Il tabernacolo della Chiesa Madre di Capracotta (foto in alto) è una splendida opera d’arte della prima metà del XVIII secolo. Sullo sportello, Cristo è rappresentato in piedi sulle nuvole, con la mano destra sostiene la Croce e con la sinistra indica il sangue che sgorga dal costato e che viene raccolto con un calice da un cherubino. L’architetto Franco Valente ci illustra il significato più recondito di questo importante elemento architettonico religioso, che custodisce la SS. Eucarestia, per i Cristiani.
Le parole hanno sempre un significato. Spesso le usiamo senza sapere cosa vogliano dire.
Accade anche per i termini architettonici delle chiese che per molti sono solo un riferimento liturgico.
È il caso del “tabernacolo” che sembrerebbe semplicemente il termine che indica il luogo dove riporre le ostie.
Se proviamo a capire l’origine del termine, invece, scopriamo che con una sola parola si conferisce a luogo un significato complesso.
“Tabernacŭlum” è un termine latino che vuol dire “piccola taverna”
Che non è la taverna che noi identifichiamo in un ambiente poco raccomandabile.
Per i Romani era tenda che, sistemata in posizione di controllo dell’accampamento, era riservata comandante militare.
Peraltro, doveva essere ben visibile dai soldati perché davanti ad essa un sacerdote veniva chiamato a interpretare gli auspici prima di una battaglia.
Ricordiamo, per esempio, che prima della battaglia di Aquilonia (che io ritengo Pietrabbondante) il comandante Lucio Papirio convocò presso la sua tenda i pullari, gli aruspici che dovevano trarre auspici dal comportamento dei sacri polli.
Per gli Ebrei era il santuario portatile fatto costruire da Mosè per trasportare le tavole con i comandamenti.
Nei velieri era il luogo dove si poneva il comandante della nave per dare ordini ai marinai.
Per i Cristiani il tabernacolo riassume tutti questi significati.
Franco Valente