Oggi ho preparato pasta e patate, il calore dei nonni.
Lo sento quel calore e li rivedo in cucina: nonna Peppinella che cuoce patate, lenticchie, fagioli, ceci, il poco che avevano, in piccoli contenitori di terracotta (che intatti conserviamo gelosamente), posti sulle braci. Poi il pasto sempre lí, nonna e nonno Gaetano davanti al caminetto, a quel piccolo tavolo allo scopo riadattato, seduti su altrettanto piccole sedie. Così accovacciati potevano r/accogliere tutto il tepore del fuoco nell’unica stanza calda della casa.
Non mancava mai altro calore: le attenzioni che nonna riceveva e che sapeva dare. Peppinella, per quella malattia al cuore, si occupava dei lavori più leggeri, cucinare, lavare i piatti e “mettere i punti”, in sostanza rammendare. Tutto il resto era compito di nonno, dal pulire la casa, al lavare la biancheria, al fare la spesa. Per sua libera scelta, un gesto assolutamente infrequente in quegli anni, potrei affermare unico in tutto il paese.
Insieme, ogni mattina, facevano il letto, uno da una parte e uno dall’altra, ho sempre trovato questo rituale un tenero, struggente incontro d’amore.
Mai una lite, mai una parola dal tono alto.
Un piatto di pasta e patate ti fa ricordare che Peppinella e Gaetano erano amore.
(Quanto li ho amati! Immenso il loro amore per noi, quante lacrime nei loro occhi azzurri quando, a fine vacanze, centinaia di insormontabili chilometri ci avrebbero separato per un anno intero!)
Adele Paglione Perruzzi