Panorama di Capracotta. Foto: Paolo Dell’Armi
“Capracotta? Che nome buffo ha questo paese?” esclama all’improvviso Claudia a spasso con nonno Matteo nella villa comunale. “Non è il solo paese in Italia ad avere un nome strano- ribadisce il nonno. Pensa che in Puglia un paese si chiama Troia ed in Umbria un altro paese si chiama Bastardo”. La nipotina, non soddisfatta, ne vuole sapere di più. Non la interessano gli altri paesi e le amichette che la invitano a giocare, vuole sapere perché Capracotta si chiama così e con aria incuriosita chiede al nonno: “Tu sai perché, nonno, questo paese si chiama Capracotta?
“Certamente e, visto che lo vuoi sapere, proverò a spiegartelo anche se non sarà facile farmi capire per la tua tenera età”. “No no, capirò perché tu sei molto bravo a raccontare le storie”. “Le storie sì, la Storia però è un’altra cosa, cara piccolina, e tu non hai ancora le conoscenze basilari per comprendere i fatti che andrò ad esporti”. “No, no, dai nonnino voglio sapere”. “Va bene, cercherò di essere il più semplice possibile e partiremo da moltissimi secoli fa”. E così si siedono sull’ultima panchina della villa comunale, Claudia si sistema la gonnina, e con attenzione si dispone vicino al nonno per ascoltare la lezione. Nonno Matteo si schiarisce la voce, farfuglia qualche parolina e dopo una breve pausa di concentrazione inizia la lezione.
“Devi sapere, Claudia, che Capracotta ha una storia più antica di Pompei ed Ercolano. Tu conosci Pompei ed Ercolano?” “Certo ribadisce Claudia, agli scavi delle due città vi lavorano mio padre e mia madre”. “Le città antiche di Pompei ed Ercolano, continua nonno Matteo, furono fondate dai Romani e furono distrutte dal Vesuvio nel corso della più potente eruzione della sua vita. Il primo abitato di Capracotta, che non si chiamava così, fu fondato dai Sanniti e fu distrutto, dai Romani”. “Erano cattivi, i Romani?” ribadisce stizzita Claudia. “Non erano né buoni né cattivi erano come tutti gli uomini di allora e di oggi. A volte buoni e a volte cattivi. Un pò come te, che a volte sei brava e a volte sei meno brava”. “No, io sono sempre brava” si difende la bimba. “Va bene scusa, sei brava, scherzavo. Devi sapere, allora, che gli antichi Sanniti vissero per molti secoli in due contrade del territorio di Capracotta e precisamente in località Guastra e Macchia. I Sanniti erano un popolo forte, dei montanari che, per loro sfortuna, però, si trovarono a far la guerra coi Romani per la conquista dei territori necessari alla loro sopravvivenza. La guerra durò moltissimi anni e si concluse con la sconfitta dei Sanniti. Nel territorio di Capracotta, oggi, ci sono molti reperti che testimoniano dell’esistenza di questo popolo”. “Dove si trovano esattamente?”. “Alcuni, a pochi km da Capracotta, sulla strada che porta ad Agnone, come ti dicevo prima, in località Macchia e Guastra. Qui si pensa che oltre alle case, naturalmente non come quelle di oggi, allora erano piccole e di legno, vi era anche una specie di Santuario dove le persone si riunivano per pregare i loro Santi. La sua esistenza è dimostrata dal ritrovamento, nella seconda metà del 1800, da parte di un contadino che stava arando la terra in quella zona, di una tavola di Bronzo chiamata “Tavola Osca” dove sono incise i nomi delle divinità venerate e le preghiere recitate dai Sanniti. Oggi La Tavola Osca è conservata in un importante museo di Londra. Altri reperti archeologici risalenti ai Sanniti si trovano anche su Monte Capraro, su quella montagna dove c’è la seggiovia. Si tratta delle mura ciclopiche. Una fortificazione costruita con grosse pietre poste a secco una sull’altra dai Sanniti per difendere i loro animali dai nemici. Oggi, sono visibili lunghi tratti dell’antica muraglia nonostante i circa duemila anni trascorsi dalla data di costruzione. “Vorrei andarla a visitare” implora con insistenza la bimba. “Ci andrai ma appena diventerai più grande, il grosso del tragitto si può percorrere in macchina, ma l’ultimo km. bisogna percorrerlo a piedi. E’ faticoso perché è un tratto tutto in salita e tu ora non sei in grado di affrontarlo. Appena diventerai più grande nonno o papà e mamma ti accompagneranno”.
Claudia si tranquillizza, chiede di bere. Il Nonno si stiracchia un pò le gambe. Una breve pausa è d’obbligo per entrambi gli interlocutori e le distrazioni non mancano data la presenza rumorosa di amici, parenti e bambini che si godono il sole di questa magnifica giornata di Agosto. Claudia viene catturata dalla cugina Eleonora. Di corsa sugli scivoli e sulle altalene della villa comunale. Nonno Matteo è avvicinato da alcuni estimatori del suo “Diario di Capracotta” che lo invitano per il giorno dopo a Santa Lucia per fotografare il meccanismo elettrico che verrà applicato alla campana della cappella. C’è anche chi gli chiede che tipo di fiore è quello riportato sulla copertina del Diario di quest’anno. Insomma la mattinata sembra concludersi in chiacchiere. Ma non è così, Claudia ritorna sui suoi passi, abbandona le amichette e si riavvicina al nonno per riprendere la storia di Capracotta. “Sei di nuovo qui?” esclama nonno Matteo. “Si caro nonnino, non ho ancora capito perché questo paese ha un nome così buffo”. “Va bene fra poco riprenderemo la lezione”. Intanto nonno Matteo saluta gli amici, riprende Claudia per mano e vanno sistemarsi sulla stessa panchina in fondo alla villa, ancora libera forse perché troppo soleggiata. “Sediamoci qui, nessuno ci disturberà”. “Va bene nonno sono tutta orecchie”.
“Dove eravamo rimasti Claudia?”. “Alle mura ciclopiche, nonno”. “Le mura ciclopiche costituirono l’ultimo baluardo dei Sanniti, che, come abbiamo detto prima, furono sconfitti dai Romani e sparirono come popolo autonomo. I Romani, che avevano, un esercito molto forte oltre a sconfiggere i Sanniti sconfissero anche altri popoli italiani e stranieri, e diventarono i padroni del mondo per circa mille anni. Durante questo lungo dominio del popolo romano si sa niente di quello che è successo nel territorio di Capracotta. Di certo si sa, invece, che, al tempo delle invasioni dei Barbari in Italia c’è stata presenza umana nel comprensorio e che il nome Capracotta apparirà ufficialmente nel 1040”. “Chi erano i Barbari, nonno, gente cattiva? “Erano popoli che venivano da molto lontano: dall’Asia, dalla Germania, dalla Norvegia, dalla Svezia, dalla Russia, ed da altre nazioni europee. Spinti dalle guerre, ad ondate, entrarono nei territori dell’impero romano e lo conquistarono. Anche l’Italia fu conquistata dai popoli barbari. Erano spietati e incutevano paura. Molte persone, soprattutto, i religiosi per paura di essere uccisi dai Barbari si rifugiarono sui monti. Nel circondario di Capracotta successe così che alcuni religiosi per sfuggire al massacro degli infedeli si rifugiarono ancora sopra Monte Capraro”. “E non avevano freddo su quella montagna?”. “Beh non vivevano all’aperto. Per vivere si costruirono un monastero. Resti di quel monastero sono ancora visibili sulla dorsale del monte. Si è scoperto che quel eremo si chiamava Eremo di San Giovanni ed era gestito da un certo padre Ruele che scrisse le regole in volgare e non più in latino”. “Posso andarlo a visitare?”. “Certamente ma solo quando sarai grande perché è lontano e bisogna andarci a piedi e tu sei piccolina per poter fare una simile passeggiata”. “Va bene nonno. E dopo che succede?”. “Succedono tante cose. Con l’arrivo dei barbari cambia la storia italiana e così anche la storia di Capracotta”. “Davvero e che succede di tanto sconvolgente?”. “Succede che Capracotta diventa paese e verrà chiamata appunto Capracotta”.
“Finalmente saprò perché il paese si chiama così e chi la chiamata così?”. “Tra i tanti popoli barbari che arrivarono in Italia ci furono anche i Longobardi. I Longobardi erano una popolazione germanica orientale che, nel 568, guidati da Alboino, si insediarono in Italia, dove diedero vita a un regno indipendente che estese progressivamente il proprio dominio sulla massima parte del territorio italiano continentale e peninsulare”. “E arrivarono anche a Capracotta?”. “Si, Claudia”. “E furono proprio questi Longobardi arrivati nel nostro territorio a fondare il paese e a dargli il nome di Capracotta”. “Non ci posso credere!!!, interrompe Claudia tutta stupita. E perché proprio Capracotta?”. “La risposta è semplice. Questi popoli quando conquistavano un nuovo territorio uccidevano una capra e donavano la testa al Dio Thor in cambio della sua protezione. E così arrivati a Capracotta eseguirono il rito propiziatorio e assieme ai pochi abitanti del posto decisero di chiamare il nuovo abitato Capracotta proprio come la capra uccisa”. “E dove si trovava il vecchio abitato?”. “A quei tempi il paese era molto piccolo e comprendeva l’area dove oggi c’è la Chiesa Madre e i giardinetti del Belvedere. Col passare dei secoli Capracotta, però, diventerà sempre più grande e subirà diverse dominazioni”.
“Che significa dominazioni? chiede Claudia”. “Significa che altri popoli avranno il comando di Capracotta secondo le varie dinastie che si succederanno nella dominazione del resto d’Italia. E così dopo i Longobardi, arrivarono i Normanni. Reperti normanni sono stati rinvenuti anche nella zona di Monte Forte. Dopo i Normanni, Capracotta passò sotto il Regno di Napoli e praticamente lo è stata sino alla formazione dello Stato Italiano”. “Dove abitiamo noi, precisa la bambina, molto attenta alla lezione del nonno”. Un piccolo sbadiglio di Claudia fa capire che la stanchezza comincia a farsi sentire. Uno sguardo all’orologio. “Oh!! è ora di pranzo!!! Dobbiamo andare” . E nonno Matteo e la nipotina Claudia si incamminano vero casa. Percorrono Corso Sant’Antonio, Piazza Falconi, Via Roma, Via Leonardo Falconi e finalmente casa dove nonna Maria li accoglie rimproverando nonno Matteo per il ritardo. “nonno Matteo è bravo interviene Claudia. Mi ha detto tante cose belle sulla Storia di Capracotta e domani mi deve raccontare tante altre cose belle sul paese, tu non devi sgridarlo”. Poi tutti a tavola, anche il piccolo Matteo il fratellino di Claudia, che nonostante ha appena finito di mangiare, si riaccomoda sul seggiolone sgranocchiando un pezzo di pizza all’olio. Claudia ripete con gioia quello che ha appena imparato dal nonno e si mostra sempre più entusiasta della sua permanenza a Capracotta.
“Ora so chi ha fondato Capracotta e chi l’ha chiamata così. Sono stati i Longobardiii”. Ripete Claudia, con soddisfazione e con aria da saputella. “La storia di Capracotta continua, le ricorda il nonno. La lezione non è ancora finita”. “Sono pronta a riprendere la lezione, nonno, cosa è successo dopo la fondazione del paese”. Si siedono sul divano di casa e nonno Matteo riprende la spiegazione. “Come anticipato sopra, Capracotta per molti secoli fu assoggettata al Regno delle due Sicilie. In questo lungo periodo molti sono stati i duchi napoletani che hanno comandato a Capracotta. E i Palazzi più importanti esistenti in paese risalgono proprio a quel periodo storico. Tra questi: l’attuale Palazzo Comunale e il palazzo che ospita la Residenza per Anziani. Costruzioni imponenti realizzate sulle rocce del massiccio capracottese”. “C’è ancora il duca di Capracotta?” chiede Claudia. “Certo che c’è anche se non comanda più a Capracotta. Vive a Napoli e si chiama Capece Piscicelli Piromallo. Devi sapere che a Napoli, Ercolano e Massa di Somma esistono altrettanti Palazzi Capracotta, appartenuti alla nobiltà napoletana”. “Dopo l’Unità d’Italia i duchi perdono il potere e Capracotta diventa un paese della Repubblica Italiana. Diventa un paese sempre più grande e molto ricco grazie agli allevamenti di pecore. Nel 1943 nel corso della seconda guerra mondiale viene distrutto dall’esercito tedesco in ritirata. Dopo il 1945 viene ricostruito e diventa uno dei paesi più importanti del Molise, soprattutto, per le piste di sci. Oggi Capracotta è una località turistica, con tante bellezze naturali e strutture ricettive importanti, molto frequentata sia nei mesi estivi sia nei mesi invernali da tanti vacanzieri come te”.
“Tu, nonnino, vuoi bene a Capracotta?”. “Si, nipotina, è il paese dei miei nonni, dei miei genitori che porto sempre nel cuore. Spero che piaccia anche a te per averti a Capracotta anche quando sarai grande”. “Anch’io voglio bene a Capracotta. Gli vogliono bene anche mamma e papà e ci torneremo sempre”.
Matteo Di Rienzo