Venino Litterio con il nipote Venino e la mula Morena
Correva l’anno 1940, mio nonno Venino Litterio esercitava la funzione di “procaccia postale” con la “beghetta” (biga, ndr) e la sua insuperabile mula “Morena”. Faceva il pendolare dall’ufficio postale di Pescopennataro, con a capo il direttore Tobia Monaco, per andare a Capracotta, direttrice donna Clelia.
Mio nonno recapitava posta e farmaci e, all’occorrenza, dava anche qualche passaggio a chi disperatamente rimaneva bloccato dai cumuli di neve lungo il tragitto. Sappiamo bene che l’inverno in alta montagna non è per nulla clemente! Raccontava che una volta, durante una violenta bufera, faceva fatica a guidare la biga per quelle vie tortuose e piene di neve al punto da dover scendere dalla biga e procedere a piedi. Non si vedeva nulla. L’affetto di Morena fu tale da offrigli la sua coda come punto d’appoggio e traino per tutto il percorso.
Così, grazie a Morena, proseguirono a fatica e a passo lento ma deciso verso Capracotta, che sembrava irraggiungibile, arrivando sani e salvi.
Un’altra volta, sempre d’inverno, mio nonno e la sua mula dovevano andare a prendere alcuni farmaci ad Agnone. Mente si apprestavano a compiere il proprio dovere, per strada improvvisamente Morena non volle più andare avanti. Praticamente, s’impuntò!
Mio nonno pazientemente la incitava al galoppo anche perché faceva tanto freddo. Ma niente, come dice il proverbio: testarda… come una mula!
Morena aveva le sue ragioni. Aveva percepito un pericolo. Infatti, di lì a poco, crollò un vecchio ponte e così tornarono salvi indietro a casa.
Irma Litterio