Fatti recenti hanno gettato nuova luce, ma anche altre ombre, sulle vicende della Tavola: è stato rinvenuto nel 2013,tra le carte dell’Archivio di Stato della Soprintendenza Archeologica di Napoli, da parte di un avvocato di Campobasso, Giuseppe Ciaramella, un carteggio (il cosiddetto Dossier Maiuri) che va dal 1930 al 1936 e che prende il nome dal soprintendente alle antichità della Campania e del Molise dell’epoca nonché direttore del Museo Archeologico Nazionale di Napoli.1
Dal carteggio emerge che la famiglia Amicarelli, discendente dell’orafo D’Onofrio di Agnone, era in possesso di una “Tavola di bronzo” esatta copia di quella rinvenuta a Fonte del Romito e giudicata dal Maiuri, ad un primo esame, quasi certamente autentica anche se “l’esame tecnico eseguito sulla tavola con scritture Osche, proveniente d’Agnone” dice che ” dopo esperimenti pratici ed attento esame il sottoscritto è venuto nella convinzione che in detta tavola si riscontra una patina naturale fatta dal tempo, mentre l’impasto del metallo appare di fusione moderna, sia principalmente per il colore differente dall’antico che per il suo aspetto prettamente di ottone non di bronzo. La patina resiste agli agenti anche di forza del necessario, fino al punto che una patina falsa verrebbe distrutta. Conclusione: copia vecchia, gettata molto perfettamente dall’originale, che dalla sua fusione ad oggi, ha avuto il tempo di ricoprirsi di patina naturale nel seppellimento subito. Napoli, 28 aprile 1932”. Segue firma del Perito.
Giudicato quindi il reperto non originale, ma semplicemente una copia ben contraffatta, fu disposto dal Ministro competente la restituzione del bene, fino a quel punto sottoposto a sequestro, alla famiglia Amicarelli. Qualora infatti fosse stato giudicato “autentico” per legge sarebbe restato di proprietà dello Stato.
I tentativi di confronto con la Tavola esposta a Londra non ebbero all’epoca esito positivo: la richiesta di un piccolo quantitativo di polvere del Bronzo incontrò il rifiuto del Museo che fece a sua volta analoga richiesta a Napoli. Antonio De Simone nel riportare la collocazione del reperto all’interno del museo (1873- 8- 20- 149; Cat. of Bronzes 888) aggiunge che è stata “effettuata autopsia in agosto 1977 “.
Recentemente la famiglia Amicarelli ha messo a disposizione l’esemplare in suo possesso ed è stata allestita nel 2015, a cura del comune di Agnone, una mostra presso il palazzo Bonanni. Una nuova perizia è stata richiesta al Laboratorio Scientifico del Museo d’Arte e Scienza che così conclude: ”Per quanto la composizione del metallo di base non presenti aspetti di evidenti incongruenze, è soprattutto la mancanza di corrosione profonda e la composizione della patatina costituita esclusivamente da silicati e cloruri a far dubitare della naturalità dei segni di invecchiamento”. Milano 12 febbraio 2019.
La vicenda non è comunque definitivamente conclusa poiché sono ancora in corso altre indagini.
Un contributo alla soluzione del problema potrebbe venire dalla prima copia del bronzo, pubblicata su “Documenti Inediti” del 1848, eseguita sul calco inviato da F.S. Cremonese al Dr. G. Henzen, citata anche da L. Campanelli e che abbiamo recentemente rintracciata.2, 3
Il confronto di quest’ultima con le due Tavole in competizione (quella di Londra e quella degli eredi D’Onofrio) evidenzia una perfetta corrispondenza con quella di Londra e riguarda in particolare le lettere “Ʞ” (lato A, rigo 2, 1° parola), “Ǝ” (lato B, rigo 21,1° parola), “ꓷ” (lato A, rigo 3, 3° parola).4
Il calco inviato da F.S. Cremonese dovrebbe essere stato effettuato sul bronzo originale; in quel momento infatti, non ci sarebbe stato il tempo necessario per invecchiare artificialmente la copia e quindi di contrabbandarla; di conseguenza l’originale sarebbe quello di Londra.
Qualora invece, a seguito di un tacito e complice accordo tra F.S. Cremonese e V.P. D’Onofrio, (i compari!), il calco sia stato effettuato sulla copia magistrale dell’orefice agnonese, il bronzo originale sarebbe quello degli eredi D’Onofrio.
Il silenzio degli attori coinvolti attorno alla vicenda della Tavola, dopo la notizia della sua presenza nella bottega Castellani a Roma, alimenta il sospetto che nessuno dei due, all’epoca, avesse interesse a parlarne: né i Cremonese per averla venduta né l’orefice D’Onofrio che custodiva nella sua bottega un altro esemplare: la copia? L’originale? Forse non lo sapremo mai.
Il mistero della Tavola Osca continua!
Vincenzino Di Nardo
Bibliografia
1) N. Mastronardi: Il Dossier Maiuri, La Tavola degli Dei, ITALICA, Luglio-Dicembre 2015, pp. 38-41.
2) Instituto di Corrispondenza Archeologica, DOCUMENTI INEDITI, Vol IV, Roma, 1848, Tav. LX .
3) L. Campanelli: Il territorio di Capracotta, Ferentino 1931, p. 29.
4) N. Mastronardi, D.Di Nucci: Il Confronto, La Tavola degli Dei, ITALICA, cit. pp. 42-46.