È superfluo ripeterlo, ma ogni volta che mi viene l’idea di scrivere qualcosa, anche la più semplice, ho bisogno di uno spunto, di un’occasione, o di un ricordo particolare; resta valido, infatti, il motto attribuito a Catone il Censore secondo cui:
“Rem tene, verba sequentur”
che significa appunto:
“Se hai un argomento da trattare, le parole verranno da sole”.
Così, a suggerirmi il tema di oggi, è stata la lettura di un articolo del professor Alessandro D’Avenia (Corriere della Sera 08/04/2024) intitolato “Studio di Umani” e ispirato alla sofferenza di una giovane che, per un disturbo ansioso al limite della patologia psichiatrica, si ferisce le nocche delle dita; si tratta certamente di un’assurda storpiatura volontaria, come ce ne sono tante, a danno delle proprie mani: che, come è noto, raggiungono nella specie umana l’apice della loro straordinaria specializzazione.
Tra i “primati” infatti, solo nell’uomo esiste quella che viene definita “funzione opponente del pollice”, il meccanismo che conferisce alla mano le migliori e più fini capacità di movimento e di presa; il professor Renzo Mantero, compianto maestro di Chirurgia della mano che ho avuto il piacere e l’onore di conoscere,non si stancava di ripetere:
“La mano è l’unico organo di senso interattivo”. L’occhio guarda senza essere guardato, l’orecchio ascolta senza essere ascoltato, la mano non può toccare senza essere toccata. Per questo ha un meccanismo di risposta immediata, una specie di corsia preferenziale mani-cervello: la mano è di una incredibile sincerità. Mentre l’occhio può ingannarci (“a volte, per esempio, entriamo in un negozio e diciamo buongiorno a un manichino”), la mano è incapace di mentire; dice sempre la verità”.
“La mano è uno strumento incredibile che può fare milioni di movimenti. Serve ai ciechi per vedere, ai muti per parlare. La mano è anche un simbolo. Serve per comunicare con gli altri e con Dio. Ci si dà la mano, si gesticola per aiutare la parola, si tocca per significare simpatia, amore, amicizia, si congiungono le mani per pregare, si benedice con le mani”.
Non posso e non voglio certo riassumere l’articolo del professor D’Avenia; solo un cenno per sottolineare che esso è dedicato, in gran parte, al commento di un’opera di Giovanni Bellini, intitolata “Compianto sul Cristo morto”: in cui tutta la pittura è incentrata sulle mani dei protagonisti, da Gesù appenadeposto dalla Croce, a Maria Maddalena; e del suo testo mi permetto di riportare la frase che mi ha colpito maggiormente:
“Chi siamo noi che- è solo un gioco di parole -abbiamo le mani nel nome, Umani? E fino a che punto – sempre per gioco – possiamo diventare Disumani?”.
Tornando ora al mio titolo, mi piace raccontare l’esperienza, ormai tanti anni fa, di una magnifica conferenza del professor Mantero, intitolata “Le mani del Cenacolo”; questo illustre maestro, dedicatosi per tutta la vita allo studio delle mani anche dal punto di vista artistico oltre che chirurgico, è stato lo scopritore di diversi segreti racchiusi nel famosissimo affresco “Ultima Cena” di “Leonardo da Vinci” che si trova in Santa Maria delle Grazie a Milano.
Il più straordinario di essi consiste nel fatto che quest’opera nasconderebbe una singolare bozza preparatoria disegnata personalmente dal celebre artista; molti credevano si trattasse semplicemente di una “sinopia”, da “sinopis”,un colore tipo “terra rossa” impiegato per la traccia preliminare sull’intonaco prima della pittura: ma non era semplicemente così; si dimostrò, infatti, che erano stati aggiunti dei punti di riferimento corrispondenti alla posizione che poi avrebbero assunto le mani dei protagonisti, da Gesù a tutti gli Apostoli.
Renzo Mantero aveva intuito che, disegnando delle linee sulla falsariga di quei punti, si otteneva l’equivalente di un pentagramma con le rispettive note, proprio secondo i canoni musicali degli antichi spartiti, allora molto diversi da quelli attuali: a cominciare dal fatto che, come nella scrittura di Leonardo, il verso di lettura era da destra a sinistra.
Facendo poi il tentativo di trascrivere quella musica, ci fu la sorpresa di leggere un breve, suggestivo brano che il professore sottopose alla cieca, all’insaputa l’uno dall’altro, a tre illustri musicologi di fama mondiale; e il loro univoco responso, tutti confermando che si trattava di un genere assolutamente avveniristico, fu che si poteva forse ritenere un componimento di “musica-post moderna”.
Erano stati purtroppo infruttuosi, in molte storiche biblioteche del mondo, i tentativi del chirurgo di reperire un trattato di musica dei tempi di Leonardo; si sapeva infatti della sua esistenza ma quel prezioso manoscritto, che avrebbe potuto spiegare molte cose, era andato certamente distrutto nel tempo; che io sappia poi, nel 2007, le ricerche di un altro notissimo esperto, G.M. Pala, hanno comunque confermato che nel “Cenacolo” si nasconde appunto, un inedito brano musicale.
Leonardo forse, già apprezzato suonatore di lira – oltre che pittore, architetto, inventore e quant’altro – avrebbe disposto le mani degli Apostoli in modo tale da scrivere una melodia segreta: forse, come è stato ipotizzato, una specie di “Requiem” per l’ultima cena di Gesù (?).
Avviandomi ora alla conclusione, dispiace che molti studiosi considerino l’uomo indegno di possedere organi così perfetti come le mani; ed io credo che un giuduzio così negativo derivi da tutto ciò che la mente umana è stata capace di concepire utilizzandole come strumento di distruzione e di morte: di cui non mancano certo gli esempi nel travagliato periodo che l’umanità sta vivendo attualmente.
E pensare che basterebbe riflettere alle tante gravi condizioni morbose delle mani, ad esempio quelle reumatologiche, per evitare di aggiungerne molte altre con la nostra dabbenaggine o con i nostri errori di comportamento; ci siamo persino assuefatti, è davvero il colmo, al tragico bilancio di traumi e di amputazioni che si registra per i festeggiamenti di Capodanno con l’impiego degli esplosivi. Per non parlare poi, delle tante, tragiche guerre in corso.
Tornando ora al mio racconto, non posso certo dimenticare le mani più famose, quelle raffigurate da Michelangelo nella Cappella Sistina; da profano ignoravo che le dita di Dio e dell’uomo erano state concepite come se si toccassero, mentre ora ci appaiono separate, con il dito di Dio steso al massimo e quello di Adamo contratto sull’ultima falange: un semplice dettaglio che lascia però intravedere un significato sorprendente.
Dio infatti è lì, ma la volontà di cercarlo dipende dall’uomo: se vuole, stenderà il dito e lo toccherà ma, se non vuole, può trascorrere tutta la vita senza di Lui; così l’ultima falange del dito di Adamo rappresenterebbe nientemeno che il preziosissimo bene del libero arbitrio: potenza espressiva di un gesto semplicissimo, affidato al prodigio delle mani!
Aldo Trotta