Lucia, la befana di Capracotta. Foto: Sebastiano Trotta
Tra i più bei ricordi infantili della mia generazione merita un posto di primo piano quello della…Befana che, come sempre, ritornava puntualmente il 6 gennaio e allora rappresentava l’unica occasione per ricevere un regalo più importante: con l’eccezione forse, a Capracotta, della festa dell’Otto Settembre; ed è superfluo sottolineare quanto fosse spasmodica l’attesa di noi bambini e come fosse accompagnata dal nostro, talora incostante impegno…di essere buoni per meritarlo.
Il solo rammarico era rappresentato dal fatto che quel giorno cadesse purtroppo al termine delle vacanze natalizie, alla ripresa della scuola e ciò significava che non avremmo avuto molto tempo libero per godere di quei doni come avremmo desiderato.
Sarei davvero lieto di approfondire il significato teologico e religioso dell’Epifania ma non ho la competenza sufficiente per farlo e, oltre tutto, non basterebbe un intero volume; così, per mia curiosità, dedico solo un cenno ad alcuni aspetti storici e culturali di un argomento che ha sempre suscitato grande interesse; tutti sanno ad esempio che la festività dell’Epifania, vera manifestazione del Signore a tutti i popoli della terra, prende origine dalla visita e dai doni dei Re Magi, provenienti dal lontano Oriente come racconta in modo molto sintetico l’Evangelista San Matteo:
“Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra” (2,11)
- L’oro, simbolo incontrastato di regalità
- l’incenso, profumo ancora oggi utilizzato nella liturgia, e simbolo di purezza e di preghiera
- la mirra, una preziosa resina utilizzata anche come medicamento e simbolo di carità.
Le storie infinite sui Magi attraversano il Medioevo in racconti pieni di fede e di leggenda; si chiamavano così non perché fossero maghi ma, verosimilmente, esperti di astrologia e di loro, anche oggi, sappiamo ben poco sebbene già Marco Polo ne facesse citazione; scriveva infatti di aver visitato in Persia i loro primitivi sepolcri durante il suo viaggio verso la Cina.
Anche sulla loro provenienza e sui loro nomi c’è molta incertezza:
- Gaspare, significherebbe signore di Saba.
- Melchiorre deriverebbe da Melech, che significa Re
- Baldassarre deriverebbe da Balthazar, antico re babilonese
Si vuole che siano morti a Gerusalemme e che i loro presunti resti, forse recuperati da Sant’Elena, siano stati inizialmente trasferiti a Costantinopoli e poi donati dall’imperatore a Sant’Eustorgio prima che arrivassero, tra mille traversie, a Milano; in questa città restarono a lungo e solo molto più tardi, nel 1164, le reliquie furono trafugate dal vescovo Rainaldo di Dassel, cancelliere di Federico Barbarossa. Questi le trasferì infine nella città tedesca di Colonia ove furono collocate dietro l’altare del Duomo, nella cosiddetta “Ara dei Magi”: uno splendido sarcofago, capolavoro dell’arte orafa che ho avuto anch’io il piacere di ammirare.
Tornando al legame tra i Magi e il mito della Befana, sono tante le interpretazioni e le leggende; secondo quella più nota, prima ancora di scorgere la stella che avrebbe guidato i loro passi, incontrarono una misteriosa “vecchietta” a cui chiesero informazioni sul percorso da seguire; le proposero anzi di accompagnarli per consegnare i doni a Gesù, ma l’anziana donna non accettò il loro invito e in seguito, pentita del suo rifiuto, avrebbe deciso di passare dappertutto, di casa in casa, per consegnare un regalo ai bambini.
Restando in tema, mi piace ricordare quella che è stata giustamente definita la “Befana di Capracotta”, Lucia di ‘Milione”, un mitico personaggio del passato che ho avuto il piacere di conoscere; sono stato felice, infatti, di rileggere il racconto a lei dedicato dal caro Sebastiano Trotta: una splendida favola in cui la donna, incontrando i Magi dopo essersi smarrita nel bosco, li interroga amabilmente sul significato dei loro doni.
Con grande sorpresa poi, ma restando nella tradizione, la cara vecchietta vede la sua fascina di “ceppe” (sterpi) trasformarsi prodigiosamente in una “scopa volante”; e mi piace riproporre testualmente le frasi conclusive di quella favola quando Lucia, sorvolando i tetti fumanti, atterra finalmente nei pressi della sua casa, accanto alla Chiesa di Capracotta. ove neppure la sorella Irene la riconosce:
“Annieànd’alla rufa Irene, che la mandèra ’mmieàne, mi vide scendere dalla scopa e, con gli occhi sbarrati, urlò:
…E tu cùja sié?
Io risposi:
– Shhh… sò la Befana!”
(Davanti alla gradinata Irene, con il grembiule in mano, mi vide scendere dalla scopa e, con gli occhi sbarrati, urlò:
… E tu chi sei?
Io risposi:
Shhh…sono la Befana!)
Leggenda a parte, era molto particolare il fascino della nostra Epifania, specie nell’incanto della neve, del Presepio e di tanto altro ed è impossibile descrivere l’atmosfera di mistero e di dolcezza di quel giorno; nella notte tra il 5 e il 6 gennaio eravamo tutti molto emozionati e fingevamo spesso di dormire non riuscendo a prendere sonno; ad essere sinceri, ci assaliva qualche volta il timore che al mattino potessimo trovare solo una calza piena di cenere e carbone!
In ogni caso meritano di essere ricordati gli stratagemmi dei nostri genitori per darci prova al mattino che la Befana era venuta davvero; allo scopo provvedeva soprattutto la nonna Guglielma che ci mostrava le prove del suo passaggio notturno: un dolce sbocconcellato, ad esempio una fetta di panettone, e qualche goccia di liquore sul fondo di un bicchierino.
Indimenticabile, per me, uno splendido episodio di quando, già più grandicello, la nonna mi svegliò e mi condusse a scoprire i doni della Befana; tra le diverse, piccole cose che mi auguravo di trovare, ebbi la grandissima, inimmaginabile sorpresa di vedere un paio di sci in legno di frassino con tanto di attacchi e bastoncini di bambù: nulla di più desiderabile in quegli anni meravigliosi e, al tempo stesso, così difficili.
Pagherei davvero chissà cosa per avere una ripresa filmata o almeno una fotografia di quella favolosa scena con la mia espressione di gioia e di incredulità: bastava davvero poco, allora, perché fossimo felici!
Sono anzi convinto, ripensandoci bene, che sarebbe bellissimo se potessimo tutti recuperare un po’ di quella disarmante ingenuità!
Da parte mia, ho sempre cercato di non perdere questa speranza e ogni occasione è tuttora buona, anche da così vecchio, per dimostrarlo in qualche modo, ma resto spesso deluso perché c’è sempre qualcuno che, con un sorrisetto ironico, sembra domandarmi:
“Ma tu, credi ancora alla Befana?!”
Così, affidandomi al prodigio della poesia, ritorno davvero bambino e lascio che a rispondere per me, una volta per tutte, siano i versi di Giovanni Pascoli:
“Viene viene la Befana
vien dai monti a notte fonda.
Come è stanca! La circonda
neve, gelo e tramontana.
Viene viene la Befana!”
Aldo Trotta
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