La rosa canina è uno dei fiori che più comunemente si incontra camminando nel mese di maggio per i sentieri del Molise. Un fiore spettacolare che non chiede nulla per sopravvivere. Noi siamo abituati a credere che le rose per eccellenza siano quelle che si comprano dal fioraio o si trovino davanti alla Madonna nel mese di maggio. La più nobile delle rose è invece quella che, pur avendo un aggettivo apparentemente riduttivo, si trova spontaneamente in natura.
Fu Plinio il Vecchio a chiamarla in questo modo (più precisamente la chiamò “cinorrodo” dal greco χυνοσ ρόδον, cane rosa) quando raccontò nel libro XXV che un soldato in servizio in Lacetania, in Spagna, morso da un cane rabbioso pare si sia salvato perché, essendogli apparsa in sogno la madre, ricevette il consiglio di bere un infuso fatto con le radici della rosa che la sera prima aveva visto mentre passeggiava in un frutteto ed era rimasto impressionato dalla sua bellezza.
La rosa canina non poteva non influenzare l’araldica dove viene descritta in genere come “rosa bottonata di cinque petali”. Ma è anche la decorazione per eccellenza in epoca longobarda. Dalle nostre parti gli esempi più noti sono nello stemma di Cola di Monforte che lo mutuò dall’intradosso della chiesa longobarda di S. Maria della Strada a Matrice.
Franco Valente