Un signore possedeva un fertile pezzetto di terra confinante con le nostre terre della “Montagna”. Era sempre lì con il suo asino a coltivarlo quasi con amore e ne ricavava sempre abbondanti raccolti. Però il terreno era in pendenza e, per sua sfortuna, vi si incanalava un estemporaneo ruscelletto quando veniva giù un forte acquazzone.
Per evitare che l’acqua portasse via tutto il suo fertile terreno aveva cercato di deviare a monte il rivolo e costruito un bel muretto a valle, alla fine del suo podere. Però non aveva risolto completamente il problema e così quando le cataratte del cielo si aprivano e veniva giù copiosamente l’acqua ecco che molto terriccio si spostava a valle trattenuto a mala pena dal muricciolo.
E inevitabilmente il testardo coltivatore riempiva di terreno due bigonce che usava anche per trasportare il letame e costringeva il povero asino a salire fin dove era venuto giù il terreno. Tanti viaggi e ogni volta imprecava ad alta voce: «éma vedé chi s’arrènne prima!» (Dobbiamo proprio vedere chi si arrende prima!). E la storia si ripeteva tale e quale per anni.
«Ema vedé» era anche il modo di dire quando, intrapresa una qualsiasi avventura, bisognava insistere anche a costo di fare un lavoro inutile.
Domenico Di Nucci