La sottoscrizione dell’armistizio tra l’Italia e le Forze Alleate a Cassibile il 3 settembre del 1943
I grossi problemi cominciarono dopo l’armistizio dell’8 settembre, che lasciò tutta l’Italia in balia dei tedeschi che da alleati passarono ad essere i dominatori.
I tanti soldati italiani si ritrovarono improvvisamente coinvolti in una assurda e tragica situazione; nessuno li aveva avvertiti né tantomeno era stato dato loro il tempo di rientrare in Italia o di organizzarsi.
Da un momento all’altro si trovarono a fronteggiare i tedeschi passati da alleati a nemici con tutte le conseguenze possibili e immaginabili.
La notizia dell’armistizio si diffuse anche a Capracotta nel pomeriggio dell’8 settembre e la popolazione festeggiò l’avvenimento ripristinando in via del tutto eccezionale la festa della Madonna che dal 1937 era stata sospesa in attesa di tempi migliori.
Fu portata in processione la Madonna per le strade del paese; tutti pensavano che la guerra fosse finita; il giorno dopo invece, quando tutta la popolazione era nei pressi della chiesetta della Madonna, si sparse la voce che stavano per arrivare i tedeschi ed un’ondata di panico si impadronì della folla.
Il 10 settembre tanti aerei alleati da oscurare il cielo effettuarono due virate proprio su Capracotta: erano gli aerei alleati che bombardarono Isernia radendola al suolo ed erano anche le avvisaglie che la guerra non era affatto finita, semmai si avvicinava minacciosamente alle nostre zone.
I veri problemi a Capracotta però cominciarono dopo qualche giorno: non appena in paese i tedeschi furono abbastanza numerosi, cominciarono le prime requisizioni, i bandi, le prime catture di civili e il loro utilizzo come bassa manovalanza; tutti gli adulti scampati cominciarono a nascondersi nei boschi, nelle grotte e dovunque fosse possibile, sempre vigili e attenti a captare il primo rumore sospetto.
Per Capracotta, Papànonno (Nonno Domenico) girava liberamente, perché, essendo grande invalido di guerra, la sua presenza era tollerata; egli seguiva però le mosse dei tedeschi pronto a dare l’allarme se si dirigevano verso la Fundeione dove erano nascosti oltre ad altri adulti anche mio padre, Zio Giovanni, Zio Mario e Zio Michele.
Papàggiuanne, se non aveva tempo di fuggire pe re retiaglie, si infilava in un’intercapedine di un muro mascherata da un armadio che aveva una vistosa specchiera che arrivava al soffitto nascondendo un angusto vano ed un paio di volte quel nascondiglio funzionò a meraviglia perché i soldati che perquisivano la casa non si accorgevano di nulla mentre, attanagliato dalla paura forse non riusciva nemmeno a respirare.
Anche Zio Mario Di Tanna cominciò a nascondersi lì; un giorno per poco non fu catturato perché fu sorpreso in casa da una pattuglia tedesca e velocemente si infilò nello stesso vano del muro celato dall’armadio.
Mentre era lì nascosto uno dei tedeschi svuotava i cassetti in cerca di orologi e preziosi, l’altro colpiva con il calcio del fucile il muro per scoprire intercapedini; non lo presero anche se dovette reprimere a fatica i colpi di tosse raffreddato com’era.
…
Le condizioni igieniche precarie e la scarsa alimentazione ogni tanto creavano problemi: Zio Italo, fratello di mio padre, si ammalò durante il breve periodo di permanenza dei tedeschi a Capracotta e fu curato alla bene e meglio.
Domenico Di Nucci
Dal volume “I Fiori del Paradiso. Antologia di fatti e ricordi, storie, storielle, usi e costumi di un paese e di una famiglia”, Di Nucci, Agnone, 2005