L’indole delle donne e degli uomini di Capracotta

Gruppo di giovanette intente al ricamo

Le donne?… Nel complesso buone madri di famiglia, solerti massaie, fide spose, affettuose compagne. Non prive però di tutti i difetti delle donne, aggravati da certe speciali fisime di abitudini da far accapponare la pelle.

Delle loro fattezze fisiche s’incontra lode in più d’un libro. Il Galanti, per esempio, nella “Descrizione dello stato antico e attuale del Contado di Molise” del 1781 le afferma belle: lo ha ripetuto il Sig. Masciotta nel 1. Volume del “Molise”. Edmondo De Amicis nell’Oceano ricorda “la bella contadina di Capracotta con la sua facia di Madonna (lavata male)”, che con lui navigava verso l’Argentina su Galileo Galiei.

Io mi permetto di credere che l’avvenenza sia da riferire in prevalenza alla svelta regolarità di conformazione del corpo (e certo la corpulenza, le deformità sono abbastanza infrequenti), alla espressione viva dello sguardo, della fisionomia, anziché, a quella leggiadria di lineamenti e profili che attrae nelle donne dell’alta valle del Biferno, dell’Aquilano, della Ciociaria.

Ma tanto per le donne, quanto per gli uomini, a nessun paese si addice meglio la formula di P.M. Doria “Non pazienti alle fatiche”.

Perciò le donne sono assai mediocri nei lavori del loro sesso manca loro quell’accorgimento, ad esempio, nell’arte del ricamo e dei merletti delle loro compagne di Pescocostanzo, d’Isernia; nel taglio della vestimenta, nel cucire, nell’arte sopraffina della cucina. Scarso è il sentimento dell’emulazione.

Degli uomini pochissimi si dedicano ad arti e mestieri che portin seco cure lunghe e minute: intagliatori, ad esempio, orologiai, incisori, gioiellieri, disegnatori. Date ad un capracottese la cavezza d’un cavallo, l’accetta, l’aratro o la zappa e sarà contento.

Ed un’altra manchevolezza mi pare di scorgere nel comune carattere popolare, la scarsa virtù della subordinazione per cui vedo riuscir difficile o di poca durata ogni forma di associazione anche in opere di comune interesse, di comune di vantaggio, non che la restia osservanza dei patti. Ciascuno crede di poter fare da sè, o di poter guidare gli altri e così con scarsi risultati.

Luigi Campanelli

Fonte:

L. Campanelli, Il Territorio di Capracotta, Scuola Tip. Aantoniana, Ferentino, 1931