Carmine Carnevale (Foto: www.carnevale.co.uk)
Lasciata la sua terra, il Molise, quando aveva 19 anni, Carnevale è riuscito a far conoscere nel Regno Unito, a Londra, la tradizione e la genuinità di uno dei prodotti made in Italy più famosi al mondo. Grazie al sacrificio, alla tenacia e alla forza della sua famiglia
LONDRA – Per produrre un chilo di mozzarella ci vogliono dieci litri di latte e un’antica sapienza. Pare infatti che l’origine di questo orgoglio delle nostre tavole risalga al XII secolo in Campania, quando i monaci di San Lorenzo in Capua usavano offrire “la mozza” di formaggio ai pellegrini in visita. Da allora molta strada ha fatto questo delizioso formaggio in Italia e nel mondo, spesso proprio grazie ai nostri migranti, fino a diventare uno dei prodotti di punta del made in Italy. Proprio l’impegno e l’amore di un connazionale emigrato, Carmine Carnevale, ha portato la tradizione casearia della mozzarella fino al Regno Unito, dove ora ha molti e fedeli estimatori.
Carmine lascia Capracotta, il suo paesino natio sull’Appennino Molisano, all’età di 19 anni. Viene da una numerosa famiglia di agricoltori e all’inizio non vorrebbe staccarsi da loro. Con il tempo vince in lui la voglia di cambiare, di imitare altri italiani che hanno fatto fortuna all’estero, e quando un connazionale già stabilitosi a Londra lo invita, lui decide di partire. È il 1960. «Feci il viaggio in treno insieme a tanti altri connazionali» racconta Carmine. «Da allora ho sempre tenuto uno stretto rapporto con la comunità italiana, cosa che mi ha consentito di non soffrire mai di nostalgia e solitudine. La capitale britannica era appena entrata nel decennio della protesta e della cultura dei “figli dei fiori”. L’innovazione era nell’aria e gli italiani avevano capito che gli inglesi avevano fame… di cibo nostrano!».
Carnevale descrive quella che è, di fatto, un’arte conosciuta ovunque. «Armati solo di tanta buona volontà, producevamo la mozzarella a mano, secondo i metodi tradizionali, in uno scantinato nella centrale di Oxford Street. Trasportavamo il latte nei secchi di alluminio e lo lavoravamo proprio come si faceva una volta: dopo aver estratto la cagliata dal latte si scaldava una parte del siero a 50°C e lo si versava sopra. Operazione che andava ripetuta dopo un quarto d’ora a una temperatura leggermente superiore; quindi, si lasciava riposare per favorire l’acidificazione. Successivamente la cagliata poteva essere lavorata in varie forme. Ancora oggi il metodo è lo stesso ma, al posto delle braccia dell’uomo, ci sono le macchine».
Settantenne pieno di energia, Carmine parla di quei tempi duri con affetto, rivedendosi oggi quasi come spettatore di una bellissima avventura che ricomincia all’alba di ogni giorno quando alle 3 del mattino si reca nella sua azienda: «Vedo un giovane che parlava a malapena l’inglese, ma che aveva una gran voglia di costruire qualcosa, ispirato dalle donne della sua famiglia, specie la nonna, che aveva il fiuto per gli affari. Il proprietario del caseificio in cui lavoravo era un regista romano che aveva compreso le potenzialità economiche dell’Inghilterra. Portai avanti la sua intuizione e nel 1966 mi misi in proprio, dopo aver chiamato mio fratello Giovanni e mia sorella Giuseppina con il marito Antonio a darmi una mano. Poco dopo Anna e Antonia, le più piccole della famiglia ci raggiunsero insieme ai genitori. Maria è l’unica sorella rimasta a Roma dove vive tuttora».
Il segreto del successo
Carmine sapeva che, oltre alla mozzarella, la ricetta per il successo derivava dall’unità della famiglia. «I nostri genitori – prosegue – ci hanno insegnato ad amarci e a rispettarci. Ciò ha sviluppato in noi un grande spirito di collaborazione, che continua ancora oggi e che siamo riusciti a tramandare alla seconda generazione, ai figli e nipoti».
Sono almeno dieci i membri della famiglia che lavorano nell’azienda Carnevale, cresciuta nel frattempo in modo esponenziale: «La mozzarella – ci dice Carmine – rappresenta una piccola percentuale dei nostri prodotti, la maggior parte dei quali proviene dall’Italia e viene distribuita in tutta l’isola». Carmine ha trasferito nel 1973 la propria sede a King’s Cross (da dove parte l’Eurostar che collega Londra a Parigi e a Bruxelles) e ha depositi in altre cinque città inglesi da nord a sud. «Per crescere ci sono voluti molti anni, ma solo uno è sempre stato il mio motto: impegno e fatica».
Per capire la grandezza della ditta Carnevale, basti pensare che ogni giorno escono dai depositi 55 furgoni con una distribuzione capillare e regolare in ogni parte del Regno Unito e che, grazie a una vasta gamma di prodotti alimentari, l’azienda rifornisce tutte le catene di ristorazione, di ingrossi e i più importanti negozi specializzati del Paese. Per arrivare a questi risultati c’è voluta tanta determinazione, la stessa che gli ha fatto superare ogni ostacolo dandogli il coraggio di affrontare i rischi legati agli affari. «Quando mi sono sposato nel 1973 con Stefania, da cui ho avuto Lucia, Berardino, Bruna e Luigi, avevo già acquistato casa e l’azienda era ben avviata» continua Carmine. Il senso di responsabilità è un tratto costante della sua personalità: «Ho cercato di calcolare i rischi, ma non sono mai indietreggiato davanti alle sfide che mi si presentavano. In questo modo sono riuscito, assieme alla mia famiglia, a creare un’azienda che ha fatto conoscere i migliori prodotti della nostra Penisola agli inglesi». Carmine mantiene la stessa modestia e semplicità di cinquant’anni fa. Non ha mai voluto esporsi in prima persona agli onori e alla gloria (ma l’ex presidente della Repubblica Scalfaro riconobbe i suoi meriti premiandolo con l’onorificenza del Cavalierato del Lavoro). Ha poi partecipato a ogni buona causa della comunità italiana.
«Nel corso degli anni – continua Carmine – sono state realizzate molte iniziative sia per tenere unita la comunità e incentivare la vita associativa, sia per diffondere la cultura tra gli italiani attraverso giornali e radio. Ho sempre cercato di sostenere queste attività perché l’Italia ha dato molto a noi e al mondo». Molte sono le buone azioni fatte in privato senza clamore.
Ancora oggi questo maestro casaro dalle infallibili doti imprenditoriali, è al suo posto di comando per organizzare e coordinare il lavoro dei propri uomini e per portare un raggio di sole mediterraneo sulle tavole anglosassoni. Rispecchiando l’etimologia del suo cognome, ogni giorno nei depositi dell’azienda è un carosello di furgoni, di merci, di operai, di impiegati, di amici, di persone che lavorano per il successo di un’azienda famigliare, nata grazie ai sogni e al sudore di un modesto ragazzo di campagna.
Sagida Syed
Fonte:
Il Messaggero di sant’Antonio, edizione italiana per l’estero, aprile 2011