Illuminazione natalizia su corso sant’Antonio. Foto: Emilia Mendozzi
Usanza di una volta, quando al 31 dicembre a sera, si eseguivano stornelli per augurare il buon anno, anche se spesso, tra le strofe, non mancavano espressioni poco accette.
Si riportano i versi in cui dapprima si fanno gli auguri, e poi si avanza richiesta di cibo, non senza avvisaglie funeree, in caso negativo o per scarsa quantità. L’arrivo dell’allegra compagnia veniva segnalato, prima di iniziare a cantare, dal lancio di una pietra contro la porta del conoscente. Aperto l’uscio ed espressi gli auguri da parte della giocosa brigata, il padrone di casa distribuiva cibo in abbondanza, onde allontanare dalla sua famiglia nefaste conseguenze dalla stessa minacciate.
Buon’ inne e buon’anne
è menute Capedanne
è menute l’anne nuove
Ddje te guarde ste bbelle vuagliole.
‘Ngicce ‘ngicce
damme na ‘ nzegna de salgiccia
nun me ne dà tande poche,
ma na cosa justamende.
Sand’Andogne s’accundenda,
ca se la casa perze ha l’use,
l’anne che vvè pozza sctà chiusa.
Felice dell’Armi