Sia durante che dopo la seconda guerra mondiale i parenti che vivevano in America (che allora indicava solo gli Stati Uniti) spedivano ai propri congiunti capracottesi pacchi per fornire un piccolo aiuto alimentare. Anche la mia famiglia aveva dall’altra parte dell’oceano parenti e ogni tanto arrivava il famoso pacco atteso con trepidazione.
Sul pacco quella volta c’era scritto in bella evidenza: “Segue Lettera”. Furono tagliati velocemente gli spaghi, sapendo già cosa contenesse. Oltre alla cioccolata, ai biscotti, allo zucchero, al caffè, a vari pantaloni e stoffa c’era anche una bella e anonima scatola di cartone, delle dimensioni di una scatola di scarpe, contenente una specie di farina. Dopo aver letteralmente divorato una piccola parte delle cibarie (la maggior parte veniva centellinata fino al successivo pacco), l’ attenzione di tutti si concentrò sul contenuto della scatola di cartone, con indecifrabili scritte sul coperchio.
Ne assaggiarono subito una punta di cucchiaio ma non capirono bene cosa potesse essere e che sapore avesse. Nei giorni successivi tentarono di impanare della carne e la strana farina non aderiva. Provarono a spargerla sugli spaghetti come fosse formaggio con risultato insoddisfacente. Si provò anche a mischiarla con le uova per la frittata e niente. Provarono con le patate “arracanate” ma inutilmente. Non si capiva come utilizzare quella misteriosa farina. E prova e riprova il contenuto della scatola s’era ridotto alla metà.
Rinunciarono a capire, riposero la scatola nella “cascia” del pane e finalmente arrivò la famosa lettera: «Carissimi parenti è con sommo dispiacere che vi facciamo sapere che Zio Pietro è improvvisamente deceduto e come avrete potuto notare, tra le cibarie del pacco che vi abbiamo inviato, c’è una scatola di cartone contenente le sue ceneri. Non abbiamo potuto scrivere sul coperchio cosa contenesse perché è vietato dalla legge americana spedire le ceneri dei defunti oltre i confini e la scatola che conteneva le ceneri, qui in America, si usa normalmente per conservare la farina. Speriamo che i controllori non si siano accorti della cosa così potete dare una degna sepoltura al nostro caro zio Pietro ecc ecc…».
Pianto , commozione e poi zia Pina con la sua caratteristica voce nasale esclamò: «Madò!!! Ze sém magniate miézze z’ Pietr’! Pace all’alma séia!» (Madonna di Loreto!!! Abbiamo mangiato metà del povero Zio Pietro, pace all’anima sua!). Durante il funerale ogni tanto, sul viso dei parenti vestiti a lutto, aleggiava un impercettibile sorriso risvegliato dal ricordo degli inutili tentativi di utilizzo della famosa farina.
Salvatore Santilli