Regno di Napoli, anno Domini 1811. La bella capitale partenopea e tutti i suoi domini – al di là e al di qua del faro – sono nelle mani di Napoleone. A governare è infatti Gioacchino Murat, succeduto nel 1808 a Giuseppe Bonaparte, il quale, attraverso la legge 132 dell’8 agosto 1806, aveva profondamente ridisegnato la divisione amministrativa del Regno di Napoli, ripartendolo sul modello territoriale dello Stato francese. E proprio nel 1811, precisamente col decreto 922 del 4 maggio, vi sarà un’ulteriore riforma per la nuova circoscrizione delle 14 province del Regno. È chiaro che all’interno dei confini statali, dopo un riassetto territoriale di simile portata, segua un periodo, più o meno prolungato, di caos amministrativo. Ciò che ci apprestiamo a riportare va dunque analizzato alla luce di quell’importante riordino napoleonico sul suolo meridionale.
La questione giuridica che ci interessa concerne alcuni pascoli del Tavoliere delle Puglie ed è incentrata sulla causa sorta tra il comune di Monte Sant’Angelo, nel Foggiano, contro i nobili censuari, per capire se questi terreni fossero da considerarsi proprietà degli ex locati (i vecchi assegnatari presso la Dogana) o dei rispettivi demani comunali (per gli indispensabili usi civici).
Ad interessarci non è tanto il lato giurisprudenziale quanto la natura degli attori coinvolti. Tutto comincia col riscontro ministeriale del settembre 1811 firmato dall’allora segretario dell’Interno Giuseppe Zurlo (1759-1828) – molisano di Baranello – e inviato al ministro delle Finanze, in cui quest’ultimo viene rassicurato dal Zurlo circa il «piacere di secondare le sue premure manifestatemi nel pregiato foglio de’ 13 corrente [nel quale] ho ordinato al Commissario incaricato della divisione de’ demanj nella provincia di Capitanata di decidere la controversia tra il Comune di Montesantangelo ed i censuarj del Tavoliere di Puglia pe’ diritti che costoro vantano nella difesa detta Casiglia». Ma il commissario incaricato di dividere i demani molisani e pugliesi altri non era che il fratello del ministro, Biase Zurlo (1755-1835), nominato nel 1799 visitatore economico del Contado di Molise e Capitanata e promosso intendente provinciale nel 1810, incarico mantenuto per ben undici anni. Insomma, ci pare di capire che il ministro delle Finanze, a cui stava molto a cuore la faccenda dei demani pugliesi – probabilmente su pressione di un duca –, si fosse rivolto direttamente al ministro dell’Interno visti gli strettissimi legami di parentela che intercorrevano tra questo e l’intendente regio.
Tuttavia, cosa c’entra con Capracotta questo clientelismo ministeriale? La risposta risiede nel fatto che la seconda richiesta di Giuseppe Zurlo fu spedita il 17 settembre 1811 direttamente da Capracotta e recepita da Biase Zurlo nel medesimo giorno, sempre a Capracotta: praticamente i due fratelli – ministro del Regno il primo, intendente della Provincia il secondo – si trovavano entrambi nel nostro villaggio, sebbene costretti ad utilizzare i canali ufficiali di comunicazione per la trasmissione di ordini, posta corrente, circolari, relazioni, richieste e riscontri.
Sorge spontanea un’altra domanda: cosa ci facevano questi due importantissimi personaggi storici a Capracotta nel settembre del 1811? Non poteva certo trattarsi di un prolungamento vacanziero in onore della Madonna di Loreto, visto che la festa si era svolta l’anno precedente. Ci appare invece più probabile che i due funzionari napoleonici fossero in Capracotta perché in quei mesi il nostro paese fu elevato a capoluogo di Circondario – avente nella propria circoscrizione i comuni di Vastogirardi, Pescopennataro, Sant’Angelo del Pesco e Castel del Giudice – e forse la presenza dei due alti funzionari si rendeva necessaria per motivi legali, a maggior ragione visto che erano pure molisani.
Ah… dimenticavo di dirvi come andò a finire la causa pugliese: Biase Zurlo optò per la versione «in favore de’ comunisti», andando contro gli interessi dell’aristocrazia e trasmettendo la sua relazione al fratello ministro che, a sua volta, informò il segretario delle Finanze, il quale – è lecito immaginare – non rimase particolarmente contento di quella decisione così “democratica”.
Francesco Mendozzi
Bibliografia:
– Supplimento del Bullettino della Commissione feudale, vol. XVII: Continuazione della soluzione de’ dubbj surti nell’esecuzione delle decisioni della Commissione prima e dopo del Real decreto dei 3 luglio 1810, Tip. Trani, Napoli, 1842, pp. 284-302.
– G. Masciotta, Il Molise dalle origini ai nostri giorni, vol. III: Il Circondario d’Isernia, Arti Grafiche E. Di Mauro, Cava de’ Tirreni, 1952, p. 145.
– I. Zilli, Il dibattito nella società economica di Molise, in M.A. Augello e M.E.L. Guidi (a cura di), Associazionismo economico e diffusione dell’economia politica nell’Italia dell’Ottocento, vol. I: Dalle società economico-agrarie alle associazioni di economisti, Franco Angeli, Milano, 2000, p. 319.