Fatti & misfatti dei pastori transumanti capracottesi in Puglia

I pastori. Anno 1910. Foto: Archivio Cav. Giovanni Paglione

L’Archivio della Dogana di Foggia conserva gli atti relativi ai vari processi che nel corso dei secoli, sono stati celebrati presso il suo Tribunale: Capracotta e i capracottesi hanno avuto un ruolo determinante anche in queste circostanze. 

Anni orsono mi presi la briga di estrapolare tutto ciò che direttamente o indirettamente riguardava il nostro paese, dal volume “Il Molise e la transumanza – Documenti dell’Archivio di Stato di Foggia” a cura del dott. Pasquale Di Cicco-Cosmo Iannone Editore – 1997.

Ne presento solo alcuni esempi, perché molti casi si ripetono nel tempo, come fattispecie, se poi li dovessi citare tutti, occorrerebbe una pubblicazione a parte, tanto per dare un’idea delle diverse situazioni nelle quali erano chiamati ad esprimersi i giudici.

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Il processo civile più antico, tra quelli riportati nel volume che vede protagonista un capracottese, risale al 1559:

“Il Marchese di Lavello contro Giovanni de Lucarella di Capracotta, alias Preyte, per l’esazione di un credito”.

Tra gli atti amministrativi custoditi, sono presenti anche le nomine dei “Regi Agrimensori” (coloro che per professione misuravano gli appezzamenti di terreno, nominati dal re).

Tra i nostri compaesani nel 1649 lo fu Ottavio Campaniello, nel 1704 Onofrio Rizzelli, nel 1709 Michele Conte, nel 1749 Bernardino Ferrara, nel 1766 Giacomo Di Lorenzo, nel 1777 Vincenzo Castiglione e nel 1798 Vincenzo Fantozzi: professione nella quale, a quanto pare, i nostri compaesani erano particolarmente versati.

Interessante notare come dei cognomi abbiano col tempo subito modifiche, altri non siano più presenti nel paese, altri ancora lo abbiano mantenuto.

“Nel 1727 Giovanni Mosca marito di Vincenza del Vecchio, locata nella locazione di Cave, inoltra istanza affinché i deputati di detta locazione paghino alla Regia Corte, l’erbe ed ogni altro peso riferito alla “del Vecchio”, dal momento che questa rimasta “specorata” nel 1725, ha ceduto alla locazione ogni sua ragione!”

In diverse circostanze tra appelli e invocazioni, alla Regia Corte tra 1700 a 1800 viene chiesta la “prelazione di erbaggi a favore della Cappella di S. Maria di Loreto”.

La stessa nel 1600 era proprietaria di 9.500 capi di bestiame, scesi a 3.030 nel 1660 (quattro anni prima la peste aveva più che dimezzato la popolazione residente), per poi risalire a 11.000 capi nel 1690 e quasi raddoppiare nel 1700 con 21.210 capi!

Sempre a proposito di Cappelle non mancavano contenziosi tra le stesse:

“1787: la Cappella di Santa Maria di Loreto di Capracotta contro la Cappella di Santa Maria del Carmine e S. Rocco di Sant’Angelo, per il credito di ducati 400 di capitale e di ducati 1731 per terze decorse, in forza di un contratto annuo censuo”.

L’utilizzo di animali era alla base di varie controversie:

1612: “Michele D’Onofrio di Capracotta, capo ciucciaro del duca di Montecalvo, contro Orazio Galluccio ed altri di Lucera, per trasporti di grano con i suoi animali!”

Anche tra paesani benestanti non si scherzava:

1621: “Giulio dello Baccaro di Capracotta contro Amico Russo Carfagna di Capracotta, per il credito di ducati 1.000, attestato da polizza!”

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Avvenivano anche scambi tra Nord e Sud, che all’epoca erano in Stati diversi:

“Atto del Notaio Giuseppe Antonio Fucci di Foggia.

Con Atto del 13 maggio 1714, Antonio Maria Alviggi di Milano, dà in fitto pecore a Giovanni Melocchi di Capracotta, commorante in Sant’Angelo di Pescopennataro”.

Corsi e ricorsi storici, dei quali a volte sorridiamo o ci stupiamo: in un libro della Bibbia, Qoelet (conosciuto anche come Ecclesiaste) viene affermato all’inizio dello stesso, che non c’era “nulla di nuovo sotto il sole”, e stiamo parlando di un periodo tra V e III secolo avanti Cristo!

Paolo Trotta

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