Sul piedistallo della Statua della Libertà, in bronzo, si legge il componimento “The New Colossus” scritto da Emma Lazarus nel 1883. Malgrado “le folle accalcate” e “i miseri rifiuti,” parole immaginate con le migliori intenzioni trovate lì, i nostri antenati italiani -chiamati “nonno” e “nonna” da alcuni di noi anziani italo americani-non entrarono in America da emarginati e ignoranti. Anzi gli immigrati italiani giungevano sulle sponde americane già in possesso di parecchie competenze. In Italia avevano lavorato come muratori, sarti, falegnami, pescatori, contadini, e pastori. Essendo il nipote di un pastore italiano, vorrei condividere con voi alcune idee su quest’ultimo mestiere così rispettabile, importante. Nel corso dei secoli, l’allevamento e il movimento delle pecore attraverso centinaia di chilometri crearono un’enorme ricchezza, pure un impegno ben remunerativo per le famiglie dei pastori, specialmente nel centro-sud del Paese. Con un passato così ricco di storia e con tanti ex pastori immigrati arrivati ai porti americani agli inizi del secolo scorso, ci vuole uno sguardo dettagliato sulla pastorizia italiana.
La pastorizia: un’antichissima tradizione
Prima che ci fossero documenti scritti, le antiche genti italiche praticavano l’allevamento ovino. Poi durante il periodo della repubblica romana e imperiale la storia ci mostra che i pastori dell’epoca conducevano le loro greggi a percorrere molti chilometri dalle altezze appenniniche fino ai pascoli più bassi e caldi. In italiano questa migrazione stagionale si chiama transumanza. Poiché nei tempi antichi quasi tutti i vestiti erano fatti di lana, la pastorizia divento` un’importantissima industria. Quando l’impero romano dell’ovest cadde nel secolo quinto, non esisteva la sicurezza sia a causa dei briganti che degli invasori. Quindi le greggi non potevano percorrere i tratturi, o piste. Infatti, la mancanza di protezione pose fine alla migrazione su lunghe distanze.
Solo nel ‘200 cominciò di nuovo la transumanza di grandi masse di ovini scendendo dalle gelide altitudini per giungere ai pascoli più caldi. I re normanni, conquistatori dell’Italia meridionale e della Sicilia, crearono un regno che univa gli attuali Abruzzo e Molise con la grande pianura verde del Tavoliere della Puglia, vicino all’adriatico, un ottimo luogo per pascolare le pecore durante l’inverno. Soprattutto promulgarono una costituzione per concedere ai pastori il libero transito per la campagna e la città. Duemila miglia di tratturi resero possibile quest’importante migrazione. Così resuscitò la transumanza. Naturalmente la monarchia normanna arricchiva il tesoro regio imponendo tasse su greggi e affitti su pascolo nel Tavoliere.
Più tardi gli altri conquistatori del Sud, gli Svevi della Germania e poi gli Aragonesi, continuarono affinando le protezioni per l’allevamento ovino. Quindi l’ampia rete di privilegi e regolamenti della pastorizia diede origine a una civiltà pastorale che coinvolgeva migliaia di famiglie dall’Aquila in Abruzzo fino a Foggia in Puglia. Immaginatevi il commercio creato dal motore economico della pastorizia: oltre agli ovini c’era bisogno di cavalli, cani, articoli di pelle, equipaggiamento per fare il formaggio, tende, e attrezzi per la tosatura delle pecore e la lavorazione della lana. Nell’autunno del 1604, quasi sei milioni di ovini arrivarono nel Sud. Certo, quest’era una pastorizia su scala industriale.
La vita dei pastori
Provate a vedere con la vostra mente la vita pastorale di mio nonno Giangregorio, se potete. La transumanza inizia il 9 di settembre, nelle altezze di Capracotta in Molise. A due passi del paese, lui e gli altri pastori sostavano davanti al Santuario della Madonna di Loreto, pregando la Vergine per la protezione delle loro famiglie durante la loro lunga assenza e per la buona riuscita della transumanza. Poi pastori, greggi, cani da pastore, muli, e cavalli migrano sempre verso il sud sulle piste erbose. Di notte sostano nelle tende o ogni tanto in un granaio o in una chiesa rurale. Spesso c’e`bisogno di attraversare fiumi pericolosi sostenendo le bestie deboli sulle spalle. In montagna ci sono i lupi che attaccano le greggi per portare via le pecore. Finalmente giunti in Puglia, i pastori impegnano il tempo con la mungitura quotidiana, la lavorazione del formaggio, e la preparazione delle greggi per la tosatura. In maggio, tutti ritornano in paese con gli agnelli nati da poco in Puglia. Prima di entrare a Capracotta, fanno una sosta finale, essenziale. Offrono preghiere di ringraziamento alla Madonna nello stesso Santuario di settembre.
Nei paesi e comuni svuotati di uomini, le donne da sole portano avanti i loro lavori di casa. Producono i vestiti e si prendono cura degli orti. Le sere si riuniscono davanti al caminetto per condividere le notizie e raccontare storie mentre ricamano la biancheria per il corredo di una giovane parente. Gli uomini hanno lasciato la legna, pero` sono le donne che faranno la manutenzione del focolare per tutto il lungo inverno nelle montagne. In maggio, al ritorno dei pastori si faranno molte feste.
L’agricoltura vince la pastorizia
A metà dell’800, cioè la generazione anteriore dell’emigrazione degli italiani nelle Americhe, la pastorizia che una volta prevaleva nel Sud cominciò a declinare. Le piante americane, per esempio il granoturco e le nuove specie di fagioli, resero possibile una forte coltura da reddito. Anche la rivoluzione nella tecnologia, segnata dal trattore e dalla mietitrice a vapore, fece i campi più produttivi, più redditizi. Con la bonifica delle paludi, la verde pianura della Puglia venne divisa in latifondi chiusi all’orda dei ovini. Avendo a loro disposizione sempre meno opportunità, i pastori cercavano di coltivare i campi vicini ai loro paesi.
Da pastori a metalmeccanici
Chi sa se mio nonno Giangregorio e i sui paesani, una volta pastori a Capracotta a 1421 metri sul livello del mare, avevano l’idea che un giorno nel futuro avrebbero dedicato il resto dalla loro vita a lavorare nelle acciaierie e fonderie di Ohio? C’erano volantini che li indussero a emigrare nell’area industriale in forte espansione del Midwest dell’America? Le altezze di Capracotta gli rendevano difficili i tentativi di abbandonare la transumanza per coltivare i campi vicini? Lì faceva così freddo che non permetteva la coltura ne` di vigneti ne` di oliveti. Inoltre in Europa, la crisi agraria della fine dell’Ottocento colpì duramente l’Italia, facendo crollare il prezzo del frumento. Per la verità, parecchi di questi nuovi agricoltori affrontavano un futuro nero come mezzadri.
Intorno agli inizi del 1900, nuove tecnologie rivoluzionarono la produzione del ferro e dell’acciaio. In questo, emerse la regione industrializzata da Pittsburgh fino alle valli di Ohio e di Mahoning. Anticamente i metalli ferrosi si preparavano in lotti piccoli però la produzione moderna di allora richiedeva grandi fornaci moderne azionate da migliaia di operai in un solo turno, di tre. La necessita` in America di tanta manodopera raggiunse in un modo o nell’altro i comuni e i paesi dove gli ex pastori lottavano per cercare a fatica di sopravvivere coltivando poveri campi. Giangregorio e moltissimi italiani come lui risposero alle notizie dall’estero. Lasciarono la pastorizia ormai in declino e i suoli sfavorevoli dei loro villaggi nativi. Diventarono i metalmeccanici nell’economia in rapida crescita dell’industria di acciaio negli Stati Uniti. Forse per loro, abituati alle lunghe separazioni dalla famiglia, andar via di casa per le città industriali dell’Ohio non risultava così traumatico come per gli altri emigrati dell’epoca. Quindi scavate ben a fondo negli archivi familiari. Potrebbe essere che qualche vostro antenato metalmeccanico nella sua gioventù conducesse pecore bianchissime per valli fresche nelle montagne fino alla pianura verdeggiante del Tavoliere della Puglia. Se è vero, rendetevi conto che praticava uno dei mestieri più antichi e importanti prima di aver mai prodotto acciaio “Made in the USA”.
Ben Lariccia