La Numerazione dei Fuochi del 1732 viene disposta dal governo austriaco di Napoli nel dicembre del 1731- e avviata nel mese di febbraio dell’anno successivo- per riequilibrare il sistema fiscale sulla reale consistenza demografica del Regno.
La Numerazione precedente, infatti, risaliva al lontano 1669 ed era stata realizzata al tempo del viceré spagnolo Pedro Antonio de Aragón per aggiornare la tassazione alla popolazione dopo la terribile epidemia di peste che nel triennio 1656- 1658 aveva decimato il Regno di Napoli uccidendo circa 600.000 sudditi e spazzando via interi villaggi. A Capracotta, dal 3 agosto al 13 settembre del 1656, erano morte 1126 persone su circa duemila abitanti Il sistema tributario delle Numerazioni era stato introdotto dagli Aragonesi. Il re Alfonso I, nella tornata del Parlamento del 2 marzo del 1443, aveva sostituito le collette angioine, straordinarie e d’impronta feudale, con una più razionale esazione basata sul “fuoco”, cioè la famiglia intesa come nucleo sociale produttivo di reddito. L’accertamento si sarebbe dovuto effettuare ogni tre anni (periodicità non rispettata per gli elevati costi organizzativi) da funzionari governativi “ostiatim”, cioè casa per casa, per ogni Università (Comune, ndr) del Regno e rimaneva in vigore fino a quello successivo con tutti i limiti del caso: se, nell’intervallo tra una rilevazione e l’altra, una cittadina avesse registrato per qualsiasi motivo una diminuzione di fuochi, quelli rimasti avrebbero dovuto compensare gli introiti fiscali di quelli mancanti per far fronte all’imposta stabilita dallo Stato per la propria comunità. La prima Numerazione è del 1447, l’ultima è proprio quella del 1732- che, bisogna precisare, non è mai entrata in vigore per la fiera resistenza della popolazione e delle Università del Regno- passando per tre dominazioni straniere consecutive: aragonese, spagnola e austriaca. Successivamente, Carlo III di Borbone rivoluzionerà il sistema tributario dello Stato partenopeo sostituendo il vecchio sistema delle Numerazioni dei fuochi con il “Catasto Onciario”, basato su una duplice tassazione: un’imposizione di tipo reale sui beni e sulle persone (il cosiddetto “testatico”) e un’altra sulle attività dei singoli contribuenti e dei loro nuclei familiari. Quello di Capracotta risale all’anno 1743.
La Numerazione dei fuochi del 1732 di Capracotta, pur essendo l’ultima in ordine di tempo a essere compilata, è paradossalmente anche l’unica a essere giunta ai giorni nostri: quelle precedenti, custodite presso l’Archivio di Stato di Napoli, sono andate irrimediabilmente distrutte durante le vicende belliche della Seconda Guerra Mondiale. Ed è arrivata fino a noi grazie all’opera certosina del cancelliere dell’Università di Capracotta Nicola Mosca che, a partire dal 1742, ha avviato di suo pugno la trascrizione dei più importanti documenti pubblici cittadini nel cosiddetto “Libro delle Memorie” conservato presso l’archivio storico del Comune di Capracotta, opera proseguita da altre mani nei secoli successivi.
Ebbene, la Numerazione dei fuochi del 1732 ci offre una panoramica demografica, economica sociale e urbanistica sulla Capracotta di circa trecento anni fa. La nostra cittadina era divisa in sette contrade- San Giovanni, Sant’Antonio Abbate, San Rocco, delle Soriche, Sant’Antonio di Padova, Santa Maria delle Gratie e il ristretto delle Terra- e aveva 298 fuochi, 115 in più rispetto al 1669, distribuiti in 230 case. La contrada più popolata era quella della Terra, cioè l’area circostante la Chiesa Madre. La vita economia delle famiglie capracottesi ruotava principalmente intorno alla transumanza: su 381 professioni annotate, ben 236, pari al 62%, sono direttamente legate allo spostamento invernale delle greggi dai monti dell’Appennino alla Puglia. Poco redditizia, invece, appare l’agricoltura. Molte abitazioni, tuttavia, avevano un orto, dove le donne coltivavano in estate, e rare volte in primavera e autunno, cavoli, lattuga, rafani, rucola e rape per un consumo strettamente familiare.
Il cognome più diffuso è «Ianiro» con 84 abitanti, seguito dai «di Tella» con 63, i «di Buccio» con 57 e Carnevale con 52. Col passare del tempo, alcuni cognomi hanno subito inevitabili aggiustamenti, molti sono letteralmente scomparsi.
Un dato socialmente interessante è quello relativo all’immigrazione. Capracotta nella prima metà del XVIII secolo appare come un centro attrattivo di altissimo livello. Nella Numerazione dei fuochi del 1732, a differenza di oggi, il numero degli immigrati per motivi economici è nettamente superiore rispetto a quello degli emigrati. Sono prevalentemente pastori gli uomini e «serve» le donne. Sembra esistere un canale privilegiato con l’abitato di Gamberale (CH), dal quale provengono ben 9 capifuoco, tra cui un ramo della famiglia Di Rienzo, cognome già attestato a Capracotta nella Numerazione dei fuochi del 1561. Lo stesso discorso dicasi per i cognomi di Ianni (da Palombaro, in provincia di Chieti), di Nardo (da Quadri, nel Chietino), di Vito (Roccasicura, Isernia) e Ferrelli (da Roccaspinalveti, Chieti). Purtroppo, non sappiamo se si tratti di capracottesi di ritorno (forse dopo i nefasti effetti demografici della peste nel 1656) oppure di gruppi familiari semplicemente omonimi. Oltre a questi ceppi di dubbia origine, ce ne sono tanti altri nuovi (assenti nel lungo elenco dei morti di peste del 1656 e nella Numerazione dei fuochi del 1561 così come tramandataci da Luigi Campanelli nel suo volume “Il territorio di Capracotta” del 1931) tuttora presenti nella comunità cittadina: di Sciullo (oggi Sciullo, da Gamberale), Monaco (da Montazzoli, Chieti), Sammarone (da Giuliopoli, oggi una frazione di Rosello in provincia di Chieti), Sanità (da Vastogirardi, Isernia), Santillo (Santilli, da Fraine, Chieti), Sotio (Sozio, da Castel del Giudice, Isernia) e Vizzoca (da Gamberale).
Agricoltori, giumentari, pastori, vaticali e tanto altro ancora che, insieme alle altre famiglie capracottesi, vecchie e nuove, esistenti e scomparse, hanno contributo a far crescere la nostra comunità nel corso dei secoli e a rendere Capracotta quella meravigliosa cittadina che oggi noi contemporanei abbiamo il dovere di custodire, promuovere e consegnare nelle mani delle future generazioni.
Francesco Di Rienzo
Fonte: D. Di Nucci, Capracotta 1732: Numerazione dei Fuochi e dei Sottofuochi, Amici di Capracotta, PressUp Stampa, Viterbo, 2019
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