NINO “D’ALLELE’”
Tutte siamo state mamme giovani desiderose di acquistare al meglio i doni della Befana per i nostri figli, doni che i nessuno di noi, da bambino, aveva ricevuto. Ed allora, nei giorni precedenti il 6 gennaio il pensiero era rivolto ai possibili acquisti da fare, che fossero compatibili col gusto e con le finanze disponibili. La scelta era, quasi sempre, obbligata: bambole alle bambine, fucili, camion e macchinine ai maschietti, secondo l’antico cliché che vedeva la donna nel ruolo di madre e l’uomo destinato ai lavori importanti della vita. L’educazione iniziava fin da piccoli con steccati già tracciati e non derogabili.
Con due figli piccoli, che avevano già scritto letterine alla “vecchia bisbetica”, io non avevo problemi. La sera del 5 gennaio, verso le sette, sgattaiolavo fuori, affidando i pargoli ignari della mia fuga a qualcuno di casa, attraversavo piazza FALCONI ed entravo nella bottega da “NINO”, il mitico emporio dove potevi trovare di tutto: dalle pentole, ai piatti, ai bicchieri, ai soprammobili, ai cristalli, alle ceramiche di Deruta alle lane, alle radioline a transistor, alla bigiotteria, alle borse, ai profumi, perfino scarpe e stivali da neve. Un genio era, “un uom dal multiforme ingegno” avrebbe detto il poeta; affabile e accomodante; aggiustava i prezzi, ti consigliava, ti spronava, ti convinceva. Roba bella, fine che faceva la sua figura anche nelle case di città. Quanti regali comprati da lui! Una volta trattato il prezzo e esaurito l’acquisto, egli confezionava il pacco, ci metteva sopra i nastrini, le etichette e… via, potevi andare ovunque.
Certo il 5 gennaio si andava per uno scopo ben preciso: la scelta del regalo della befana. Tutta la merce esposta, anche per terra… Una quantità impressionante, per tutti i gusti, per tutti prezzi.
Bambole grandi e piccole, bionde e brune, parlanti e piangenti, cullette, Barbie con corredi annessi, Ciccio Bello col passeggino, biberon, pettinini, braccialettini con strass, anellini, cerchietti per capelli, tutta roba sfavillante che l’indomani avrebbe fatto la delizia delle bimbe. Al tutto si aggiungevano poi anche quaderni, album,penne e pennarelli, astucci colorati, tanto per ricordare che da qualche parte c’era anche la scuola.
Per i maschietti la scelta era più semplice: soldatini, un camion di plastica, un trattore, una macchinina,un fucile, una pistola, un cinturone con la fondina, le palline di vetro, occhiali di plastica, uno zainetto, le costruzioni “LEGO”, un trenino,” miccette, raudi, scopparelli” tutto era lì, scelto, pagato, messo in una bella busta. C’era, nel negozio, aria di cospirazione tra le mamme e qualche papà più moderno. A casa bisognava nascondere per bene il pacco, poi riprenderlo sul tardi la sera, quando i pargoli erano a letto, eccitati per l’attesa, dopo avere appeso la calza al camino…
CRISTINA ( QUATTROCCHI)
Il negozio di Cristina era ubicato per il corso, a metà circa, nella casa dove anche lei abitava, al piano superiore.
Se non la trovavi giù, suonavi il campanello e lei, affacciandosi, diceva: “un momento!”. Un minuto dopo era scesa ed era disponibile, tutta per te. La merce di Cristina era di tutt’altro genere: biancheria intima o da corredo, stoffe, lane e calze, maglie, plaid, coperte di Taranta o di lana tessute a mano, pigiami (girano ancora nella mia casa), grembiulini per la scuola,rosa e azzurri col collettino bianco e cestini,roba fine da corredo e roba più andante. Gli asciugamani o un lenzuolo di lino da confezionare erano cose di pregio e venivano regalati il giorno della prima comunione alle ragazze, con gran piacere delle mamme che così ponevano la prima pietra del futuro corredo, ma non delle figlie, come pure i fazzoletti bianchi Perofil, al cui angolo poi si apponeva con ago e filo”la cifra” (monogramma). E poi ombrelli scuri per le donne anziane, colorati per le più giovani, variopinti per i bimbi insieme con cappellini, sciarpe, guanti per tutti. la donna era abile: non uscivi mai se non avevi comprato qualcosa,anche diversa dal pensiero iniziale Grande Cristina!, me la ricordo quando, per accontentarmi, rovistava tra mucchi di roba, di sotto e di sopra, tirando fuori le cose più disparate. Alla fine io mollavo e facevo spese enormi, da pagare a rate. “I soldi me li dai a comodo tuo” diceva a me,” prendi, prendi, tu sei la padrona”. E io prendevo e prendevo. “E’ roba buona, è di Cristina” dicevo. tutti gli altri assentivano, perché era così.
Il soprannome indiscutibilmente derivava dagli occhiali di vetro molto spessi che lei portava. Si diceva che avesse ripreso dal padre per la vista così corta. D’estate esponeva la merce fuori della porta; per quanto possibile metteva, su un paio di sedie, coperte di vari colori, plaid e altro. Non c’erano insegne però tutti sapevano dov’era Cristina col suo negozio. D’estate si entrava dalla porta centrale, d’inverno dal portone affianco.
Anche da lei si andava a fare acquisti per la befana. Oltre alla merce sua specifica c’erano pure i giocattoli tra cui scegliere. La mamma che entrava lì, comprava quasi sempre una befana mista fatta di qualche giocattolo ma soprattutto di calzine, pigiamini ed altre cose del genere, utili per i bambini e per l’economia familiare.
Era bello comprare le cose per la befana. Quasi sempre la neve imbiancava le strade con mucchi enormi ai lati: c’era l’entusiasmo, ma c’era soprattutto la gioventù. la favola della Befana che volava in cielo a cavallo di una scopa, brutta, vecchia e sdentata per calarsi poi nei camini o nelle case, attrae ancora; ha attratto anche noi per la verità fino a quando qualcuno più esperto non ha cancellato la bellissima illusione.
E così la mattina del 6 gennaio i bimbi si svegliavano presto, scendevano in cucina e, subito, erano attratti dal giocattolo più importante. Esclamazioni di gioia, gridolini di felicità, smorzati poi se dalla calza uscivano cenere e carbone Spesso, a sera, il giocattolo aveva subito qualche danno o si era rotto del tutto. GRANDE DELUSIONE!
Maria Delli Quadri
(Foto: Paolo Conti)