All’ingresso del Comune, i membri del comitato organizzatore istituzionale, festeggiano, il 28 settembre 1930, la Prima Giornata dell’Uva. E’ l’unica foto di tutto l’Archivio del Cav. Giovanni Paglione che ha una evidente e irregolare zona troppo chiara; è come se in Piazza sia acceso un fuoco il cui fumo sta avvolgendo la scena. Una ragazza sorregge un cestino colmo di uva. Gli obiettivi della Giornata, poi diventata Festa dell’Uva, furono di ordine economico e politico. Si trattava di promuovere la vendita e il consumo sia di vino e che di uva da tavola, esaltandone l’efficacia nutritiva e terapeutica; tutto ciò per fronteggiare la grave crisi in cui versava il settore vitivinicolo a causa della sovrapproduzione e conseguente svalutazione del prodotto. Dato che il consumo si estendeva anche ai derivati dell’uva come marmellate, succo e soprattutto vino, in aperto contrasto con la politica antialcolica del regime, la propaganda venne organizzata in modo tale da sostenere che il vino in dosi moderate era un valido alimento e un aiuto al miglioramento della razza e che l’uva aveva importanti proprietà terapeutiche. L’obiettivo politico, presente sin dall’inizio, era quello di usare questa festa come veicolo di propaganda: l’idea di recupero e di valorizzazione delle tradizioni folkloristiche locali serviva al fascismo per divulgare la sua immagine di un partito di cultura ruralista e paesana. In molti paesi di consolidata tradizione viticola si addobbarono carri trainati da buoi. Gli agricoltori, grandi e piccoli proprietari, fornivano gratuitamente al comitato organizzatore un certo quantitativo di uva, che veniva venduto durante la Festa ad un prezzo “politico”, più basso di quello commerciale. La Festa dell’Uva si svolgeva in un‘unica giornata, quella della Domenica, programmata sempre a carattere nazionale, e l’uva veniva distribuita e venduta in caratteristici cesti di vimini o in sacchettini di carta. Ogni anno il manifesto della festa a livello nazionale cambiava e veniva disegnato da un artista diverso. Il ricavato della Festa, dovuto dalla vendita dell’uva ai cittadini, tolte le spese vive, veniva devoluto in beneficenza, in particolare assegnandolo all’ONMI (Opera Nazionale Maternità e Infanzia). La Festa dell’Uva è proseguita dal 1930 al 1940, per 11 edizioni consecutive, poi fu interrotta per la partecipazione dell’Italia alla Seconda Guerra Mondiale. A quanto mi risulta a Capracotta non ci furono grandi festeggiamenti e per vari motivi; il territorio di Capracotta era oltre il limite massimo della coltivazione della vite; solo alcuni possidenti erano proprietari di vigne in Agnone e Belmonte del Sannio; il costo dell’uva, anche se politico, era proibitivo per la quasi totalità della popolazione per le enormi spese di trasporto.
Domenico Di Nucci
Fonte: AA.VV., Capracotta 1888-1937: cinquant’anni di storia cittadina nelle foto del Cav. Giovanni Paglione”, Associazione “Amici di Capracotta”, Cicchetti Industrie Grafiche, Isernia, 2014.