Nel corso di un’escursione un temerario si è arrampicato su una guglia della grande pietraia, posta alla base della parte centrale di Monte Campo verso Capracotta. La vetta di Monte Campo e questa guglia, nonostante siano vicinissime, sono l’una il posto più frequentato e l’altra il meno frequentato dei dintorni di Capracotta. Questa guglia nel 2003, quasi 100 anni dopo, era tale e quale nonostante terremoti e intemperie.
Tanti, andando sulla vetta di Monte Campo, hanno osservato su qualche roccia l’impronta di conchiglie marine; non era il mare che copriva Monte Campo, bensì era Monte Campo che milioni di anni fa costituiva il fondo di un mare. Successivamente nell’Era Terziaria i movimenti di masse continentali provocarono un innalzamento del fondo marino che fece emergere anche l’attuale dorsale appenninica. Poi, nell’Era Quaternaria si alternarono periodi freddissimi con periodi caldi; immensi ghiacciai e repentini disgeli caratterizzarono il clima europeo. I ghiacciai nella fase di espansione scavarono valli e spinsero, lentamente ma inesorabilmente, grandi quantità di detriti staccati dalle montagne, le cosiddette morene.
Basta un rapido giro di orizzonte e ci accorgiamo che le morene del Quaternario sono ancora sotto i nostri occhi: alla base di Colle Cornacchia, di Monte Campo in una vasta zona comprendente tutta la Guardata fino “a re Cuandone Gruosse” appena sopra il campo sportivo, dei “Retiaglie”, di Monte Capraro, lato S.Pietro Avellana, con Pescobertino. Le nostre morene sono luoghi aspri e poco frequentati, ma impressionanti nella loro selvaggia bellezza.
Domenico Di Nucci
Fonte: AA.VV., Capracotta 1888 – 1937: cinquant’anni di storia cittadina nelle foto del Cav. Giovanni Paglione, Amici di Capracotta, Cicchetti Edizioni Grafiche, Isernia, 2014