La gratitudine: un singolare rimedio per la nostalgia

Panorama notturno di Capracotta. Foto: Vittorio Conti (2014)

Sono sempre stato consapevole della mia ignoranza in tema di psicologia, ma è anche vero che non avevo mai dedicato molta attenzione alle sue complesse, ma coinvolgenti dinamiche; solo negli ultimi anni, specie dopo aver concluso la mia attività professionale e nel lungo periodo in cui mi son trovato a fronteggiare gravi malattie in ambito familiare, è stato inevitabile che mi ponessi molti interrogativi: quasi in un faticoso e logorante percorso di autoanalisi che purtroppo, ero assolutamente impreparato ad affrontare.

A tale proposito, sono tuttora molto restio a riconoscere che nostalgia non significa il rimpianto per un luogo, ma per un tempo e una stagione irripetibili; perciò, sia pure avendolo raccontato quasi per celia, mi sono illuso che bastasse, come rimedio per guarirne, un semplice “biglietto di viaggio per il ritorno nel mio paese, a Capracotta”.

In altre parole, faccio ancora molta fatica a condividere il pensiero del professor Massimo Recalcati che, nella prima parte suo libro “La Luce delle stelle morte – Saggio su Lutto e Nostalgia, scrive:

   “Il dramma della nostalgia deriva dal fatto che ciò che viene desiderato con intensità e struggimento è irrecuperabile. Non sarà mai più né lo stesso tempo né lo stesso spazio; ciò che il soggetto nostalgico desidera non è semplicemente ritornare nei luoghi della sua giovinezza. Si tratta dunque di un movimento destinato a rimanere frustrato perché quel mondo anteriore, precedente, originario al quale il nostalgico aspira non esiste più, non può essere recuperato”.

    Si comprende pertanto la mia delusione di accettare che, alla fine, il mio “biglietto di viaggio” sia dolorosamente restato “di sola andata”; e mi lascia anzi perplesso l’atteggiamento di diversi amici e conoscenti che, forse solo in apparenza (?), sembrano immuni dalla nostalgia e, anzi, danno spesso l’impressione di minimizzare o persino di deridere la mia.

Ripenso anche ad alcune recenti occasioni in cui, sempre cullandomi nel mio sogno, sono riuscito a tornare in paese; accorgendomi poi, con dispiacere, che avevo inseguito una chimera.

Lo psicanalista professor Recalcati sottolinea infatti che:

   “gli spazi, gli ambienti, le cose del nostro passato – della nostra infanzia, una volta ritrovati nella realtà, appaiono rimpiccioliti, sempre un po’ sghembi, differenti da come li avevamo conosciuti, diversi, ovvero sempre perduti anche quando li ritroviamo”.

 Possibile, mi sono chiesto, che senza neppure accorgermene io abbia sviluppato quella che viene definita “nostalgia melanconica” o, peggio ancora, “cristallizzazione melanconica di un lutto”?  Ignoravo tra l’altro che questo termine, in genere impiegato per la scomparsa di una persona cara, appartenesse anche al linguaggio scientifico della psicologia; limitandomi perciò alla nostalgia, non perdo occasione per cercare di capire quanto sia tuttora prepotente, nel mio animo, il cosiddetto “fantasma del ritorno”: che continua a sospingermi ossessivamente verso i luoghi iniziali della mia vita, quelli delle care “radici” che ho dovuto abbandonare.

Mi ha perciò dapprima incuriosito e poi rincuorato la scoperta di altri e per me imprevisti aspetti della nostalgia secondo i quali:

   “non c’è più il passato e la sua idealizzazione melanconica, ma uno straordinario, quasi inconcepibile rapporto con il presente e soprattutto con l’avvenire; piuttosto il ritorno nostalgico del passato non opprime la vita, non la richiama indietro, non provoca rimpianto, ma è come se facesse acquisire al mondo un nuovo colore; in altri termini quello che ritorna dal passato appare nuovo e può riaprire allo splendore della vita impedendo che nella nostalgia-rimpianto, tutto venga drammaticamente risucchiato all’indietro”.

Non sono così sprovveduto da dimenticare i miei 80 anni ed il fatto che, pur essendosi allungata la sopravvivenza media, non posso certo riporre speranza nell’avvenire; ho dovuto, tuttavia, ricredermi riconoscendo l’esistenza di una singolare e diversa componente della nostalgia che, pur traendo origine dal passato, può riempire la vita di nuovo significato anche in età molto avanzata; essa potrebbe anche spiegare il motivo per cui il tono del mio umore è parso migliorare nettamente scrivendo e raccontando dei miei anni infantili e giovanili; in altri termini anch’io, sia pure inconsapevolmente, avrei fatto ricorso:

“a una memoria diversa da quella della nostalgia-rimpianto, quella cioè che irrompe nel tempo presente come un inedito fascio di luce”.

Interverrebbe un fenomeno analogo a quello che in astrofisica si definisce “La Luce delle stelle morte”, quella cioè che non proviene da un astro realmente esistente nello spazio celeste, ma da uno scomparso forse da millenni; sarebbe in gioco, perciò, un paradosso per cui:

    “la luce scaturisce da un’assenza che si fa presenza e da una presenza che evoca un’assenza. Saremmo di fronte alla più singolare tra le versioni della nostalgia, la cosiddetta “nostalgia-gratitudine” per cui tutto ciò che è passato, anziché diventare oggetto di regressivo rimpianto, risplende nella sua assenza raggiungendoci come una visitazione inattesa”;

e non è superfluo anche per me, a questo punto, riflettere alla definizione stessa di gratitudine:

“un’emozione complessa che consiste nella capacità di riconoscere le cose buone nel mondo, nella propria vita e soprattutto negli altri (Emmons, R. A., & Mishra, A. 2011).    

Così, sono forse arrivato a scoprire questa singolare, direi provvidenziale componente della nostalgia che, come un’eredità, sarebbe doveroso trasmettere alle nuove generazioni; non sono certo di averne compreso in pieno il significato, ma credo si possa definire un atteggiamento che, lungi dal generare rimpianto, diventa energia creativa. E tutto ciò, neanche a dirlo, mi fa rivivere nella sua vera luce il meraviglioso ambiente di Capracotta, un mitico “luogo del cuore”cui si rivolge tutta la mia “nostalgia-gratitudine”: a cominciare da quella per la mia famiglia, gli amici e altre numerose persone; le stesse ne sono certo, anche semplici e umili conoscenti che traevano la loro saggezza dall’obbedienza alla realtà e dalla pur faticosa virtù di non sottrarsi ai cimenti della vita quotidiana.

 A conclusione ora delle mie riflessioni, non posso che rivolgere a me stesso, con le sue parole, le stesse domande esistenziali del professor Recalcati:

  • “Sono persone che ho saputo davvero portare con me?“;
  • “Ho saputo fare della loro nostalgia un’eredità?”;
  • “Non è forse l’eredità (“spirituale”) in sé stessa una forma di nostalgia-gratitudine?”.

Non sarà facile rispondere ma, per lasciarmi finalmente alle spalle ogni traccia di “nostalgia melanconica”, mi auguro di riuscire a farlo al più presto.

Aldo Trotta

   BIBLIOGRAFIA:

  • RECALCATI Massimo: “La luce delle Stelle Morte – Saggio su Lutto e Nostalgia” – Feltrinelli Editore 2022