D’estate a Capracotta, con gli amici del quartiere (Fernando, Paolo, Costantino, Candido, Antonio, Pasqualino ed altri), ci divertivamo ad architettare di tutto: proprio dietro casa nostra c’era un rudere (forse i resti dello spazzaneve distrutto dai tedeschi durante la guerra?) che scatenava le nostre fantasie, alimentate anche dal fatto che all’epoca sul Programma Nazionale (oggi RAI UNO), il lunedì sera andava in onda un film, spesso un western.
Ci si divideva in due fazioni: indiani e Settimo Cavalleggeri e a turno si attaccava il forte (cioè il rudere), con grande dispendio di munizioni, attacchi e urla disumane.
Una legge non scritta, ma tramandata di generazione in generazione impediva di “espatriare” nel territorio di San Giovanni (cortesia ricambiata da chi stava a San Giovanni e non veniva a S. Antonio).
Unica eccezione consentita e fortemente caldeggiata, per la quale si assurgeva al rango di eroi da emulare, era una prova di coraggio e chi riusciva a superarla, era tenuto nella più alta considerazione.
La prova consisteva in questo: riuscire ad entrare in un pollaio della concorrenza (S. Giovanni) “prelevando” uno o due uova (di più era impossibile anche per mancanza di ulteriori mani).
Il rischio era notevole perché le “telecamere umane” erano sempre in funzione (dopo pranzo veramente erano un po’ sonnecchianti), ma se si veniva scoperti erano dolori!
Paolo Trotta