Pubblichiamo, una alla volta, gli interventi di tutti i relatori del convegno sulla Prima Grande Mondiale dal titolo “Capracotta a 100 anni dalla Grande Guerra”, svoltosi sabato 8 agosto 2015 presso la Sala Polifunzionale dell’Edificio Scolastico di Capracotta. Questo appuntamento è stato soltanto uno degli eventi di un ampio programma organizzato dall’amministrazione comunale di Capracotta, in collaborazione con la “Fondazione Molise Cultura” e le associazioni “Amici di Capracotta” e “Terra Vecchia”, per celebrare il centenario dello scoppio del primo conflitto mondiale.
Quel cassetto della scrivania, che papà Cicciotto teneva gelosamente chiuso, era un continuo stimolo alla mia curiosità, quando mi veniva a tiro la chiave non mi lasciavo sfuggire l’occasione per sbirciare tra quelle poche cose col batticuore e con la paura di essere scoperto: qualche documento di famiglia, le medaglie commemorative della Grande Guerra, gli attestati e i diplomi della Fiera Nazionale dell’Artigianato, alcune vecchie foto, una delle quali lo ritraeva giovane, in divisa, insieme ad altri coetanei. Alcune di quelle cose, finite poi in uno dei miei cassetti, mi è capitato più volte di vederle, non più guardate però con lo stesso stato d’animo e la stessa curiosità.
La ricorrenza del centenario della Grande Guerra ha riacceso nella mia mente il ricordo di quella foto, l’ho cercata e ritrovata insieme ad altre, datata 1920. L’emozione questa volta è stata grandissima: il volto di mio padre, Francesco Di Nardo (Cicciott dun Checc), (1897-1979, foto 1, A al centro), a fianco di un altro sergente e quello di altri suoi coetanei reduci del conflitto, avevano una luce diversa! La consapevolezza, maturata negli anni, degli avvenimenti che avevano travagliato il nostro Paese e travolto le vite di altri giovani (presenti in altre precedenti foto e non più tornati dal fronte), destavano ora in me non più curiosità, ma un senso di tenera e dolorosa nostalgia.
Rivedevo volti familiari e notavo straordinarie somiglianze di alcuni ex combattenti con amici o coetanei di tanti anni fa, probabilmente loro figli o nipoti, segno evidente che i geni non erano andati dispersi; ne ho poi ricevuto conferma dai familiari o da qualche compaesano che ne conservava il ricordo. Tra questi Venditti Agostino (la Cioppa) (1887-1967, foto 1, B), Sergente Maggiore ferito in guerra, nonno, omonimo ed identico al nipote, mio compagno alle elementari ed emigrato in Germania; Fiadino Domenico (r Vaccar) (1896 -1976, foto 1, C) l’Ardito alpino seduto in seconda fila a fianco ad un baffuto bersagliere, padre di Fiore e nonno di Domenico nonché di Lucio l’infermiere al quale somiglia moltissimo; Paglione Erberto (Brijlucc) (1897-1976, foto 1, D), zio di Olindo e nonno di Erberto impiegato del Comune, terzo da destra in piedi: lo ricordavo come persona discreta, laboriosa e piuttosto timida, piccolo di statura, con il suo asinello quando rientrava la sera dalla campagna.
Quel sorridente baffuto bersagliere seduto per terra a destra era un viso a me ben noto, rivedevo chiaramente in lui zio Peppino Paglione di Giuseppe (1890-1975, foto 1, E) medaglia di Bronzo al Valor Militare nella guerra di Libia. La conferma mi è stata data dal figlio Guido, che sono andato a trovare ad Albano poco più di un mese prima che ci lasciasse. Avevo forse 6-7 anni quando, insieme a Peppino D’Andrea, aspettavamo la sera il rientro di zio Peppino dai campi con i suoi buoi; la stalla era situata sotto l’attuale abitazione di Concettina D’Andrea. Mentre accudiva gli animali lo tempestavamo di domande alle quali pazientemente rispondeva, ma alla fine stanco dal lavoro ed esaurita la pazienza ci congedava dicendo con dolcezza: “mo’ uagliu’ iet a fa la zulla ch’l mosch” (ragazzi adesso andate a giocare con le mosche!).
In quel sergente a fianco a mio padre, con i simboli sulla manica destra di tre ferite di guerra ed il nastrino di decorazione al Valore, ho rivisto zio Mauro Di Ianni di Gianfilippo (Maur d Iuscion) (1892-1972), argento al Valor Militare sul Carso (Foto 1, F). Riconosciuto nella foto anche dai figli, abitava vicino casa nostra, in cima alla discesa che finisce poi in via Falconi di fronte alla casa dei fratelli D’Andrea. Bel portamento, volto severo, non molto loquace; mio padre ne aveva grande stima e quando ne parlava aggiungeva sempre: è un galantuomo.
– Paglione Alessandro di Giuseppe, (Cicctiegl), vetturale, classe 1895 ( Foto 1, M), era fratello di Ermanno; riconosciuto anche dalla figlia Francesca, suocera di Tiziano il postino, è il primo in piedi in alto da destra. E’ deceduto nel 1961.
Altri volti noti non sono riuscito purtroppo, nonostante le ricerche, a ricollegarli alla famiglia di appartenenza. Tra i decorati al Valore Militare della Grande Guerra figuravano due Arditi, entrambi con Medaglia di Bronzo, dei quali non è stato facile rintracciare le famiglie:
– Serlenga Giacomo di Giuseppe (la Fata , classe 1896, ferito di guerra; la moglie era sorella di Vincenzo Flesca (Pettnessa). Trasferito a Busso, in provincia di Campobasso, negli anni cinquanta è ivi deceduto nel 1958. Abitava nel primo vicolo a destra (la rufa) salendo dalla Piazza Faconi verso la Chiesa Madre; ne ho un ricordo molto vago. Il nipote mi ha fatto gentilmente pervenire una sua foto in età avanzata: non ho avuto dubbi ad associarla ad uno dei quattro Arditi della mia foto. (Foto 1, G).
– Di Lullo Angelantonio fu Cesare (la Serrtana), classe 1897, non poteva che essere l’altro Ardito, seduto davanti a lui e con il nastrino della decorazione e la medaglia ben evidenti (Foto 1, H). Dopo aver inutilmente interpellato tutte le famiglie Di Lullo di Capracotta, sono stato indirizzato a Catalano Elena, madre di Antonio Di Lullo (Muscon), lucida novantatreenne e memoria storica del paese, che ha prontamente ricordato Di Lullo Angelo, calzolaio, emigrato in Puglia a S. Nicandro, zio di Peppino (figlio del fratello Domenico ed insegnante di musica e violinista). Le pronipoti, residenti ad Isernia, hanno riscontrato una certa somiglianza col nonno Domenico; quando poi la foto è stata inviata in Canada all’anziana zia Gina, figlia di Pupetta (sorella di Angelo e di Domenico) questa ha immediatamente risposto “ è zio Angelo”, decorato al Valore. Non ricordo di averlo conosciuto; è deceduto a S. Nicandro nel 1954.
In piedi a sinistra, un giovane bersagliere mostra con orgoglio la medaglia appuntata sul petto; un altro bersagliere, oltre Paglione Peppino, risulta tra i decorati del Comune di Capracotta: Mosca Domenico di Raffaele e Fantozzi Pulcheria, calzolaio, classe 1895, argento al Valore, era lo zio di Raffaele (Paluccio) e Pulcheria (madre dei fratelli D’Andrea). Emigrato in Puglia a Lucera è ivi morto nel 1975 (Foto 1, I). Lo vedevo talvolta, l’estate, passare davanti casa di mio padre lungo via Falconi: il cappello in testa, il busto eretto e le braccia dietro la schiena leggermente curva verso un lato. Abitava in cima al Colle, nella casa attualmente restaurata dai nipoti e dove quelli della mia generazione ricordano Paluccio.
– Trotta Ercole di Giuseppe, classe 1899, padre di Sebastiano, Filuccio, Peppe (Foto 1, L) è l’altro Ardito seduto a fianco di Serlenga; bel portamento, temperamento forte e deciso, carattere suscettibile, non molto loquace, aveva la bottega di barbiere di fronte all’attuale negozio del figlio Sebastiano; aveva adottato fin dalla sua epoca il sistema dei numeretti per disciplinare i turni dei clienti. E’ deceduto nel 1967.
Particolarmente suggestiva l’immagine di quel militare col berretto dell’esercito americano e con fregio e mostrine della Sanità Italiana; trattasi forse di Carnevale Elio, sarto, classe 1895, emigrato negli Stati Uniti, rientrato come volontario della Croce Rossa Americana e militarizzato nell’Esercito Italiano. (Foto 1,N). Dopo essere tornato in America è poi rientrato definitivamente in Italia nel 1954; era della comitiva di Gustavo Conti, Nicola Bonanotte, Ciano Di Vito, Bruno Conti e papà Cicciotto.. E’ morto nel 1969.
La cosa straordinaria di questa foto, scattata nel 1920 ed in cui è presente solo il 2,5% dei chiamati alle armi della Grande Guerra, è che ci sono oltre ad uno dei due decorati della guerra di Libia (1911-13) ben 4 dei 7 decorati sopravvissuti alla guerra 1915-18.
Non sono infatti presenti:
– Sanità Silvio fu Giangregorio, classe 1885, Argento al Valore Militare, più volte ferito ed encomiato, Maresciallo dei Carabinieri e successivamente in carriera fino al grado di Capitano dell’Arma, vissuto poi a Pescara; era cugino di mio padre che ne parlava con grande affetto e lo ricordava come persona severa, di grande rettitudine ma dal carattere non facile. E’ presente, in posizione piuttosto defilata, nella foto dei combattenti in licenza nel periodo pasquale del 1916. E’ deceduto nel 1976 (Foto 2).
– Conti Sebastiano di Achille (Tabbattacc), classe 1893, (Sergente maggiore 145° Rgt Fanteria, Aiutante di Battaglia), decorato di medaglia di Bronzo; zio di Achille Conti, ex segretario comunale di Capracotta, padrino di mio fratello Antonio nonché amico di mio padre. E’ presente anch’egli in prima fila nella foto del 1916 di cui sopra. Non molto alto, grassottello, carattere gioviale e dalla risata fragorosa; trasferito a Campobasso presso il locale Distretto Militare, è deceduto nel 1980 (Foto 3).
– Colacelli Giovannantonio di Nicola, classe 1893, soldato 141° Rgt Fanteria, medaglia di Bronzo. Emigrato in Argentina, dichiarato disertore per non aver risposto alla chiamata alle armi e denunziato al tribunale militare nel 1914; costituitosi al Distretto militare di Campobasso nel 1915 ed amnistiato. Inviato in congedo illimitato nel 1919 è poi ripartito per l’Argentina. Nessuno dei Colacelli finora intervistati ne ha sentito parlare.
– Giuliano Pasquale di Luigi, classe 1893, (soldato del 22° Cavalleggeri Catania, argento al Valore Militare) caduto in combattimento a Ponte Metali, Albania, il 7 luglio 1918 . Aveva in precedenza partecipato anche alla guerra di Libia. ( Foto 4; ripresa dal gruppo di militari in licenza nelle feste Pasquali del 1916). Il fratello Francesco Paolo, soldato del 212° RGT Fanteria Brigata Pescara, era già caduto l’11 agosto del 1916, all’età di 20 anni, sul Carso. La madre, Di Rienzo Maria Nicola (mamma Cola), non ha avuto nemmeno la consolazione di poter piangere sulle tombe dei figli! Abitava con l’altro figlio Loreto, cantoniere, dietro la vecchia torre ora demolita.
– Angelaccio Gaetano di Concezio, classe 1893, sergente 22° Cavalleggeri Catania, Bronzo al V.M. a Fieri , Albania , il 7 luglio 1918 ed ivi deceduto il 24 agosto 1918. (Nessuna foto rintracciata). Si era unito in matrimonio con Mendozzi Assunta prima di essere inviato in territorio di guerra; non hanno avuto figli. La sorella Vincenza sposò Di Vito Giovanni, padre di Sebastiano (Ciano del Comune) e nonno di Pasqualino.
Tragica ironia del destino: nella stessa giornata in Albania due ragazzi dello stesso paese, coetanei, appartenenti allo stesso Reggimento, a poca distanza tra loro, nella valle del fiume Semeni, si sono distinti e sono stati insigniti di Medaglia al Valore: Giuliano è caduto sul campo, Angelaccio è deceduto il mese successivo a seguito di ferita all’addome riportata nel corso del combattimento!
Da segnalare inoltre la Promozione Straordinaria per Meriti di Guerra al grado di Tenente di Torquato Di Tella di Amatonicola; ufficiale del Genio. Emigrato in Argentina e successivamente rientrato in Patria per combattere contro l’Austria, fu inviato sul Carso dopo aver frequentato l’Accademia Militare di Torino (Foto 5). E’ morto in Argentina, Buenos Aires , nel 1948. Il figlio Torcuato, sarebbe poi diventato ambasciatore dell’Argentina in Italia e varie volte ospite a Capracotta.
La memoria dei giovani capracottesi che parteciparono alla Grande Guerra è stata in passato tenuta viva nell’Associazione Nazionale Combattenti e Reduci della Sezione di Capracotta da mio padre, Presidente della stessa per tantissimi anni. La Foto 12 lo ritrae assieme ad Enrico De Renzis, suo amico e collega, in uno dei Raduni Nazionali dell’Asssociazione a Roma. Aveva cucito personalmente sulla bandiera le medaglie dei decorati con i rispettivi nomi dei titolari. Non aveva tralasciato di fissare su di essa il ricordo di Cacchione Giovanni di Falco, classe 1892, 18° Cavalleggeri Piacenza, trombettiere, Medaglia di Bronzo nella guerra di Libia nel 1913, morto nel 1958 (Foto 6); SammaroneFilippo di Luigi, classe 1922, soldato dell’8° RGT Artiglieria Caduto a Monte Lungo il 15-2-1943 e decorato con Medaglia di Bronzo al Valore (Foto 7); Antenucci Elio di Luigi, classe 1914, Colonnello degli Alpini, Medaglia d’Argento al Valore in Africa Orientale nel 1941 e deceduto nel 1964 (Foto 8), il Veterano garibaldino Di Rienzo Vincenzo di Giuseppe (Papparon) (1844-1918, foto 9), che aveva partecipato alle battaglie risorgimentali per l’indipendenza e l’Unità d’Italia nel periodo 1866-1870 ; conosciuto come “r’ lion” per l’ardore ed il coraggio dimostrato nei combattimenti, dopo il congedo, per riconoscenza fu nominato “guardiaboschi provinciale”.
Custodita forse senza le dovute attenzioni, la bandiera aveva perso anche qualche medaglia; ho ritenuto doveroso per l’occasione ripresentare il labaro con tutte le medaglie (Foto 10) e con l’auspicio che venga conservato, insieme alla bandiera, nel luogo più consono al suo intrinseco significato e perpetuare così il culto della memoria dei nostri avi ed il ricordo di sofferenze mai più ripetibili.
Lascio alle parole del giornalista Aldo Cazzullo ne “La guerra dei nostri nonni; Mondadori 2014” la conclusione di questa carrellata di ricordi.
La memoria diretta della Grande Guerra si è spenta per sempre. Ora è affidata a noi. Sta a noi figli, nipoti, pronipoti recuperare le loro storie e raccontarle ai nostri ragazzi…. Gli eroi, o meglio i protagonisti della Grande Guerra, sono i nostri nonni. I sopravvissuti hanno avuto qualcuno a cui tramandare la loro vicenda. I morti spesso erano ragazzi che non hanno avuto figli e nipoti cui affidare il loro ricordo. Il recupero della memoria della Grande Guerra, cent’anni dopo, è un dovere nei confronti dei salvati e più ancora dei sommersi. … Gravissime le responsabilità di una classe politica, intellettuale ed affaristica che trascinò in guerra un paese che nella grande maggioranza voleva la pace, e di una casta militare che fino a Caporetto si dimostrò la più sprezzante d’Europa (tranne forse quella russa) nei confronti dei propri soldati.
Vincenzino Di Nardo