La seconda lapide funeraria della corsia centrale è quella del capracottese Bernardo Antonio Pizzella. È circolare e ne ricorda in forma abbreviata il nome (Bernardo Antonio) con il cognome nella forma settecentesca (Pizzelli), la patria (genericamente il Sannio e non Capracotta), i titoli (canonico della Basilica Vaticana e vescovo di Costanza in Arabia), le qualità morali (amabilità dei costumi, brillantezza d’animo e saggezza), la lunga predilezione nei suoi confronti da parte del pontefice Benedetto XIII (25 anni), il luogo, la data e l’età di morte (Roma, 23 gennaio 1760, 73 anni) e la premura dei nipoti Giovanni e Nicola affinché avesse una degna sepoltura. In verità, non si tratta dell’epigrafe originaria, rettangolare e molto più lunga, che è stata distrutta e sostituita durante i radicali lavori di ristrutturazione della chiesa nell’Ottocento (foto in basso a destra).
Bernardo Antonio Pizzella nasce a Capracotta il 18 (o il 19) aprile del 1686 da Giovanni e Vincenza Pollice. La famiglia Pizzella è una delle più antiche e benestanti di Capracotta. Un “Nicolaus Pezzella” è già presente nella Numerazione dei Fuochi del 1561, cioè l’elenco delle famiglie per fini fiscali. Nella Numerazione dei fuochi del 1732, Mattia Pizzella, è uno degli uomini più ricchi di Capracotta. Vive in una enorme «casa palatiata di 18 membri» nella contrada di Santa Maria delle Grazie con la vecchia madre, la moglie e i figli. Risulta essere «locato nella Reale Dogana di Foggia» e possiede, col fratello vescovo Bernardo Antonio, un orto, 34 tomoli di terreno agricolo, 2 tomoli di terreno prativo, 1780 pecore, diversi buoi, cavalli e somari, giumente e una ampia vigna nel territorio della vicina città di Agnone. Avviato dai genitori agli studi religiosi sin da piccolo, Bernardo Antonio viene inviato nel 1706 dai Baccari come segretario all’arcivescovo di Benevento Vincenzo Maria Orsini. Il 20 settembre del 1710 è ordinato sacerdote. Il 7 aprile del 1725 si laurea, come si diceva all’epoca, “in utroque iure”, cioè “nell’uno e nell’altro diritto”: canonico e civile. A Benevento, grazie al sostegno dell’Orsini, diviene canonico del Capitolo Cattedrale di quella Chiesa Metropolitana, cancelliere maggiore e soprattutto visitatore apostolico di tutta l’arcidiocesi «il cui impiego per lo spatio di molti anni- si legge nel Libro delle Memorie di Capracotta- con sommo zelo esercitò». Nel 1726, l’Orsini, agli inizi del suo pontificato a Roma con il nome di Benedetto XIII, lo elegge suo “cameriere segreto” e “canonico di San Pietro in Vaticano”, titoli che manterrà fino al 1730, data della scomparsa del suo illustre benefattore. Il 20 gennaio del 1727 il Pontefice lo designa vescovo titolare di Costanza in Arabia, l’odierna Buraq in Siria, antica sede episcopale della provincia romana d’Arabia nella diocesi civile d’Oriente, dopo che aveva rinunciato a quella di Melfi. Il successivo 26 febbraio del medesimo anno viene nominato anche assistente al Soglio Pontificio con varie prerogative tra le quali quelle di poter creare quattro protonotari apostolici e sette cavalieri dell’Ordine dello Spron d’Oro.
E, proprio grazie a questo incarico, partecipa il 10 giugno del 1746 al concistoro di cardinali, patriarchi, arcivescovi e vescovi, convocato nel palazzo del Quirinale dal pontefice Benedetto XIV, per la canonizzazione del beato Camillo de Lellis, fondatore dei Chierici Regolari Ministri degli Infermi, che avverrà diciannove giorni dopo: il 29 giugno. In questi anni, il Pizzella ottiene altri importanti cariche: plenipotenziario dell’Archivio di Benevento, commensale e familiare di Sua Santità con il privilegio di inserire nel proprio stemma tutto o parte di quello della Casata del Pontefice (gli Orsini di Gravina). Si avvarrà sempre con moderazione di tale concessione limitandosi a inserire nel proprio stemma solo la rosa rossa in campo d’argento. A Roma, provvede all’educazione dei nipoti. Gregorio, in particolare, diventerà nel 1784 e nel 1792 abate dei Benedettini di San Paolo Extra Moenia a Roma e Tesoriere Generale dell’Ordine.
L’aver ricoperto ruoli di primissimo piano durante il pontificato di Benedetto XIII, però, se da un lato conferisce al Pizzella grandi onori, dall’altro finisce per accomunarlo automaticamente -agli occhi dei suoi contemporanei- con i più chiacchierati esponenti di spicco di quel ristretto gruppo di alti prelati a cui il Santo Padre, uomo profondamente ascetico e religioso, aveva affidato di fatto il governo della Chiesa di Roma: i cosiddetti “beneventani” perché gli erano stati vicini durante il suo arcivescovato a Benevento. Così, il nome di Bernardo Antonio Pizzella finisce per essere citato in una celebre “pasquinata” «Contro la Corte ed il governo» vicino a quelli dei più stretti e discussi uomini di fiducia di papa Orsini:
Coscia, Fini, Fregon, Prato e Pizzella
E cent’altri negrissimi stregoni,
S’erano uniti a guisa di ladroni,
Di Pietro a depredar la navicella.
La diletta del ciel, inclita e bella
Sposa di Cristo, l’alte sue ragioni
Conculcate piangea: del rio Negroni
Temea Roma l’orribile procella.
Quando mosso a pietà l’almo Sovrano,
Che risplende nel Ciel di sé contento,
Amò l’invitta sua vindice mano.
Riempò Coscia di duolo e di spavento,
Fugò l’iniquo stuol del Vaticano,
Scosse Roma il suo giogo in un momento.
Perché i romani non facevano vendetta.
Figli della viltà, perché perdete
li tempo a vendicar le vostre offese
Contro Coscia, Fregoni e Genovese
Or che il sostegno lor morto vedete?
Perché l’iniqua turba non prendete,
Con ferri, con bastoni e faci accese,
E il livor, che a ciascun feste palese,
Nel sangue lor bestial non estinguete?
Ah figli! ché la legge ancor v’addita
Ad abbracciare il colpo a un’istess’ora
E a privar gli empi di robba e di vita.
Che s’essi vi mandaro alla malora
Vuole il dover (non è opinion prescita)
Che per le vostre man moiano ancora.
Un secolo dopo, nelle “Notizie istoriche intorno alla vita ed agli scritti di Monsignor Francesco Pacca” del 1837, il cardinale Bartolomeo Pacca annota che «in alcune scritture manoscritte di quei tempi trovo notati come agenti e così detti manotengoli del cardinal Coscia varj famigliari del papa monsignori dell’anticamera segreta, un Bernardo Antonio Pizzella, nativo di Capracotta, villaggio nel Regno di Napoli». Tuttavia, l’alto prelato capracottese non risulta coinvolto nelle indagini della Congregazione “de nonnullis”, istituita dopo la morte di Benedetto XIII per giudicare sull’operato di quegli assistenti di questo pontefice accusati di essersi procurati guadagni illeciti grazie alle loro cariche.
Il vescovo Bernardo Antonio Pizzella muore a Roma il 23 gennaio del 1760. Il “Diario ordinario” del 26 gennaio del 1760 riporta che il feretro «fu trasportato mercoledì sera con decorosa pompa funebre di più compagnie, e quantità di torce alla Chiesa dello Spirito Santo de Napolitani, sua nazionale, ed indi sepolto con apparato di lutto la mattina susseguente del giovedì, sopra alto letto con ricca coltre di oro, vestito de sagri abiti vescovili, e con 40 ceri accesi intorno; gli furono celebrate solenni esequie coll’assistenza de monsig. Vescovi assistenti al soglio suoi colleghi, e vi pontificò la Messa monsig. Lascaris arciv. di Teodosia».
Nel 1931, l’avvocato Luigi Campanelli stampa “Il Territorio di Capracotta”, la prima trattazione sistematica della storia della cittadina altomolisana. Trascrive per intero i cenni biografici sul Pizzella tramandati su un antico testo manoscritto custodito presso l’Archivio comunale, il “Libro delle Memorie”, tra cui la notizia errata della sua sepoltura nella Basilica di San Pietro. Anche se le sue spoglie mortali riposano nella chiesa nazionale dei Napoletani in via Giulia, il vescovo Pizzella ha comunque avuto rapporti strettissimi con la Basilica vaticana. Vi ha consacrato il 23 febbraio del 1727 un altare alla Beatissima Vergine Maria ponendovi le reliquie dei Santi Martiri Illuminato e Deodato e il 10 gennaio del 1751 quelli del SS. Crocifisso e di S. Nicolò e vi ha ricoperto diversi incarichi di prestigio: archivista bibliotecario del Capitolo, canonico coadiutore del Capitolo, canonico di San Pietro e sindaco del Capitolo di San Pietro. Nel suo testo, il Campanelli scrive anche che possedeva nella propria abitazione un dipinto a olio del Pizzella, ritratto a mezzo busto e a grandezza naturale, ereditato dalla nonna. Purtroppo, oggi, se ne sono perse le tracce.
Francesco Di Rienzo – Paolo Trotta
Fonte: AA.VV., Baccari, d’Avalos, Petra e Pizzella. Altomolisani nella chiesa dello Spirito Santo dei Napoletani a Roma, Amici di Capracotta, Cicchetti Industrie Grafiche, Isernia, 2019