Da sinistra: Attilio Mosca e Filippo Di Tella
Aveva 75 anni. In gioventù è stato il Sivori molisano. Folta capigliatura, calzettoni arrotolati alle caviglie, palleggio di piede sinistro, dribbling da numero dieci, mezz’ala sinistra all’epoca, insomma il perfetto sosia del fuoriclasse argentino in voga negli anni sessanta. Sivori ha militato in grossi club come Juventus, Napoli e come oriundo anche nella nazionale Italiana. Il nostro caro Attilio a livelli minore ma per i capracottesi era il Sivori locale. Era andato via da piccolo a Campobasso dove s’era trasferito con suoi genitori al seguito del nonno Giovanni Venditti (bazzarini’). Nel capoluogo molisano aveva maturato le sue capacità calcistiche militando in campionati regionali dilettantistici. Ma a Capracotta, immancabilmente, dopo la chiusura delle scuole faceva ritorno e metteva a disposizione delle squadre locali il suo talento. Da ragazzo giocava con la squadra del quartiere “La Piazza”. E per noi che giocavamo con la squadra del quartiere di Sant’Antonio non era facile confrontarsi con loro. Il suo dribbling era esaltante ed era difficile marcarlo. All’epoca, stiamo parlando degli anni fine cinquanta del secolo scorso, le partite si giocavano sul prato del Tiro a Segno, utilizzato durante il fascismo come poligono di tiro e dopo la guerra utilizzato a prato e a colture da Ze Pasqual’ Recocche. Sempre in quegli anni Capracotta aveva anche la squadra dei grandi, nel senso di età, ma erano squadre improvvisate, messe su nel periodo estivo con i tanti giovani che tornavano in paese per le vacanze e improvvisavano partite coi paesi vicini come: Rosello, Borrello, Quadri, Vastogirardi, Pescopennataro, Carovilli, tra l’altro su prati trasformati da pascolo in campi sportivi. Non era un calcio organizzato.
Attilio non me lo ricordo impegnato nella squadra dei grandi. Lui era impegnato a Campobasso dove militava in campionati locali nelle categorie dilettanti. D’Estate tornava a Capracotta ma il tempo lo passavamo in altre cose affaccendate. Poi ci siamo persi. Prima il militare e poi il lavoro ci fecero prendere strade diverse. Lui andò a lavorare a Torino. Però ci ritrovammo a Pomigliano d’Arco a lavorare entrambi all’Alfa Sud. E da allora non ci siamo mai più separati. Quindi averlo perso è stato davvero più doloroso perché assieme abbiamo vissuto tutta la vita. Torniamo al calcio. Di solito una volta cresciuti il calcio veniva messo da parte. Cosa che non aveva mai fatto Attilio e questo lo riavvicinò alle imprese sportive di Capracotta elevandone la qualità e migliorando l’organizzazione. Questo perché Attilio sempre, anche da impiegato dell’Alfa Sud nel napoletano, non aveva mai smesso di giocare. Giocava con la squadra dell’Alfa nei tornei interaziendali e giocava nei campionati delle categorie dilettantistiche della zona. Quindi a differenza di noi altri giovanotti ha continuato a coltivare la sua passione per il calcio e non poteva restare indifferente al nuovo calcio che stava emergendo a Capracotta. E il suo esordio viene datato all’anno 1969. In quegli anni di fine decennio e di quelli successivi il benessere economico fece sentire i suoi effetti benefici anche a Capracotta. Da un calcio scalcinato si passò a un calcio organizzato fatto con belle divise, scarpette adeguate, palloni moderni e tornei cittadini ed extracittadini di qualità. I più quotati in ordine di tempo il “Trofeo Selvaggi” organizzato dal Comune di Vastogirardi e il “Trofeo Erasmo Iacovone” organizzato da Capracotta. Come ricordato da Filippo Di Tella, compagno di squadra di Attilio: “Correva l’anno 1969 quando nacque alla bell’e meglio una squadra di calcio costituita per la maggior parte da giocatori dotati più di forza fisica (salvo qualcuno) che di stile ma che con la partecipazione di Attilio acquistò fiducia, gioco, fantasia e sicurezza. Incontenibile fu la soddisfazione del Presidente Mario Paglione (Nigghione) quando dal 1974 al 1977 vide alzare la coppa nelle finali del Torneo “Selvaggi” di Vastogirardi contro squadre di elevata caratura e nei Tornei dedicati ad Erasmo Iacovone dal 1978 al 1983 che videro Attilio prima come giocatore e in seguito come allenatore”. “È stato un onore, ha ricordato Luciano Di Nucci (Carminon’), averlo come compagno di squadra e un piacere averlo come allenatore, c’era sempre qualcosa di nuovo da imparare. Un ricordo sopra tutti: era la finale di coppa Selvaggi del 1976, contro Carovilli, partita molto spigolosa e difficile. Poco prima del fischio finale ci trovammo vicini per un calcio di punizione e lui, conoscendo la mia emotività, mi disse: cerchiamo di rimanere in pareggio (eravamo 3 a 3) fino alla fine, poi ai rigori ci penso io. Non ho mai dimenticato quanto quella frase mi abbia tranquillizzato, quanto mi abbia fatto sentire che sicuramente avremmo vinto… e la storia gli ha dato ragione”. Sulla finale di quella coppa corre il ricordo anche del portiere della squadra Vincenzo Pettinicchio: “La partita era terminata 3-3 e bisognava tirare i calci di rigore per stabilire il vincitore. Per uno strano regolamento venivano calciati solo tre tiri e sempre dallo stesso giocatore. Naturalmente il nostro prescelto non poteva che essere lui. Sul risultato di parità, mentre raggiungevo la porta per il terzo rigore, Attilio mi incoraggiò dicendomi: “Tranquillo che lo pari, poi ci penso io”. Alzammo la coppa!”.
“Una classe pura, intatta, un amore per il calcio, ha precisato Nicola Di Lullo (La benzina) e soprattutto per il bel calcio veramente fuori dal normale. Ricordi che rimarranno sempre con me, io ragazzino e lui con qualche anno in più ma sempre prodigo di consigli e di genialate che metteva a disposizione di tutti e del suo amato Capracotta che mi piace ricordare portava sempre nel cuore. Con questi elementi non poteva non essere il ns. capitano ed il ns. allenatore. Alla fine degli allenamenti lui prendeva e cominciava a battere rigori e punizioni, non ne sbagliava mai uno. Formidabile! Nel 1976 finale di Coppa Selvaggi con il Carovilli, prima pareggia con un beffardo tocco di palla da dentro l’area e poi i rigori, infallibile tutti battuti da lui. Un trionfo!”. “Tanti i bei ricordi e tanta l’amarezza, ha chiosato Antonino Sozio (Ciumm’nera), di non aver potuto vivere insieme le gioie della vecchiaia a causa del suo lungo periodo “silente”.
Un sentito ringraziamento da parte di tutta la compagnia verso l’adorata moglie Antonia e ai figli Ermen, Pierpaolo e Diego che con amorevole cura e dedizione lo hanno accompagnato ed assistito in questi ultimi e lunghi anni della sua sofferenza.
Un triste addio al nostro “CAPITANO” con la consapevolezza di averci lasciato tanti insegnamenti che solo un vero “signore di vita e di sport poteva tramandare”.
Sono stati gli anni di maggiore gloria per il calcio capracottese di quegli anni, poi c’è stata una breve pausa ma ripreso vigore negli anni successivi con i campionati regionali di Calcetto a 5 dove l’ADS fino a qualche anno fa ha ben figurato.
Ma la parabola calcistica di Attilio non finisce a Capracotta perché coltiva ancora la sua passione sportiva come allenatore di squadre giovanili del napoletano fino a quando, appena dopo la pensione, la subdola e dirompente malattia l’aggredisce e in maniera lenta e inesorabile lo mette fuori gioco e lo porta via da questo mondo nella giornata del 28 Marzo.
Attilio resterà sempre nei cuori dei capracottesi. “Capracotta, ha concluso Filippo Di Tella, sarà fiera di aver avuto nella sua storia calcistica, oltre a Erasmo Iacovone nostro contemporaneo, questo giocatore che con i piedi è stato geniale, tecnico e giocoliere come il Gianni Rivera dei nostri tempi passati, il pallone da lui voleva essere sempre accarezzato e coccolato mentre, quando volteggiava, in aria dalla testa di Erasmo voleva essere dominato e spedito in rete.
Lo ricorderemo per sempre nei nostri cuori e pur avendo fatto insieme un pezzo di strada tanti anni fa di lui rimangono i gesti, le parole e i ricordi che ci unirono e che ci uniranno.
Matteo Di Rienzo
Fonte: M. Di Rienzo, Il Diario di Capracotta 2020-21, Industrie Grafiche Cicchetti, Isernia, 2021