Nell’anno scolastico 1970-1971 insegnavo matematica a Poggio Sannita, nella sezione staccata della Scuola Media di Agnone. Nel tranquillo tran tran di quella scuola di periferia improvvisamente arrivò un ciclone! Fu nominato bidello un capracottese tale Antonio Carnevale, nome d’arte Cacapaglia. Non lo conoscevo ma al primo incontro subito mi inquadrò: “Ma tu sié de la razza de re Carmenune!” (Tu sei uno della famiglia Di Nucci, ramo de Carmenone!). Era allegro fino all’inverosimile, con una parlantina a volte fluida e veloce, altre volte impastata e stentata ma sempre piacevole nel suo caratteristico dialetto non proprio puro capracottese. Essendo più grande di me lo chiamavo Ze Ndogne però, nonostante gli chiedessi di non farlo, mi si rivolgeva sempre con un riverente “Prufessò”.
Nello ore di buco tra una lezione e l’altra andavo a cercarlo e chiacchieravamo; mi raccontava delle sue passate difficoltà nel lavoro e della sua fortuna per essere stato nominato bidello! “E chésta è fatìie?” (Ma che dici, questo secondo te è un lavoro pesante?) e così non stava un momento fermo. Lo prendevo in giro dicendogli che aveva fatto una bella carriera venendo da Roma e finendo in una Scuola Media di periferia oltretutto lontano da casa; era un tasto dolente e apertamente mi diceva di sognare il trasferimento nella Scuola Media nell’amata Capracotta. In quel periodo i trasferimenti erano molto difficili da ottenere ed io gli ripetevo “Camba cavalle cà l’erba crèsce!” detto capracottese per indicare una cosa impossibile ad avverarsi. Mi divertiva sempre la sua spettacolare risposta! “Prufessò, ì tienghe une (e accentuava la u in modo caratteristico!) che stà arrète a re ministre e che vutta, vutta forte!!!”. Che tradotto significava: Professore, tu non lo sai, ma io ho un grande amico capracottese, molto importante, che lavora a Roma nel ministero e che sta appena sottoposto al ministro della Pubblica Istruzione e che preme molto per il mio trasferimento! In un’altra occasione mi fece ridere a crepapelle. Avevo una collega isernina che insegnava francese; la sua macchina quasi sempre era sporca di fango; ad Antonio dava fastidio che una professoressa si presentasse a scuola con una macchina così ridotta e prese l’abitudine di lavargliela, logicamente gratis. “Prufessò, so du o tre iourne ca chéla machena puzza gnè re culèra!” (Professò ma lo sai che sono due o tre giorni che dentro quella macchina c’è una puzza impressionante?). “Ma le sià ca je l’haie addumannate? Signò ma che ce cacate, déndre à sa machena?” (Ma lo sai che alla fine le ho chiesto se aveva preso quella macchina come gabinetto?). Seppe così che la professoressa era proprietaria di un allevamento di mucche e spesso prima di venire a scuola, andava nell’azienda per controllare se tutto filava liscio e non era difficile che pestasse escrementi di mucca. Antonio restò qualche anno ad Agnone poi il suo angelo custode a furia di “vuttà forte arrète a re ministre” riuscì a farlo felice e contento facendogli avere il trasferimento a Capracotta! Grande Antonio Carnevale, in arte Cacapaglia!
Domenico Di Nucci