Appena dopo la Seconda Guerra Mondiale, quasi tutti i fumatori usavano il tabacco e le cartine per confezionare le sigarette. Rare erano le persone che si concedevano il lusso di comprare le sigarette già confezionate ed anche le rivendite erano poco fornite. Si raccontava che un giorno un forestiero capitato chissà come a Capracotta, entrasse nella rivendita sotto la Piazza e chiedesse un pacchetto di Giubek (marca di sigarette).
Non c’era Genuéffa (Genoveffa, titolare della rivendita) e chi la sostituiva aveva poca dimestichezza con le sigarette e così prese uno dei pacchetti a caso e lo porse al signore che subito si lamentò dicendo che quelle non erano le Giubek. Altro pacchetto ed altro diniego e così via. Alla fine spazientito, il venditore improvvisato, prese l’ultimo pacchetto che aveva nello scaffale e sbattendolo sul bancone con modi a dir poco scortesi apostrofò il cliente: «E fuma! Vià truanne giubbe e giaccuètte!» (E fuma! Vai trovando Giubbe e Giacchette!).
Da quel momento in poi, “Vià truanne giubbe e giaccuètte” entrò nel gergo abituale per apostrofare chi in qualche momento dimostrava di essere incontentabile cercando e chiedendo cose impossibili.
Domenico Di Nucci