L’attuale configurazione di Via Giulia (dedicata al pontefice Giulio II Della Rovere) riprendeva grosso modo l’itinerario della vecchia “Via Magistralis”, così denominata nel Medio Evo per la presenza dei magistrati della Corte Savella, luogo sinistro da evitare, a motivo delle carceri e delle esecuzioni capitali che venivano qui eseguite.
Un convento di monache domenicane di S. Aurea, presenti qui da tempo, venne soppresso nel 1515 e l’edificio sarà acquistato nel 1574 dall’Arciconfraternita dello Spirito Santo dei Napoletani, divenendo con successivi rifacimenti, adattamenti e trasformazioni, la Chiesa Nazionale dei Napoletani in Roma.
Le popolazioni del Regno di Napoli prima, delle Due Sicilie in seguito, disponevano in Roma di ben quattro chiese: i calabresi di S. Francesco di Paola ai Monti, i siciliani di S. Paolino alla Regola e S. Maria d’Itria al Tritone, i napoletani, della chiesa dello Spirito Santo in Via Giulia.
Funzione prioritaria delle Chiese Nazionali (tra le altre S. Luigi dei Francesi, S. Girolamo dei Croati, S. Maria dell’Anima dei Tedeschi, ecc.) era custodire l’identità cattolica del proprio paese, i cui appartenenti, giunti a Roma per i più disparati motivi (pellegrinaggio, lavoro, affari), avevano l’opportunità di incontrare compatrioti o compaesani, parlare la stessa lingua o dialetto, trovare aiuto o supporto per qualsiasi necessità.
Queste Confraternite, presenti in Roma a partire dal 1400, oltre a fornire assistenza spirituale e materiale, saranno di stimolo e di impulso alle attività artistiche e culturali.
Durante la Controriforma, subito dopo il Concilio di Trento, le chiese nazionali si faranno carico di gestire mense ed ospedali, ricoveri per religiosi e laici: le sovvenzioni giungevano dalla madrepatria e dai conterranei residenti in Roma.
Il Regno di Napoli che era il più vasto e popoloso di tutta la penisola, aveva in Roma un numero di residenti proveniente da tutte le regioni del sud.
Nel 1550 in occasione della festività dell’Ascensione, un gruppo di nobili napoletani si riunirono nella chiesa di S. Maria della Pace (vicino Piazza Navona), con l’intento di creare una confraternita, ancora nel 1572 altri napoletani si riunivano presso l’Oratorio del Gonfalone (nei pressi di Via Giulia).
Fu solo nel 1574, con l’acquisto dell’ex convento delle domenicane di Via Giulia, che verrà sancita la creazione della Confraternita dei Napoletani.
Il giorno stesso della sua elezione al Soglio Pontificio, il primo maggio 1585, Sisto V trasformò il sodalizio in Arciconfraternita: la bolla, la dichiarava “madre e capo di tutte le confraternite nate sotto l’invocazione dello Spirito Santo”.Tra i privilegi annoverati, quello di far liberare un carcerato ogni anno in occasione della Pentecoste e l’istituzione di una dote per le ragazze povere.
Nella sacrestia del tempio si svolse nel 1587 il processo di canonizzazione di San Felice da Cantalice.
Papa Clemente VIII(1592 – 1605), ordinò al sodalizio di farsi carico dell’alloggio di tutti i sacerdoti del Regno in pellegrinaggio a Roma per il Giubileo del 1600.
Un altro pontefice, Innocenzo XII, di origini partenopee, fu primicerio della chiesa nel 1643 e nel 1646.
L’altare maggiore nuovo fu consacrato da Benedetto XIII Orsini il 18/9/1725.
La costruzione della scalinata di Trinità dei Monti avvenne durante il suo pontificato, ma la cosa più interessante per tutti i capracottesi è la seguente: sempre sotto il suo pontificato si trovarono a svolgere il proprio mandato pastorale ben 3 vescovi, tutti e tre nati a Capracotta!
Nel 1835 San Vincenzo Pallotti divenne rettore della Chiesa dei napoletani, e da qui mossero i primi passi i pallottini.
Nella chiesa furono custodite le salme dell’ultimo Re delle Due Sicilie, Francesco II, di sua moglie Maria Sofia (sorella della più celebre imperatrice Sissi, moglie di Francesco Giuseppe) e della loro figlia Maria Cristina, deceduta a pochi mesi dalla nascita.
Le salme rimasero in questa chiesa dal 1938 al 1984, anno nel quale vennero traslate nella Chiesa di Santa Chiara a Napoli.
Molti a questo punto (ma sicuramente anche prima), si saranno chiesti cosa ha di così interessante questa chiesa, e soprattutto cosa ha a che fare con Capracotta?
Se avete un poco di pazienza, lo scopriremo nel prossimo articolo!
Paolo Trotta
P.S. Un ringraziamento particolare lo devo all’attenzione e alla cortesia riservatemi dalla dottoressa Paola Di Giammaria, storica dell’arte in servizio presso i Musei Vaticani, per avermi concesso di utilizzare informazioni e immagini presenti in questo articolo, ricavati dalla pubblicazione edita a suo nome: “Spirito Santo dei Napoletani” – Palombi Editori – 2017.