Esiliato come sono in una città di mare, mi ha sorpreso ricevere alcuni video girati durante la prima nevicata a Capracotta; me li hanno inviati gli stessi amici che spesso, come ho avuto occasione di ricordare, mi prendono affettuosamente in giro per la mia inguaribile “nostalgia” del paese in cui sono nato.
È significativo che, a commento dei loro messaggi e quasi a volersi far perdonare, ci fosse scritto ad esempio:
“Speriamo di non rattristarti troppo!”;
mi conoscono troppo bene ed è comprensibile il loro affettuoso timore di accrescere la mia malinconia per qualsiasi, pur piccolo riferimento al periodo della mia infanzia e della prima giovinezza.
Così mi sono affrettato a rassicurarli ricordando loro una massima che mi ha sempre colpito:
“Quando non mi emozionerò più per la prima neve della
stagione, vorrà dire che sarò invecchiato” (Lady Bird Johnson)
Ho voluto che sapessero, nonostante il dispiacere di essere lontano, che è stata ugualmente grande la mia emozione e che perciò, stando almeno a questo aforisma, mi considero ancora…giovanissimo; come scriveva Antonine Maillet,
“la neve possiede il segreto di ridare al cuore un alito di gioia
infantile che gli anni gli hanno impietosamente strappato”;
sono convinto che sia proprio così, sia pure dovendomi ora accontentare di una nevicata virtuale, quasi sognando ad occhi aperti.
Inutile aggiungere che, proprio come un bambino, ho rivisto tante volte quelle immagini che, paradossalmente, mi hanno fatto pensare al grave problema del “riscaldamento globale” sulla terra; con tutto ciò che si ascolta a proposito dei cambiamenti climatici e della crescente scarsità di precipitazioni nevose, riflettevo ai temi esistenziali affrontati da papa Francesco nella sua enciclica “Laudato sì’”: in particolare a quello dell’ambiente come dono di Dio e come eredità comune da salvaguardare.
A tale proposito, erano già profetiche le parole di Gabriele D’Annunzio in alcuni versi della poesia intitolata “La neve”, un vero e proprio manifesto ecologico:
“Scendi con pace,
o neve: e le radici
difendi e i germi.
che daranno ancora
erba molta agli armenti,
all’uomo il pane.
Scendi con pace, si che al novel tempo
da te nutriti, lungo il pian ridesto,
corran qual greggi obbedienti i fiumi”.
Esse sottolineano mirabilmente il delicato equilibrio tra biodiversità, agricoltura, allevamento del bestiame, assetto idrogeologico e quant’altro ma non posso certo affrontare così complesse tematiche: senza contare, naturalmente, la mia completa ignoranza per cui mi limito a ricordare l’immortale proverbio che recita: “Sotto la neve pane!”.
Tornando alle mie emozioni, davvero non avrei mai creduto che anche un breve filmato potesse risvegliarne di così forti; in particolare non pensavo di riviverne così bene una tra le più suggestive: quella del “silenzio” che secondo me, come in una famosa canzone napoletana, merita a pieno titolo di essere definito “silenzio… cantatore”:
“La neve e il suo magnifico silenzio. Non ce n’è un altro
che valga il nome di silenzio, oltre quello della neve…”;
(Erri De Luca)
ed è grande anche il fascino che emana dalle parole di don Cristiano Mauri:
“Dovremmo imparare dalla neve a entrare nella vita degli altri con
la grazia e la capacità di stendere un velo di bellezza sulle cose”;
esse non si riferiscono alla semplice idea di purezza e di candore, ma all’esempio di bontà e di spontaneità che la neve propone nel confronto con le persone e con la società in genere.
Trascuro ora, di proposito, i tanti altri significati che da sempre ha per me la neve: a cominciare dall’atteso inizio dei nostri giochi invernali e tanto altro: ma non riuscirei a raccogliere tutti i miei pensieri e non basterebbe un intero volume sull’argomento! Preferisco ricordare uno strano mio gesto abituale che, purtroppo e comprensibilmente, stavolta non ho potuto ripetere; nelle occasioni in cui ho avuto la gioia di godere della prima nevicata infatti, specie se…tranquilla, mi piaceva rimanere a lungo a capo scoperto, con il viso rivolto verso il cielo e la bocca spalancata.
Tutto ciò sorprendeva molto le persone che mi osservavano ed ero costretto a spiegare che non ero…impazzito, ma che si trattava di un rito singolare, quasi religioso da parte mia: quello di lasciarmi accarezzare della neve sul viso e soprattutto quella di ingoiarne un po’ come avessi fame e sete di lei.
Non era facile far capire a tutti, anche confessandolo apertamente, quanto dispiacere mi sarebbe costato dover ripartire, di lì a poco, allontanandomi da quello scenario di favola; ricorrevo idealmente perciò, un po’ adattandoli ad altri versi famosi di Gabriele D’Annunzio:
“…che sapor d’acqua natìa rimanga nei cuori esuli a conforto!”
Sembrano esprimere molto bene la vitale necessità, per un “esule” come me, di conservare a lungo il “sapore della…neve natìa”; e se qualcuno mi dicesse che corro sempre il rischio di dimenticarlo, risponderei che mi rassicurano la freschezza e il vigore delle emozioni per questa prima, favolosa nevicata.
Aldo Trotta