Teresa Paglione e Lidia Sammarone mentre realizzano il vestito della Madonna di Loreto
Partenza in salita anche per Teresa. A dodici anni viene presa, senza retribuzione, come ragazza da Emanuela ….de giacubella. La sua istintiva predisposizione per il lavoro da sarta la differenza subito dalle altre ragazze apprendiste. Emanuela la predilige alle altre e le assegna i lavori più impegnativi. Teresa non tradisce le aspettative della maestra e più di una volta ha dovuto, nonostante la giovanissima età, dare consigli ad Emanuela su come ovviare a errori di taglio su alcuni abiti delle clienti. L’idillio con Emanuela, però, dura poco e si interrompe dopo tre anni e mezzo di apprendistato. Un giorno d’inverno Teresa chiede ad Emanuela una settimana di permesso. C’è poco lavoro in bottega e lei ha qualcosa da fare a casa. Emanuela le dice di sì. Passati i sette giorni Teresa torna in bottega. Emanuela, però, le dà il ben servito. Le dice che non ha più bisogno di lei, può tornarsene a casa sua a continuare a fare i fatti suoi. La ragazza, appena quindici anni, si sente cadere il cielo addosso. Emanuela è irremovibile e la povera Teresa, piangendo, se ne torna a casa.
Ma c’è poco da piangere. Bisogna rimboccarsi le maniche e vedere cosa fare. La fortuna, però, è dalla sua parte. Nei pochi anni di apprendistato aveva avuto modo di farsi conoscere e di meritare, quindi, la fiducia della gente. A questo punto decide di mettersi in proprio. Il primo anno di lavoro è favoloso. Teresa riesce a vestire quindici spose. Non si trattò di abiti da sposa perché all’epoca, ha raccontato Teresa, questi abiti se li facevano in pochi, il resto delle spose se lo faceva prestare, ma si trattò di capi d’abbigliamento che sarebbero serviti come vestiario alla futura moglie e madre. L’usanza di farsi cucire l’abito personale è stata praticata solo negli anni successivi con la crescita economica dell’Italia.
Incoraggiata da questo successo iniziale, Teresa rompe gli indugi e prosegue spedita col proprio lavoro. Nel 1954 a 21 anni si sposa con Costantino Pettinicchio. Dall’unione nascono tre figli, Vincenzo, Anna e Tiziana. Dopo il matrimonio, Costantino, muratore, si aggiudica un importante lavoro a Pescara. Tutta la famiglia si trasferisce nella cittadina abruzzese. Teresa è costretta a riporre forbici ed aghi nel cassetto. In questa nuova località Teresa non riesce a lavorare perché costretta ad accudire la propria famiglia e i parenti del marito, prima la cognata poi il suocero ed infine i cognati. Purtroppo, il lavoro del marito non va bene e Costantino decide, dopo tre anni di permanenza a Pescara, di tornare a Capracotta.
Fu una liberazione o forse la rinascita del nuovo corso di Teresa. Ella decide di riprende a lavorare e subito il suo laboratorio si riempie di ragazze che vogliono imparare il mestiere e di clienti. Siamo negli anni Sessanta il benessere economico comincia a farsi sentire anche a Capracotta e le giovani spose non si prestano più l’abito tra di loro ma si fanno confezionare l’abito personale. Di lavoro ce n’è tanto e Teresa lavora fino a dodici ore al giorno per soddisfare la clientela. Questi ritmi frenetici spesso la mettono in conflitto col marito che non tollera questa situazione. Teresa non gli dà retta. Ama il suo lavoro e non ha nessuna voglia di sacrificare la sua passione. Il lavoro, prevalentemente, si concentra sugli abiti da sposa. “Ne avrò cuciti più di cento” ha precisato Teresa. Tantissimi, però, sono anche gli abiti della Prima Comunione. A completare gli ordinativi, anche, tanti cappotti ed abiti da cerimonia.
Nel 1993 perde il marito Costantino. La vedovanza è dura, ma la passione per il cucito l’aiuta a superare il triste momento. Certo, in questi anni, il lavoro è in diminuzione per lo spopolamento del paese e dei paesi vicini, ma con quel poco che riesce ancora a fare tiene viva la sua passione per il mestiere. Intanto gli anni passano. Teresa, però, non li accusa, forse il lavoro creativo è un buon antidoto, contro l’invecchiamento e va avanti. L’ultimo suo abito da sposa risale a due anni fa quando ha cucito l’abito a Franca Carnevale moglie di Michele del ristorante “l’Elfo”.
Ma anche in assenza di abiti da sposa o da cerimonia Teresa non se ne sta con le mani in mano. La sua creatività ha trovato nuovi sbocchi e si diverte a fare lavori di cuciti di vario genere per le figlie e per la nuora. Cosa non s’è inventato. Borse, cuscini, tovaglie, portaoggetti ed altro che contribuiscono a migliorare l’aspetto della persona e della casa. Ultimamente ha confezionato anche la copertura del nuovo organo Johannus in dotazione alla Chiesa Madre dal mese di Aprile del 2006.
Tra i tanti abiti fatti, però, una menzione a parte merita quello fatto, gratuitamente, nel 1993 alla Madonna di Loreto. Fu un lavoro molto impegnativo. Il vecchio vestito di circa un secolo di vita era completamente a brandelli e non poteva essere utilizzato come modello. Teresa dovette mettercela tutta, ma, alla, fine, ce la fece compiacendo se stessa e Nina Mendozzi del Comitato Festa della Madonna. L’applicazione dei ricami d’oro, però, fu opera della ricamatrice Lidia Sammarone.
Lidia, oggi, ha sessantotto anni. È l’unica ricamatrice ancora attiva a Capracotta. Ha iniziato giovanissima imparando il mestiere dalle suore. Nel 1972, quando le suore lasciano Capracotta (occupavano i locali dell’attuale RSA) si mette in proprio. In questi lunghi di attività tutti i ricami dei corredi delle capracottesi e parte di donne forestiere portano la sua prestigiosa firma. Ultimamente ha ridotto un po’ l’attività, di giusto quel tanto che le consente di fare il suo lavoro con più tranquillità. Tornando all’abito della Madonna, Lidia, per i ricami, incontrò difficoltà maggiori di quelle riscontrate da Teresa per la stoffa. Il vecchio vestito era tutto in decomposizione e era difficile ricostruire i ricami e riposizionarli sul nuovo abito cucito da Teresa. Lidia fu presa, quasi, dallo sconforto. Non sapeva proprio da dove iniziare. Ma non poteva tirarsi indietro. Allora tirò fuori, forse anche assistita dalla Madonna, tutta la sua creatività e la sua arte di ricamatrice. In quattro mesi di intensa attività, con un paziente lavoro di rammendo recuperò tutti i ricami del vecchio vestito e riuscì a cucirli sul nuovo vestito. Lavorando dalle prime ore del mattino a tarda sera, alla fine del mese di Giugno del 1993 e con alcuni mesi di anticipo rispetto alla data della festa, Lidia, consegnò il vestito. Una bella soddisfazione per le brave artigiane capracottesi del filo e dell’ago. Ma per Lidia e Teresa le fatiche non sono terminate. Il comitato le ha già contattate per un nuovo lavoro. Devono rifare il mantello della Madonna.
Matteo Di Rienzo
Fonte: M. Di Rienzo, Il Diario di Capracotta Ed. 2006-07, Stampato in proprio, luglio 2007