“… Un uomo abbraccia una ragazza dopo che aveva pianto […], vide le luci in mezzo al mare, pensò alle notti là in America […]. Te voglio bene assai, ma tanto, tanto bene, sai, […]” (da: ‘Caruso’, di Lucio Dalla).
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Maria Rosaria D’Onofrio (detta Mariuccia) vide mio nonno Gaetano, un bel giovane, quando lui tornò a Capracotta dall’Argentina per mantenere la ‘promessa’ e sposarsi con un’altra. Lei lo vide, ne rimase subito colpita e il suo temperamento – roccioso come Monte Campo – cedette al sentimento, ovviamente tenuto nascosto. Intanto nonno Gaetano si sposò, ma una delle tante malattie di quel tempo, lo resero presto vedovo e… dovette tornarsene da solo in Argentina.
Era da poco finita la ‘Grande guerra’ e – spinti dai disagi e attratti dai racconti delle vaste terre e delle mandrie che avrebbero saputo coltivare e trattare – molti migranti italiani (prevalentemente contadini e montanari) partirono per le Americhe di lingua spagnola – “l’America dei poveri”, come diceva Mariuccia -, e fu così che anche Mariuccia, con i suoi parenti, partì per la località vicina a Buenos Aires dove l’avevano preceduta i suoi compaesani. E fu lì che Gaetano e Mariuccia si incontrarono di nuovo: anche Gaetano, a Capracotta, aveva notato Mariuccia mentre faceva la fila alla fontana, con la ‘tina’ in testa e con l’aria un po’ strafottente di chi sa il fatto suo ed ha la schiena dritta e la lingua sciolta. Insomma ‘si riconobbero’, presto si sposarono e nacquero tre figli: Carmine, Carmela e mio padre ‘Tonitto’ (versione spagnolesca di ‘Tonino’).
Tanti anni dopo Tonitto tornò a Capracotta con i genitori, che volevano rivedere il loro paese d’origine per poi tornare in Argentina… dove, invece, non tornarono più perché Tonitto, ricambiato, si innamorò di Maria, mia madre, e… le insegnò a ballare il tango. Fu un grande amore, che resistette anche dinanzi ai colpi e alle sofferenze della Seconda guerra mondiale, che li privò della casa, dei cavalli che allevavano e persino di due figli!
E così io oggi ho tanti parenti in Argentina. Mio cugino Ruben, al quale sono molto affezionata, mi ha inviato la foto dei nonni e di papà che qui pubblico con quel po’ di commozione che deriva anche dal fatto che racconto per la prima volta la storia d’amore dei miei nonni che dedico ai miei tanti parenti argentini.
Pina Monaco