Ugéniɘ; dal cassetto dei ricordi

Era nato nel 1903 ed abitava in via Nicola Mosca, in prossimità di quella che i paesani chiamano “Piazza Cacaturo” dove, in estate, lo vedevamo spesso passare in maniche di camicia, con un cappellino in testa inclinato verso destra (alla ventitré), fischiettando, sorridente, sempre con la sigaretta “alfa” in mano ed una particolare andatura  ondeggiante.

L’inverno invece  girava avvolto in un corto cappotto a ruota con il bavero stretto intorno al collo ed in testa un berretto portato sempre alla stessa maniera, alla ventitré.

Aveva un modo di ridere inconfondibile: illuminava lo sguardo, spostava la rima della bocca verso destra mostrando i denti residui e nel contempo la sua momentanea felicità.

 Non disdegnava un buon bicchiere di vino.

Quando parlava biascicava alcune  parole: trasformava la “G” e la “S” in “SC” motivo per cui il dialettale nome di Ugéniɘ (Eugenio) diventava “Uscéniɘ”; da ciò il nomignolo che lo accompagnava. Al suo fianco Olga, la moglie; più alta e robusta di lui, eretta, dallo sguardo severo, vigile e protettiva nei confronti di Eugenio, incuteva soggezione soprattutto in noi ragazzi.

Non aveva una vita agiata, ma col suo modesto lavoro e non pochi sacrifici, portava avanti onestamente la famiglia; faceva il calzolaio, come suo padre Giuseppe (Peppɘ la cavuta).  

E non difettava certo di astuzia Eugenio.

Giovane ventenne prestava servizio militare di leva a Palermo insieme ad un altro suo paesano, Giovanni Di Rienzo (Nanninɘ Papparonɘ), ed era da poco tornato dalla licenza trascorsa a Capracotta. Si apprestava a partire a sua volta anche Giovanni; Eugenio però, in preda alla nostalgia, non se la sentiva di rimanere da solo. Accompagnò Giovanni a ritirare la licenza in Fureria dove, con azzardo ed incoscienza, riuscì destramente a sottrarre un modulo di licenza che, con firma da lui contraffatta, gli consentì di partire. Giunto a Capracotta però ebbe la sorpresa di essere ricevuto dai Carabinieri i quali, informati tempestivamente dal Comando militare di Palermo, lo arrestarono e lo rimandarono indietro per la dovuta sanzione.  

Nel 1956 una eccezionale nevicata, durante la Settimana Santa, isolò il paese e fece suonare le campane a distesa in segno di allarme; la corriera che riportava i paesani a Capracotta per le Festività Pasquali, era rimasta bloccata durante la notte nel bosco.

Il nuovo e potente spartineve non riusciva a farsi di strada di fronte all’alto muro di neve; oltre 300 uomini, tra i quali Eugenio, risposero alla chiamata ed accorsero, muniti di pala, in aiuto dello spartineve.

A distanza di qualche mese arrivarono dalla Provincia i soldi per pagare gli spalatori.

Una lunga fila di persone corse agli sportelli dell’Esattore comunale Arnaldo Sammarone.

Eugenio non fu tra i primi ad accorrere ma non si perse d’animo; si recò al Municipio, rimediò una busta con l’intestazione del Comune e tornò all’esattoria dove la coda nel frattempo si era allungata. “Hàia cunzɘgnià ‘na lettɘra dɘ ‘r sɘgrɘtariɘ  Achillɘ all’esattorɘ” (Devo consegnare una lettera del Segretario comunale, Achille Conti, all’Esattore), disse con pacata fermezza. Fu presto fatto largo al messaggero il quale, ormai arrivato allo sportello, riscosse prontamente la paga.

Fu molto più difficile uscire; accortisi della beffa non tutti la presero a ridere!

Suo figlio Giovanni (Nannino), insegnante di disegno alle Scuole superiori era stato mio compagno alle elementari; è scomparso di recente ma non lo vedevo più ormai da molto tempo. Non ci sono più nemmeno Giuseppe (Peppe) e Vincenza (Cenzina). Anche Angelo, nell’ottobre del 1943, pastorello di 14 anni, da poco partito per la transumanza assieme al suo amico Mario, della famiglia de ‘r mupe” ( il muto), ha con lui trovato la morte nei pressi di Foggia per lo scoppio di una mina.  Per raggiungere Foggia, Eugenio fu costretto a vendere la catenina d’oro di Olga, unico “gioiello” di famiglia; il ricavato non fu però sufficiente per poter riportare a casa le spoglie del ragazzo!

Vediamo invece con piacere Concetta, sempre sorridente e di buon umore; la ragazzina che il maestro Domenico D’Andrea definiva “vivace, chiacchierina, fattiva e piena di energia” ora è una nonna felice.

Eugenio Venditti ci ha lasciati nel 1976.  

Vincenzino Di Nardo