro i militari tedeschi, forse per spaventarli, senza rendersi conto di quello che la loro sconsiderata azione in seguito avrebbe scatenato e comportato, gli spari rimbombarono per tutta la vallata e poi risuonarono le grida di dolore di uno dei militari ferito al fianco che con una barella di fortuna fu trasportato dai suoi compagni d’arme al Comando per essere medicato.
Tutti si tapparono in casa, era una scena innaturale e surreale, anche gli uccelli avevano smesso di cantare!, dopo circa un’ora dall’imboscata, all’improvviso tutta Guastra fu battuta per più di un’ora da una grandinata metallica: la batteria antiaerea di Agnone aveva iniziato a martoriare e angosciare il territorio di Guastra ad “alzo zero”. Poteva essere una strage ma fortunatamente non fu colpito nessuno in quel frangente e sicuramente i tedeschi avevano pensato che fossero stati militari nemici a operare l’agguato visto che le armi usate non erano i fucili da caccia che tutti possedevano in casa e che si erano portati via. La sera stessa a notte fonda, con i precedenti fischi di avviso e di attenzione in previsione di quello che sarebbe successo il giorno seguente: perlustrazione a tappeto e rastrellamento selvaggio alla ricerca dei militari nemici, la contrada Guastra si svuotò, tutti cercarono riparo a Capracotta e per circa dieci giorni divenne terra di nessuno anche per le improvvise grandinate metalliche che scendevano a qualsiasi ora del giorno o della notte al minimo sospetto, rumore o movimento di qualcheduno che cercava o sperava di capire se fosse giunta l’ora di rientrare in casa. Il ritorno nelle case coloniche avvenne dopo una ventina di giorni.
Filippo Di Tella