La signora Cesarina in una foto degli anni trenta del secolo scorso
La lingua ufficiale, l’unica per la verità, dei ragazzi della banda «də sóttə alla via nòva» (di via Nicola Falconi) era il capracottese. I D’Andrea (Nicolino, Ermanno e Peppino), Tonino Battista, Peppino del Catello, Vincenzo Di Tella, Sebastiano Angelaccio ed il sottoscritto la parlavano fluentemente; l’unico che parlava sempre e solo l’italiano era Aldo Trotta il quale era tra tutti noi anche il più educato, disciplinato, bravo ed ubbidiente.
La nonna Guglielmina e la madre Cesarina erano emiliane, il padre Ottaviano era invece di Capracotta. Di conseguenza, non sapendo le une parlare il dialetto dell’altro, e viceversa, la lingua ufficiale era l’italiano, che Aldo parlava benissimo; comprendeva altrettanto bene i due dialetti ma non aveva imparato a parlare nessuno dei due.
Avevamo nel quartiere una terza emiliana, la maestra Laura, moglie del maestro Renato Mosca e cugina di Cesarina; le finestre delle loro abitazioni, distanti pochi metri, consentivano loro di vedersi e parlare come fossero a tu per tu, a voce alta ed in una lingua per noi incomprensibile.
La signora Cesarina, donna energica, effervescente ed espansiva, sempre sorridente, era la “levatrice” del paese; tutti noi eravamo venuti al mondo grazie al suo intervento, alla sua indiscussa professionalità e lei tutti noi conosceva, uno per uno. Grande pertanto, misto ad una certa soggezione, era il rispetto nei suoi confronti.
Trascorrevamo le nostre giornate a giocare sotto la via Falconi, nei pressi di S.Rocco; ad orari ben precisi, senza bisogno di essere richiamato, contrariamente al resto della compagnia, Aldo rientrava a casa.
Un giorno, cosa insolita, tardò qualche minuto; quando forse era già entrato nel portone di casa, si affacciò alla finestra la signora Cesarina per chiamarlo; accadeva di rado.
Mi trovavo proprio lì, sotto la finestra, ed alla signora che guardava verso di me mi sentii in dovere di rispondere subito… in italiano ovviamente: «Signora, non ci stare!» (signora non c’è, ndr) per dirle che Aldo non era in strada con noi.
Sul volto della cara signora Cesarina non una risata ma un affettuoso sorriso che, a distanza di tanto tempo, ancora rivedo.
L’italiano l’avrei poi imparato a scuola, proprio con il maestro Renato.
Vincenzino Di Nardo
Fonte: D. Di Nucci, E mó vè maiiə auannə! Pillole di saggezza popolare capracottese, Amici di Capracotta, PressUp, 2020