Alfonso Monaco con la moglie Gabriella
Puoi girare tutto il mondo, troverai un capracottese, anche in Antartide.
Ho avuto la fortuna, la possibilità e la necessità di fare tanti viaggi, soprattutto quelli che chiamo “missionari”: nei posti dove gli uomini hanno il coraggio di sporcarsi ancora le mani per aiutare i poveri, i deboli, i più sfortunati, e soprattutto di annunziare, con la loro vita e la testimonianza, l’Amore di Dio e di Gesù per ogni uomo.
Ho visitato e conosciuto tanti popoli e tante nazioni: oltre a quasi tutta l’Europa, compresa quella dell’Est, anche Brasile, Perù, Bolivia, Argentina, Messico, Zambia, Corea, India, Indonesia, Burkina Faso, Algeria, Mali, Etiopia, Egitto, Sudan e Medio Oriente: dove sono stato a trovare i vecchi amici e compagni di seminario o missionari cattolici conosciuti nel corso degli anni; così come i viaggi della testimonianza che sono le G.M.G. (Giornate Mondiali della Gioventù): le ho fatte quasi tutte da Roma 1985, Buenos Aires-Argentina 1987, Santiago de Compostela-Spagna-1989, Czestochowa-Polonia-1991, Denver-Usa-1993, Manila-Filippine-1995, Parigi-Francia-1997, Roma 2000, Toronto-Canada-2002, Colonia-Germania-2005, Sydney- Australia-2008, Madrid-Spagna-2011; poi la salute non mi ha accompagnato e ho dovuto seguire il Papa e i Giovani con la tv e la preghiera.
Racconto, uno per tutti, l’incontro avuto a Manila nel gennaio 2005.
Per una svista di lettura e interpretazione dei biglietti aerei, il giorno del ritorno in Italia, ci troviamo all’aeroporto di Manila alle ore 8,00 del mattino, mentre l’imbarco è previsto (scritto sui biglietti ore 9,00 P.M.) alle 9,00 di sera.
Su mio suggerimento proponiamo all’autista dell’autobus un giro per la città, pagando un supplemento. Ci accordiamo sul prezzo e visitiamo Manila in alcune zone non viste precedentemente.
All’ora di pranzo andiamo nel ristorante italiano “Roma” dove vi è un self service libero con prezzo bloccato (puoi servirti a volontà , paghi sempre la stessa somma).
I giovani ne approfittano al punto che la coda rimane sempre lunga(qualcuno mangia tre volte il pranzo completo!!).
Nell’attesa di essere servito mio figlio Francesco si intrattiene con un distinto signore italiano che gli chiede di dove sia. Risponde di Chieti: a questo punto intervengo e preciso che la provenienza del gruppo è la Diocesi di Chieti, mentre io sono di Capracotta.
Il signore si illumina in volto e mi chiede in dialetto “a cuie appartièè?!” a quale famiglia io appartenga, dicendomi che anche sua madre era di Capracotta: si era sposata ad Alfedena (Aq) e lui era nato ad Alfedena, ma da piccolo spesso veniva a Capracotta per trovare suo zio Emilio “Bozzetto” e suoi cugini. Immaginatevi la sua e la mia gioia: pranziamo allo stesso tavolo.
Tra i ricordi riaffiora quello che da piccoli ci siamo affrontati in una di quelle “guerre” di quartiere che avvengono tra S. Antonio e S. Giovanni, e lui rimane terrorizzato dal vedermi armato di una spada vera. Si tratta della sciabola di guerra di mio padre, che ho sottratto dal suo ripostiglio, per andare a combattere contro gli avversari, armati di spade fatte con bastoni di legno.
Ricordo bene il fatto, perché la punizione ricevuta non è stata cancellata dalla memoria: rimaniamo tutto il tempo a nostra disposizione per rivivere fatti e riportare alla mente ricordi comunque piacevoli.
Mi dà il suo biglietto da visita, che conservo. Ci siamo risentiti qualche volta quando è rientrato a Roma, poi ci siamo persi di vista.
Dici “Capracotta”, qualcuno risponde.
Alfonso Monaco
Fonte: A. Monaco, “Coccia di bronzo” si racconta. Alcuni ricordi capracottesi, 2016