di Maria Delli Quadri
“Sotto la neve pane, sotto la pioggia fame”.
E’ questo un antico detto che riassume con toni lapidari tutta l’esperienza dei nostri avi in fatto di fenomeni meteorologici relativi alla vita contadina. E si, perché la neve che cade a tempo debito, si deposita sul terreno e poi, al disgelo, si scioglie piano piano alimentando le falde acquifere e fornendo il giusto nutrimento alle piante che, durante il lungo inverno, giacciono ricoperte dalla bianca coltre. A primavera i torrenti scorrono impetuosi e allegri cantando una briosa canzone di vita, mentre il grano cresce robusto, formando le spighe che, poi, diventeranno gialle al sole di maggio e di giugno. E’ la natura che si ridesta e che, se bene alimentata, darà i suoi frutti tanto attesi e sperati, tra i quali il pane, sostentamento essenziale per l’uomo.
Sono una donna ultraottantenne che nella sua vita, ha vissuto, in ogni inverno della sua vita, molte nevicate, con tormente e con lenti fiocchi, con venti forti e gelidi, con correnti di bora che seccava i volti e la fronte, che ha giocato con la neve, l’ha sciolta fingendo che fosse un gelato, l’ha combattuta e vinta nelle traversate quotidiane per raggiungere le sedi di lavoro, con stivaloni di gomma e senza pantaloni che a quel tempo erano vietati alle donne.
Di essa dovrei avere un ricordo poco piacevole per i molti disagi causati non solo a me ma anche a tutti gli altri, privi come eravamo di fonti di calore adeguate, stretti intorno ai caminetti che spesso buttavano rigurgiti di fumo e ci annebbiavano le cucine prive di luce elettrica. Eppure questi miei ricordi sono come poesia, rielaborati nella memoria e rivissuti attraverso il ricordo, a volte, anche nostalgico.
Oggi vivo a Capracotta (1421 m. sul livello del mare) dove la neve è attesa sempre con gioia e con ansia perché fonte di vita, di ricchezza, di svago. Il gelo purifica l’aria e la disinfetta, rendendola ancora più salubre.
Quasi sempre essa non delude; prima o poi arriva con forza e violenza, si ammucchia, crea problemi alla comunità, e, quando tutto si placa, resta il manto bianco che ricopre strade portoni e tetti creando angoli suggestivi degni di un quadro dipinto da un grande pittore.
La località di Prato Gentile (1624 m) offre una pista di sci da fondo lunga 15 km per gli esperti e di 5 km per i principianti. Essa si snoda lungo il bosco in una cornice magica di alberi dai rami intrecciati sì da formare, a volte, vere e proprie gallerie. Va lo sciatore facendo scivolare il corpo con movimenti ritmici e armonici, offrendo il volto alla frescura, in una comunanza di vita con la natura. L’animo si rasserena, la mente si sgombra dallo stress della vita frenetica di oggi, il cuore gioisce per la libertà del corpo e dello spirito. A guardare la scena, si vede un piccolo esercito multicolore in fila indiana che si snoda come un serpente lungo i viali innevati, in piena armonia col mondo circostante.
Il paese innevato, col bel tempo, rifiorisce e, nel fine settimana, si riempie di turisti; i pullman arrivano sul pianoro, scaricano uomini, donne e bambini, alcuni dei quali, soprattutto quelli che non praticano lo sport, si stendono sulle sdraio al sole della montagna che riscalda e tonifica e così passano il tempo crogiolandosi al calore intenso dell’aria.
I maestri, uomini e donne, impartiscono lezioni ai principianti; sembra di stare nei pressi di un alveare, con gente che entra e esce dai bar-ristorante, dove a tempo debito molti siederanno a rifocillarsi col pranzo gustoso preparato dai gestori.
Giù in paese intanto gruppi di gitanti passeggiano e osservano le gigantografie attaccate ai muri, le case e gli angoli suggestivi, entrano nei negozi e fanno incetta di prodotti tipici. La sera del sabato l’albergo è tutto illuminato: c’è un formicolio di gente che va e viene, macchine parcheggiate, uomini e donne adeguatamente equipaggiati mentre le luci diffondono tutt’intorno un alone di festa e di vita. Le due piste, quella del fondo e l’altra più breve di sci alpino per gli appassionati della discesa, le hanno regalate al paese la natura, l’altitudine, l’aria pura, la bellezza naturale; caratteristiche alle quali vanno aggiunte la gentilezza, la cortesia, la generosità, la forza degli abitanti, qualità queste che esaltano lo spirito del popolo capracottese.
Fonte: Altosannio.it