Sul famoso “Libro delle memorie” troviamo un’annotazione di Giovanniantonio Paglione: «Nel 1905, quando lo sci era affatto sconosciuto e praticato soltanto da pochi reparti privilegiati di alpini, venne il professor Galeotti dell’Università di Napoli munito di nordici lievi pattini che donò a me e al collega Cav. Ottorino Conti …. Noi pionieri degli sport invernali lo estendemmo ai nostri amici e per una decina di anni fu privilegio di una ventina di persone civili riunite nel primo Sci Club … In seguito lo sport sciistico ha dilagato estendendosi a tutti i ceti, producendo ottimi campioni …».
Giovanniantonio Paglione ha il grande merito di aver introdotto e divulgato a Capracotta la pratica dello sci, d’aver fondato lo Sci Club e di aver tramandato al futuro una grande raccolta di scritti e di foto poste ora all’attenzione dei più, consentendo di conoscere nel profondo l’evoluzione dello sci. Osservare questi antichi sciatori, attraverso le foto, che calzano lunghi sci, che impugnano un bastone, che indossano abiti comuni e inadeguati, che assumono goffe pose sciatorie, che testimoniano tecniche elementari e improvvisate, ci fa sorridere a confronto dell’omologa realtà attuale. Immaginiamo anche i disagi di questi primitivi sciatori con attrezzi rudimentali.
Anche noi degli anni ‘40 e ‘50 abbiamo vissuto, come loro, agli inizi le sofferenze derivanti dall’uso di attrezzi ancora primitivi e all’abbigliamento inadeguato. Col correre del tempo, però, via via che venivano introdotte innovazioni sugli attrezzi e nella tecnica, abbiamo provato sempre più gradimento e soddisfazione. Se siamo arrivati a tanto è perché la passione per lo sci, anche nel disagio, non è mai venuta meno. L’impegno continuo conferma quanto è stato ed è desiderabile stare sulla neve calzando un paio sci.
Proviamo ad osservare alcune foto della collezione Paglione nel tentativo di trarne delle utili informazioni circa la struttura dei vecchi sci, l’uso che ne veniva fatto e la tecnica adottata, dai nostri antenati, dall’inizio fino ai nostri giorni.
E’ noto che gli sci erano per lo più di frassino, legno specifico per tale impiego perché elastico e resistente. Gli sci erano molto lunghi, anche oltre i due metri, con punta ben rialzata. La suoletta aveva un solco centrale che doveva servire per garantire la stabilità laterale. Ciò è confermato dal fatto che lo sci serviva essenzialmente per spostarsi sulla neve da luogo a luogo. La discesa era praticata come un gioco per le strade o nei soliti luoghi in prossimità del paese. Gli attacchi per lo più fatti con cinghie di cuoio. Il puntale era una staffa di ferro a forma di U, chiamata “aletta”, chiusa in alto da una cinghia regolabile che bloccava la punta dello scarpone. Una seconda cinghia, allacciata sui fianchi dell’aletta, girava intono al collo del piede e consentiva libertà al tallone.
La tecnica dello sci nordico (fondo) si può ritenere che sia nata con la comparsa dei primi sci giacché essi erano adoperati per “camminare” sulla neve. La tecnica applicata era il Passo alternato, definita poi tecnica Classica, ancora in vigore. Nel corso degli anni, compatibilmente con la propria specificità, è stata interessata da un’adeguata evoluzione didattica, agonistica, e dalle continue innovazioni tecnologiche sia sugli attrezzi sia sui nuovi impianti. Negli anni ’80, è stata affiancata da un’altra tecnica, il Passo pattinato, che è derivata essenzialmente dalla continua aspirazione degli atleti di ottenere maggiore velocità in gara e dal miglioramento dalla tecnologia della battitura delle piste.
Nello sci alpino, invece, la prima tecnica di curva fu codificata nel 1843 in Norvegia. Il Telemark. Tallone libero. In fase di curva prevedeva l’avanzamento dello sci esterno e l’abbassamento dell’altro ginocchio, posizione ad angelo, lo sci interno alla curva rimaneva arretrato. Stile elegante e dinamico, ma non facile. Richiedeva l’aiuto del lungo bastone che poggiato con la sua estremità sulla neve, favoriva l’esecuzione della curva. Nelle foto di Paglione si vedono adulti e ragazzi che sciando adoperano un bastone ma non nella tecnica del Telemark, che evidentemente a Capracotta non è mai arrivata.
In quegli anni da noi si sciava sempre in “discesa libera” e si terminava con una decisa sterzata finale “l’arresto”, di solito sempre da un lato. Il bastone (con o senza rotella, “racchetta”) serviva per spingersi in pianura e talvolta per frenare sui tratti ripidi, ed era tenuto tra le gambe e schiacciato col sedere. Tecnica questa, applicata da noi ragazzi, quando non ci sentivamo sicuri di affrontare un pendio molto marcato.
Il Telemark nel 1910 fu superato dalla tecnica dell’Arleberg. Tecnica elaborata in Austria, che si avvicinava molto alla tecnica italiana dello sci moderno. Trattasi dell’Anticipazione-angolazione, comparsa negli anni sessanta, e Gustavo Thöni ne fu uno dei più validi interpreti. L’Anticipazione, eseguita con gli sci rigidamente “uniti”, è la rotazione del busto verso valle che anticipa la rotazione delle gambe e degli sci in curva, azione contemporanea all’angolazione, angolo tra busto e gambe, con spostamento del bacino verso monte, che determina una sicura presa di spigolo.
Nel 2004 è stata elaborata una nuovissima tecnica partendo dall’agonismo e dall’adozione di nuovi sci, molto corti, i carving, e con forte sciancratura, con i quali si viaggia sempre in presa di spigolo riducendo le derapate in curva, ottenendo buona presa su qualsiasi neve, efficace stabilità e maggiore velocità. Questa è la tecnica della Conduzione.
E’ da dire che la tecnica dell’Anticipazione-angolazione non è affatto scomparsa nel popolo degli sciatori per la evidente difficoltà derivante dalla Conduzione che richiede attrezzi specifici, idonea preparazione e adeguata propensione alla velocità.
Tutte le nuove tecniche sciistiche sono frutto essenzialmente dell’agonismo, dove l’atleta in allenamento e in gara sperimenta azioni che lo inducono a guadagnare tempo. Ciò è ben detto da Mario Cotelli, maestro di sci e direttore tecnico della nazionale di sci negli anni ‘70, di cui faceva parte anche Gustavo Thöni: «Solo il fuoriclasse, l’atleta che possiede la marcia in più, apporta conoscenze nuove alla tecnica dello sci». La tecnologia inoltre ha sperimentato e prodotto attrezzi sempre più efficaci: sci maneggevoli costruiti in fibra di vetro e di carbonio, metallo, kevlar, solette in grafite sempre più scorrevoli, lamine in acciaio, scarponi comodi e attacchi di sicurezza che rendono solidale il piede allo sci e che migliorano la sicurezza degli sciatori, abbigliamento leggero ma caldo, confortevole, impermeabile.
Michele Potena
Fonte:
AA.VV., Capracotta 1888-1937. Cinquant’anni di storia cittadina nelle foto del Cav. Giovanni Paglione, Amici di Capracotta, Tipografia Cicchetti Isernia, 2014, Isernia