Cesare Di Bucci, La Chiesa Madre dalla Villa (1979)
Dopo la lunga Quaresima ecco che ci si preparava per la Pasqua. Il primo appuntamento importante era la Domenica delle Palme: dopo la messa e la benedizione, il sagrestano distribuiva sul sagrato della Chiesa ad ogni ragazzo la palma benedetta ossia un ramoscello di ulivo. Vestito a festa ogni ragazzo andava dai parenti, dai compari e dagli amici di famiglia a porgere gli auguri e consegnava un rametto di palma: in cambio riceveva qualche soldino. Era un invisibile e forte legame che teneva unite le famiglie e per evitare che dimenticassi qualcuno, mia madre la sera prima mi aiutava a ricordare i nomi di tutti coloro che avrei visitato il giorno dopo. Un rametto si riportava anche a casa e a volte serviva a rinfocolare una curiosa tradizione. Se c’era nella stalla un capra o una mucca prossima a partorire, si prendeva una foglia benedetta e si buttava sulla brace: se bruciava rivoltandosi allora il nascituro era un maschio, altrimenti era una femmina.
Trascorsa la Domenica delle Palme, frequentavo più spesso la bottega di falegname di Zio Giovanni Falcone (detto Sgammine), marito di mia zia Angiolina (detta Purziélla), sorella di mia madre. Avevo bisogno che mi aggiustasse la vecchia raganèlla o che me ne facesse una nuova. La raganèlla era costituita da una piccola scatola, da un asse e da una o due ruote dentate che messe in rotazione dall’asse, facevano vibrare una striscia di legno che produceva un caratteristico suono. Le cuccerèlle invece erano formate da una tavola che aveva sulle due facce alcuni tondini di ferro mobili: un’apposita apertura serviva a tenerla in mano in verticale; ruotandola da una parte e dall’altra produceva un forte e cupo rumore.
Dal Giovedì Santo per tutti i bambini cominciava uno strano divertimento riservato solo nei tre giorni di lutto religioso che precedevano la Pasqua. In Chiesa le croci degli altari venivano coperte e le campane non potevano annunciare le funzioni religiose. A gruppi bambini e ragazzi percorrevano tutte le strade di Capracotta annunciando le funzioni religiose facendo più rumore possibile con le raganèlle e le cuccerèlle. Il sabato santo a sera tutti a messa e noi bambini aspettavamo con impazienza, durante la messa solenne, la mezzanotte perché, non appena veniva scoperta la croce sull’altare maggiore, iniziava la scùrdela ed un rumore infernale riempiva la Chiesa: i piedi battuti sul pavimento, le raganèlle e le cuccerèlle che giravano al massimo contribuivano a creare un boato: era il terrificante ripetersi del momento della Resurrezione.
Domenico Di Nucci
Fonte: D. Di Nucci, I Fiori del Paradiso. Antologia di fatti e ricordi, storie, storielle, usi e costumi di un paese e di una famiglia, Tipolitografia Cicchetti, Isernia, 2005