La luna e la neve: due simboli di pace

Poco più di un mese fa ho cercato di descrivere la mia emozione per la prima, tranquilla nevicata a Capracotta sebbene avessi potuto goderne lo spettacolo solo grazie a un filmato; tutti sanno quanto grande sia stato e quanto grande rimanga il mio legame con il paese in cui sono nato e, in particolare, con la sua neve: da cui mi dispiace molto dover restare lontano; ho sempre raccontato, infatti, che nei miei sogni ora un po’ confusi, io mi ritrovo spesso gioiosamente immerso in quello scenario.

Nei giorni scorsi poi, sfogliando vecchi documenti, ho avuto in mano un mio quaderno della seconda classe elementare; ho avuto la sorpresa di leggerne una pagina in cui avevo scritto, in bella grafia, un brano di Ada Negri, la famosa scrittrice nata a Lodi nel 1870, candidata al premio Nobel per la letteratura e scomparsa nel 1945.

Si trattava della poesia “Birichino di strada” ed è servita a farmene rammentare un’altra che certamente, allora, conoscevo a memoria; si intitolava “Nevicata”:

Sui campi e su le strade
silenziosa e lieve,
volteggiando, la neve
cade.

Danza la falda bianca
ne l’ampio ciel scherzosa,
poi sul terren si posa
stanca.

In mille immote forme
sui tetti e sui camini,
sui cippi e nei giardini
dorme.

Tutto dintorno è pace:
chiuso in oblio profondo,
indifferente il mondo
tace.

Ma ne la calma immensa
torna ai ricordi il core,
e a un sopito amore
pensa.”

Si direbbe trattarsi di una piccola, innocente filastrocca per bambini, ma non è certamente così perché, come in altre opere di Ada Negri, alla dolcezza delle parole si associano pensieri di grande significato; c’è, soprattutto, un fermo rimprovero per chi rimane in silenzio, del tutto indifferente ai messaggi di serenità e di pace che la natura continuerebbe a trasmettere se solo si riuscisse a interpretarne il linguaggio.

Secondo diversi commentatori, in questa poesia è fondamentale riflettere alla rima “pace”….”tace” nel senso che purtroppo molte persone, superficiali e distratte, non hanno voglia e tempo di fermarsi a scrutare gli armoniosi segnali del creato e, tanto meno, a leggerne il loro significato simbolico; viceversa poi, ci si trova spesso obbligati a fronteggiare eventi atmosferici e climatici devastanti, favoriti dal “riscaldamento globale” e quant’altro; è superfluo sottolineare che la poesia è stata composta nel 1892, ma viene spontaneo domandarsi cosa penserebbe Ada Negri se si trovasse a vivere i paradossi e le contraddizioni del momento attuale: cui si è persino aggiunto, a complicare ulteriormente le cose, il ritorno assurdo della guerra nel nostro continente.

Troppo spesso, tuttavia, fanno rumore le notizie peggiori e io non mi rassegno a credere che siano sempre meno le persone del tutto insensibili, per esempio, al turbinio silenzioso della neve o alla luna piena; può sembrare incredibile, ma c’è tanto bisogno anche di piccole emozioni per riaprire il cuore alla speranza, tutt’altro che infantile, di un mondo migliore. 

  Sono certamente numerose le ragioni per cui molti sembrano incapaci di ogni slancio ma, a mio giudizio, tutto dipende dal fatto che il vorticoso ritmo della vita moderna impedisce, di fatto, ogni rapporto con la natura: fino a farcene ignorare del tutto le regole, lasciandoci indifferenti al suo fascino; non sarà facile porvi rimedio, ma è proprio il caso di augurarsi che:

ne la calma immensa, torni ai ricordi il core.

Così, ripensandoci bene, per la mia generazione è stata una vera fortuna essere vissuti come “birichini di strada” o, forse meglio, “birichini della neve!”; nelle grandi città è diventato un problema anche l’inquinamento luminoso, che rischia persino di farci dimenticare la visione del cielo stellato. Come tutti sanno, inoltre, sono stati realizzati dei favolosi impianti di illuminazione per ogni genere di sport da praticare anche “in notturna”, ma chi crederebbe che a Capracotta, sfidando il freddo intenso, quei “birichini” sciavano spesso alla luce della luna?   

Sono innumerevoli, come tutti sanno, le opere letterarie dedicate alla luna e basta l’esempio dei famosi versi di Giacomo Leopardi:

Che fai tu, luna, in ciel? dimmi, che fai, silenziosa luna?,

ma sono rimasto davvero impressionato da una poesia che non conoscevo; era stata scritta nel 1955 da Gianni Rodari, in risposta alla letterina di una bimba ucraina e che, perciò, aveva intitolato “La luna di Kiev”:

Chissà se la luna
di Kiev è bella
come la luna di Roma,
chissà se è la stessa
o soltanto sua sorella…

Ma son sempre quella!
– la luna protesta –
non sono mica
un berretto da notte
sulla tua testa!

Viaggiando quassù
faccio lume a tutti quanti,
dall’India al Perù,
dal Tevere al Mar Morto,
e i miei raggi viaggiano
senza passaporto.

Tutti in questi mesi abbiamo osservato immagini notturne della guerra con il paesaggio deturpato dalle bombe, in cui pareva davvero che “la luna di Kiev” fosse più…”brutta”; non è certamente così e i suoi raggi continuano a “viaggiare senza passaporto”, a “far lume a tutti” e soprattutto a diffondere un silenzioso, fortissimo messaggio di pace.

Non ci siamo ancora resi conto, purtroppo, che siamo cittadini di un unico meraviglioso “pianeta azzurro”, quello che le navicelle spaziali ci hanno ora consentito di ammirare  ed al quale è mirabilmente rivolta l’enciclica di Papa Francesco “Laudato si’”. 

In ogni caso anch’io, solo ora che mi sembra di averle irrimediabilmente perdute, mi accorgo della bontà di molte, anche piccole cose importanti ed è per questa ragione che, non senza fatica, mi sforzo di guardare “con gli occhi di un bimbo” una nevicata o il chiarore della luna; così, nella magia dei ricordi infantili, sembra che riprenda vigore la mia speranza e che si attenui la malinconia dell’età avanzata.

Riflettendo infine a questi presagi, ricordo che nel 1936 Ada Negri aveva scritto una’ altra poesia intitolata, guarda caso, “Il Crepuscolo”; e mi piace che, a concludere il mio pensiero, sia l’armonia delle sue parole:

La luna, appena sorta…

venuta è per narrar novelle

del paese delle stelle;

ma c’è un bimbo in giardino

che guarda e ascolta – e non esiste al mondo

ora, per lui, che quella grande luna.

Aldo Trotta