In occasione dell’anniversario della prematura scomparsa dell’ex calciatore del Taranto e nostro compaesano Erasmo Iacovone, pubblichiamo il bellissimo tema con cui la studentessa Angelica Fornaro ha vinto il concorso letterario “Il nostro Taranto” per le Scuole secondarie di primo grado, iniziativa inserita nel progetto “UN FUTURO ROSSOBLU: Scuola e Formazione” che la Fondazione Taras e il Taranto FC 1927 hanno realizzato con le scuole medie e superiori di Taranto e provincia. Ringraziamo la Fondazione Taras per averci autorizzato a pubblicarlo sul nostro sito e condividerlo con la comunità capracottese .
6 Febbraio 1978, l’una di notte: sulla strada statale Taranto-Lecce, all’altezza dello svincolo per Talsano, un terribile incidente. Un pregiudicato inseguito da una volante della polizia, alla guida di una Alfa Romeo rubata, proveniente da Taranto in direzione San Giorgio Ionico, alla velocità di 200 km/h e a fari spenti, si scontra con una Diane 6 che usciva da una strada secondaria. Nell’abitacolo di quest’ultima vi era un giovane calciatore di 25 anni, Erasmo lacovone, il cui corpo fu sbalzato fuori e ritrovato a più di 50 metri.
La precedente domenica mattina sembrava una giornata come tutte le altre: nel pomeriggio si era disputato l’incontro di calcio Taranto-Cremonese e già il destino sembrava cercare di avvertire Erasmo lacovone che la sfortuna lo avrebbe accompagnato non solo durante tutta la partita, nella quale gli è stata più volte negata la gioia di un goal dal portiere avversario, o dai pali e dalle traverse, ma purtroppo la fine di quella giornata sarebbe stata fatale per lui; il destino avverso aveva in serbo un epilogo molto più tragico del risultato di una partita di calcio.
All’una di notte il tempo si è fermato e non solo per la giovane moglie di Erasmo, Paola, e per il figlio che lei portava in grembo, che non ha potuto conoscere suo padre, ma per l’intera città, e da allora è ancora fermo lì… Nel ricordo di chi lo ha conosciuto personalmente, dei numerosissimi sostenitori, tifosi o solo simpatizzanti, l’incredulità e la disperazione nell’apprendere la notizia spaventosa della sua prematura scomparsa, ha lasciato un vuoto che non si riesce ancora a colmare.
Da quel terribile giorno sono trascorsi trentotto anni, eppure è come se tutto fosse rimasto sospeso, quasi come se si fosse sempre in attesa del suo ritorno, magari con il suo spirito reincarnato in quello di un’altra giovane promessa del calcio. Non è facile spiegare a chi non è tarantino cosa abbia significato quel calciatore per la nostra città. E’ difficile far comprendere come, anche coloro che non lo hanno conosciuto, i ragazzi nati dopo la sua morte, sappiano tutto della sua vita, delle sue prodezze, dei suoi colpi di testa, quando si elevava in cielo e sembrava rimanere sospeso in aria.
Forse prima bisognerebbe spiegare quanto sia grande l’affetto dei tarantini verso i loro colori rossoblù. lo stessa facevo fatica a comprendere come mai in casa e fuori, per tutta la settimana, l’argomento principale fosse il Taranto. Eppure, mi dicevo, è solo una squadra che gioca nel campionato di serie D, quest’anno come pure l’anno precedente. Poi sono stata allo stadio, ma non ho solo assistito ad una partita di calcio. Ho visto tantissimi tifosi, soprattutto nella curva Nord, preparare delle vere e proprie scenografie. Avevano realizzato un’enorme bandiera grande quasi quanto tutta la curva, con i colori e lo stemma del Taranto, che è stata srotolata al momento dell’ingresso in campo dei giocatori, con la collaborazione di tutti i tifosi presenti in curva. Altri hanno contemporaneamente alzato in aria, alternati, foglietti rossi e blu ed altri ancora hanno lanciato nel campo pezzetti di carta più piccoli degli stessi colori. Tutto ciò contornato da suoni di fondo ritmati dai tamburi e dall’intonazione dei vari inni studiati appositamente per inneggiare alla propria squadra e tutto era eseguito in perfetta armonia, come se ci fosse un maestro d’orchestra a dirigere il tifo: era coinvolgente persino per chi, come me, era allo stadio per la prima volta.
L’amore per il Taranto calcio è più di una passione, è una fede e la fede non si può spiegare. Ci sono varie tipologie di tifosi: quelli occasionali, che si recano allo stadio solo quando la squadra gioca bene ed è in cima alla classifica, e poi ci sono i fedelissimi, quelli che non perderebbero mai una partita, neppure in trasferta: gli ultras della mitica curva Nord. Sono loro che organizzano il tifo, le scenografie (davvero spettacolari), i cori, e che sostengono la squadra per tutti i 90 minuti di gioco. A volte usano espressioni un po’ colorite, ma con il loro entusiasmo sembrano voler spingere la palla nella rete avversaria.
Allo stadio si soffre, si piange, ci si abbraccia per l’esultanza di un goal, si difendono i calciatori quando subiscono un fallo da un avversario, ma li si critica quando sbagliano e soprattutto quando non sembrano impegnarsi. Si danno consigli sulla formazione, si giudica (a volte troppo severamente), si affibbiano nomignoli ai giocatori ed ai dirigenti e si pretendono risultati positivi immediati. Insomma… i tifosi tarantini sono davvero “il dodicesimo uomo in campo”.
Purtroppo ogni anno, al termine del campionato, ci si ritrova con l’ennesima delusione per non essere riusciti a salire di categoria, poiché ogni anno siamo costretti a cambiare società e ricominciare tutto da capo. Ed è inevitabile avvertire in giro l’amarezza e la delusione, che si traduce nell’affermazione di non volere più sapere nulla di questa squadra. In realtà si è sempre pronti a ripartire per un’ennesima avventura con la speranza che sia la volta buona. Attualmente, come detto in precedenza, il Taranto calcio disputa il campionato di serie D, sotto la guida di una presidenza tarantina: la dottoressa Zelatore e l’avvocato Bongiovanni, i quali, con tanta buona volontà e con uno sforzo economico, per ingaggiare un nuovo allenatore e una buona rosa di calciatori, vorrebbero regalare ai tifosi il passaggio nella Lega Pro.
Al momento il club cittadino si trova al quarto posto, a 8 punti dalla testa della classifica, ma c’è ancora tempo per sperare. Quello che i tarantini pretendono è il massimo impegno da parte di chi gioca in questa squadra, il loro motto è: “SOLO PER LA MAGLIA”. Non si può essere ingaggiati dal Taranto FC solo per percepire un profitto economico ma per onorare quella maglia, è una piazza difficile perché affamata di successi che purtroppo non arrivano. Tuttavia quando un giocatore è stimato ed apprezzato, diventa un eroe, un idolo, un figlio della città che non lo rinnega né lo scorda mai, a meno che non sia lui a voltare le spalle alla gente. Ma difficilmente ciò avviene. Tutto questo affetto è riscontrato da chi lo riceve, tanto che lui stesso si sente adottato da questa città ed ha difficoltà a lasciarla.
lacovone è stato un grande uomo, oltre che un grande giocatore era serio, timido, non amava mettersi in mostra, al contrario di ciò che fanno gli idoli dei giorni nostri; non era l’idolo delle ragazzine, tatuato, con un look estroso, amava sua moglie e desiderava avere dei figli. Quando la domenica indossava la maglia rossoblù e scendeva in campo si batteva come un leone, lottava, sudava, ciò che i tarantini amavano di lui, ed in più era bravo e realizzava tante reti, quelle che nel 1976, quando giunse nella nostra città, permisero alla società di calcio di permanere in serie B. Quelle reti che nella stagione 1977/78 ci avevano condotti al secondo posto con il sogno di fare il salto nella fatidica serie A. Non avevamo però fatto i conti con una tragica fatalità, lacovone rimarrà per sempre nel cuore e nella testa dei tarantini; a lui è dedicato lo stadio, e la sua immagine, in questa stagione è disegnata sulle maglie dei calciatori. Ogni domenica enormi striscioni inneggiano a lui ed una lapide ai margini della strada dove si è verificato l’incidente ricorda e rinnova il dolore per la sua scomparsa.
I cittadini rossoblù non hanno perso solo la possibilità di realizzare un sogno, hanno perso un amico, un fratello, un figlio, e questa sensazione di smarrimento ma anche di gratitudine continuerà ad essere trasmessa di generazione in generazione.
Angelica Fornaro
3° G Scuola – A. Volta