«C’è una questione montagna che va finalmente affrontata»: non si arrende Candido Paglione, sindaco di Capracotta e prova a rilanciare l’eterno tema della marginalità delle aree interne. Eterno e insoluto. Lo spunto, questa volta, parte dalle recenti prese di posizione in difesa dell’Ospedale di Agnone che rilanciano ancora una volta i temi e le criticità comuni alle aree montane: spopolamento e fragilità, digital divide, servizi carenti, trasporti faticosi e strade impraticabili, con un occhio particolare alla questione del fare impresa in montagna e alle sue difficoltà.
«Problemi insoluti – sottolinea Paglione – ai quali qualche volta se ne aggiungono altri. A Capracotta, per esempio, nonostante segnali incoraggianti – grazie ai nuovi investimenti che si stanno per concretizzare con la realizzazione del Centro Federale per lo Sci di Fondo e la messa in sicurezza degli impianti per lo sci alpino di Monte Capraro e agli investimenti privati, come il nuovissimo Hotel Monte Campo – dobbiamo fare i conti con ulteriori difficoltà. Dopo oltre cinquant’anni di attività, lo scorso mese di marzo ha chiuso la filiale della Banca Intesa Sanpaolo, portandosi via anche il bancomat; le strade provinciali ormai sono ridotte ad autentiche mulattiere e il diritto alla salute – con l’ospedale di Agnone che ogni giorno perde qualcosa – è ormai solo un bel ricordo scritto nella Costituzione . Insomma, serve uno scatto di reni, per riaccendere la speranza e non vanificare tutti gli sforzi che si stanno facendo. Da qui la necessità di un intervento pubblico convinto, a partire da una diversa fiscalità per chi fa impresa in montagna, cominciando dall’Irap, perché è fuori discussione che chi vive in montagna ha maggiori costi. Basterebbe poco, anche solo eliminare le addizionali sui combustibili da riscaldamento, almeno nelle zone climatiche più fredde – siamo alla fine di maggio e in Alto Molise ancora occorre mantenere accesi i termosifoni. Agevolare la residenzialità nei territori montani oltretutto fa bene anche al resto del paese, perché una montagna abitata e popolata è una montagna più sicura, anche dal punto di vista del dissesto idrogeologico».
«Ma, per tornare all’economia montana – dice Paglione – bisogna attuare misure stabili nel tempo, partendo dal presupposto che la montagna offre grandi risorse al resto del territorio, per le quali occorre finalmente pensare a forme di ricompensazione. Proviamo ad immaginare se non ci fossero i boschi e le foreste che contribuiscono all’abbattimento della CO2 di cui beneficiano le aree metropolitane. Proviamo ad immaginare se non ci fosse la montagna con le sue sorgenti, i suoi corsi d’acqua che alimentano fiumi e mari? E allora quello che in automatico bisogna reclamare è un ritorno di servizi tramite politiche adeguate per garantire la piena esigibilità dei diritti fondamentali: il diritto alla salute, all’istruzione, alla mobilità. Il riconoscimento di un ospedale di area disagiata – come quello di Agnone – che serva almeno a mettere in sicurezza la vita delle persone che hanno deciso di rimanere a vivere sulle nostre montagne – non può essere visto come un capriccio di qualcuno; è semplicemente la giusta rivendicazione di un diritto in un territorio difficile, il diritto alla salute, appunto. E ancora- sottolinea Paglione- serve una quota fissa a favore della montagna; quota che, ad esempio, potrebbe essere applicata sulle tariffe dell’acqua, proprio come è già scritto nella legge regionale sulla montagna approvata dal consiglio regionale nell’ormai lontano 2003. In questo modo la montagna potrà vivere e diventare protagonista dello sviluppo di tutta l’economia».
Insomma, le proposte ci sono, «quello che serve, chiude Paglione, è il supporto convinto della Regione, a cominciare dalla piena attuazione della legge sulla montagna, nella quale tutte queste cose sono già scritte ma, purtroppo, rimangono ancora soltanto una bella enunciazione di principi».