Nonna Peppa e nonno Mincuccio
A Capracotta e in modo particolare nel quartiere San Giovanni la ricordano ancora i molti anziani (il paese oggi vanta un considerevole numero di anziani ultracentenari). Una donna giunonica, che vestiva con grandi gonne ampie con trini (pensate che, da piccolino quando dovevo scappare per evitare le pur giuste punizioni dopo le mie marachelle, il mio rifugio preferito era sotto la gonna di nonna Peppa, dove mi nascondevo e venivo protetto, infatti nessuno osava avvicinarsi a lei per rispetto e timore).
Aveva dei modi particolari per convincere le persone, paciera in tante questioni e interessata a tutti i problemi che potevano sorgere nella sua famiglia o quelle vicine. Era detta “la marescialla” per la sua autorevolezza, conosceva tutti e non disdegnava anche i luoghi “alti” della società, della politica e delle persone che contavano.
Sapeva accompagnare le sue richieste sempre con “qualcosa” ed era generosa con tutti. In modo particolare eccelleva nell’accoglienza a casa sua, sempre aperta anche di notte. Ricordo quando chiamava i banditori del paese e li faceva accomodare per offrire loro un caffè, un dolcetto o un bicchiere di vino, come a “Geldonne”, “Cuaracene”, “Vincenzone”, “Compà ‘Mbrozio” ultimo, o quando passava Vincenzo Di Nucci detto “La Madonna”.
A volte preparava il pranzo e invitava a mangiare i venditori ambulanti: uno dei più frequentatori della casa era un certo Pasquale di Carovilli “Pascariello”, che vendeva merceria minuta. Un ospite assiduo era il netturbino “Paiele” (Raffele) che nella sua timidezza impacciata accettava sempre un bel bicchiere di vino, ringraziava e continuava poi a spazzare Piazza Gianturco.
Il top di “mamamma Peppa” era il Natale, quando arrivavano, mandati dagli amici e conoscenti di Roma, i pacchi natalizi, con il panettone, i torroni, le nocciole, datteri, fichi secchi e varie. Al momento della distribuzione la nonna chiamava tutti i nipoti ed era una grande festa, cui seguiva, inspiegabilmente, il ritiro dei doni per essere consegnati ai genitori, i quali avrebbero razionato nel tempo tutte quelle leccornie a cui non eravamo abituati.
Per un periodo, dopo la morte del nonno Mincuccio, ho dormito con nonna Peppa; la nostalgia di dormire con i miei mi ha fatto tornare al lettuccio con mio fratello Angelo. Un altro vero motivo era dato dalla presenza in casa nostra della televisione: la nonna andava a letto presto, mentre io preferivo stare il più possibile in piedi a vedere la TV (quelle poche trasmissioni consentite).
Il ricordo di nonna Peppa mi accompagna ancora: le ho voluto tanto bene e quando è morta le ho scritto una lettera che ho deposto nella sua bara.
Una grande donna di altri tempi.
Mi hanno raccontato tanti aneddoti della sua vita: voglio soffermarmi a quello più originale.
Capracotta nell’autunno del 1943 fu occupata dai tedeschi, prima di minarla e fare saltare in aria molte case (anche la nostra paterna) molti furono costretti a lasciare il paese.
Anche la nostra famiglia andò sfollata. Nonna per nascondere alcune provviste al controllo dei soldati si levò ai fianchi due prosciutti e due paia di caciocavalli coprendoli con la sua larga gonna. Passò il controllo e lontana dai tedeschi fece vedere le provviste, con meraviglia dei familiari.
Alfonso Monaco
Fonte: A. Monaco, “Coccia di Bronzo” si racconta. Alcuni ricordi capracottesi, 2016