Via Calzella Carfagna numero 38
Nella Terra Vecchia, il quartiere più antico di Capracotta, sulla facciata esterna di un’abitazione situata al civico 38 sulla destra di chi, lasciata piazza Falconi, si dirige verso la chiesa dell’Assunta, c’è un bassorilievo in pietra consumato dal tempo. La tradizione vuole che sia il volto di uno dei più illustri condottieri del Rinascimento: Calzella Carfagna. E, l’edificio su cui è scolpito, la sua casa natale.
Calzella Carfagna nasce nella nostra cittadina nel 1469 da una delle più importanti e antiche famiglie cittadine. Il nome è la volgarizzazione di quello arabo Gazel o Gatz-el e risulta ampiamente diffuso nella fine del Quattrocento. Ricorda un governatore arabo della Siria che si ribellò al dominio turco di Solimano nell’intento di restituirlo alla sua patria d’origine. Nel 1522 è già vedovo. L’unica figlia è andata in sposa al nobiluomo Francesco Andrea Baccari. Sappiamo che nel medesimo anno si trova in Lombardia presso il comando dell’esercito dell’imperatore Carlo V, insieme ad alcuni parenti e compaesani. Siamo negli anni del conflitto tra Spagnoli e Francesi, le due super potenze politiche e militari del tempo, per il controllo dell’Italia.
Nel 1527, il papa Clemente VII, al secolo Giulio de’ Medici, preoccupato dalla potenza delle armate imperiali, promuove contro il trono di Madrid la formazione di un’alleanza, la Lega di Cognac, tra il sovrano di Francia, Francesco I, la Chiesa e i principali stati italiani: Genova, Venezia e Milano. La reazione di Carlo V non si fa attendere. Lancia contro Roma i lanzichenecchi che la saccheggiano barbaramente. La furia dell’imperatore colpisce anche Firenze, governata dai Medici, a cui appartiene lo stesso pontefice. Viene abbattuto il regime signorile di questa famiglia e ripristinate le istituzioni repubblicane. Passano due anni e cambia la scena. Il 5 agosto del 1529 Carlo V e Francesco I si riconciliano e sottoscrivono la pace di Cambrai. Il papa, conseguentemente, ricompone i propri rapporti con l’imperatore e ottiene l’impegno del sovrano asburgico a riassoggettare forzatamente la Toscana ai Medici.
E qui entra in gioco il nostro Calzella. Carlo V commissiona al giovane e abile generale Filiberto di Chalon, principe d’Orange e nuovo viceré di Napoli, l’impresa. Al nobiluomo si unisce il marchese del Vasto, tra le cui fila milita l’uomo d’arme capracottese. L’esercito imperiale invade la Toscana. Uno dopo l’altra cadono le città di Spello, Pietrasanta e San Gimignano. Durante questi primi combattimenti si distingue Calzella Carfagna, capo dell’artiglieria. Il pontefice Clemente VII gli invia un “breve” in cui loda largamente lo studio, la fedeltà e la perizia dimostrate sul campo del nostro condottiero con efficace profitto per lo Stato Pontificio e l’Impero. Nello stesso documento, gli offre la possibilità di passare al suo servizio qualora lo ritenesse opportuno. Nel frattempo, lo nomina prefetto e capitano generale delle artiglierie. In poco tempo, le truppe del principe d’Orange pongono d’assedio Firenze. I fiorentini, però resistono. Senza aspettare la resa della città gigliata, si decide di conquistare Empoli, importante caposaldo nello scacchiere difensivo fiorentino. La città viene espugnata grazie all’azione delle artiglierie comandate dal Carfagna. Scrive il celebre umanista, Paolo Giovio: «Furono sparati più di 200 colpi di artiglieria grossa contro la muraglia e questa s’aperse». Presa Empoli, si guarda a Volterra, difesa da Francesco Ferrucci e assediata da Fabrizio Maramaldo. È proprio quest’ultimo a richiedere esplicitamente aiuto alle artiglierie del Carfagna perché a nulla era riuscito con la propria.
Gli assalti sono particolarmente duri per la strenua difesa degli assediati, «intenti a far rotolare persino botti colme di sassi», racconta ancora il Giovio. E aggiunge: «Il Marchese del Vasto fece batter la muraglia con tanta furia che fu aperta con 400 colpi di palle di ferro». Si aprono numerosi varchi nei bastioni. Gli assedianti assaltano la fortezza. A guidare le cariche ci sono i capi in persona. Durante uno di questi assalti cade Calzella Carfagna colpito da un’archibugiata. «In questi assalti- sottolinea il Giovio- morirono molti valenti uomini e fra gli altri Calcella, maestro dell’artiglieria, il quale era reputato il più valente uomo che fosse in quell’esercito si come quegli che nelle guerre passate aveva servito benissimo il Signor Antonio De Leva. Vi fu ammazzato ancora Donato da Trani, il quale per essere sufficiente in quella arte, era succeduto al Calcella».
Agli elogi di ieri, si aggiungono quelli di oggi. «Nell’antico rione di Capracotta, la Terra, detto pure Terra Vecchia, prima che la furia dell’ultimo conflitto lo radesse quasi per intero al suolo- scrive Domenico D’Andrea in uno studio inedito sull’uomo d’arme- una tortuosa, angusta via correva tra le vecchie case. Nelle sue immediate adiacenze, la salita di san Vincenzo, sorgeva l’avita dimora dei Carfagna, che si distingueva per il discreto fastigio della sua facciata, di cui qualche segno è ancora oggi rintracciabile. Forse in essa vide la luce il nostro condottiero del Cinquecento. Quella viuzza, che fu teatro dei suoi trastulli infantili, si chiamava in suo onore via Carfagna. La via non ha più l’aspetto di una volta; essa per i noti eventi bellici, ha perduto la sua vetustà, ma si chiama ancora con lo stesso nome e tramanda ai posteri la memoria di Calzella, prefetto e capitano generale dell’artiglieria».
Francesco Di Rienzo