Militari in licenza nelle feste pasquali del 1916; Padre Placido è indicato dalla stella
Avevamo in passato parlato di Padre Placido da Capracotta, al secolo Rodolfo D’Onofrio di Costantino e di Bambina Carnevale (famiglia “Tattariegliɘ”), nato nel 1882, novizio Cappuccino nel 1899 e sacerdote nel 1905 con il nome di “Padre Placido da Capracotta”.
La lettera di presentazione del Parroco, indirizzata al P. Provinciale dei Frati Minori Cappuccini del Lazio, recita testualmente: “Vi presento un giovanetto cresciuto nell’amore e timore di Dio, e per opera dei suoi genitori semplici e forti come le bellezze delle loro montagne molisane. Egli è intelligente, molto intelligente, e l’illustre Provincia Romana Cappuccina, ricevendolo, farà un vero acquisto”.
Documenti redatti dal Maestro dei novizi e dai Superiori conventuali sottolineano la sua bontà, il suo amore per lo studio, il suo entusiasmo, la sua intelligenza negli studi universitari; i confratelli ed i discepoli lo apprezzeranno poi per lo zelo nello svolgimento degli incarichi a lui affidati, per le sue capacità di insegnante, per l’amore nella predicazione e la sua scrittura forbita.
Segretario della Provincia Monastica di Roma e Guardiano a Bracciano, fu successivamente trasferito in Sardegna perché, voce di popolo, inviso al regime fascista. Molto amato a Capracotta e dintorni, tornava di solito nel paese natio per la predicazione nella Settimana Santa.
Richiamato alle armi nel 1915, a seguito dello scoppio della Grande guerra, ad aprile del 1916 era in licenza a Capracotta con altri militari durante le feste pasquali ; da una nota di Gianlorenzo Conti risulta che il giorno 21 aprile1916, nella Chiesa Madre, Padre Placido “aveva predicato le Tre ore del Venerdì Santo”. L’ultima volta, a Capracotta per la predicazione della Settimana Santa del 1938, si è ammalato; trasferito al Policlinico Umberto I di Roma è ivi deceduto per complicanze legate al suo diabete il 28 aprile. Nel necrologio a lui dedicato, il Ministro Provinciale dei Cappuccini scrive infatti che Padre Placido è morto serenamente “dopo aver emesso sul pulpito della città nativa il canto del Cigno”.
Il “Cappellano di Capracotta”, descritto da Ernest Hemingway nel suo romanzo, Addio alle Armi, corrisponde fedelmente alla figura ed alla storia di Padre Placido; l’identificazione con un altro sacerdote, ipotizzata da uno studioso dello scrittore americano, non ha alcun fondamento e nulla ha a che fare con le caratteristiche del personaggio descritto nel libro.
Padre Placido, persona di grande carisma e bontà, aveva indotto, con la sua esemplare vita di uomo e di sacerdote, un giovane compaesano a scegliere la vita monastica: si chiamava Francesco Di Lullo, figlio di Albino e di Ianiro Lucia, nato a Capracotta il 24 luglio 1921. Era fratello, più piccolo di 12 anni, di Mariantonia, conosciuta a Capracotta col nome di Maria Balà, sarta rinomata non solo a Capracotta ma anche a Roma dove lavorava per la ben nota sartoria del capracottese Gaetanino Terreri. Maria era molto amica di Luisa Carugno, sarta anch’essa e madre del giudice Alessandro De Renzis il quale conserva i ricordi e le lettere intercorse tra il frate e la sorella. Una tenera corrispondenza nella quale risalta la materna preoccupazione di Maria per la salute di Francesco, che lei aveva di fatto cresciuto, al quale inviava anche qualche risparmio da utilizzare per la cura del suo fisico indebolito; nello stesso tempo Francesco si premura di rassicurarla scrivendole delle attenzioni che i Superiori avevano comunque per il suo stato di dsalute. Nel retro di una foto che li ritrae assieme leggiamo: “A Maria, mia sorella e mammina, il suo Fra Placido, Chierico Cappuccino”.
Il 18 ottobre 1934 Francesco fu ammesso nel Seminario di Veroli ove compì poi, lodevolmente, il corso ginnasiale. Il 2 settembre 1938, poco più di quattro mesi dopo la morte di Padre Placido, del quale in segno di devozione aveva preso il nome, ci fu il rito della Vestizione ed il 30 agosto 1942 quello della Professione solenne. Concluso il noviziato iniziò gli studi di preparazione al Sacerdozio (che non avrebbe purtroppo mai raggiunto) nello stesso convento di Viterbo in cui si era formato Padre Placido; comparvero ben presto infatti i primi sintomi di un male che si sarebbe progressivamente aggravato nonostante le cure, inefficaci all’epoca, ricevute nel corso dei vari ricoveri ospedalieri.
Purtroppo il 17 gennaio 1947, presso il Policlinico Umberto I di Roma, lo stesso dove era deceduto Padre Placido, Frate Placido da Capracotta concluse la sua travagliata vita terrena e fu ivi sepolto nel cimitero del Verano.
Alessandro De Renzis ricorda ancora oggi, con lucidità e commozione, il giorno in cui Maria Balà ricevette la notizia della prematura scomparsa del suo Francesco: una scena straziante nella quale vide Maria strapparsi i capelli dalla disperazione.
Maria Di Lullo, nata a Capracotta il 5/3/1909, è deceduta il 3/4/2009 a Roma dove riposa ora, nel cimitero del Verano, nello stesso loculo assieme al fratello.
Col permesso dell’Archivio Storico della Provincia Romana dei FF. Minori Cappuccini riportiamo di seguito un frammento del “Necrologio di Frate Placido da Capracotta (studente)”.
“Il terribile male si rivelò nel 1944 mentre attendeva allo studio della S. Teologia in Viterbo. L’animo mite di Fr. Placido rimase scosso e intuì subito la gravità del suo caso; tuttavia conservò una esemplare serenità, rimettendo la sua salute nelle mani del Signore. Da quel momento è iniziato il tormento spirituale a causa del suo allontanamento dagli studi e dai compagni che lo circondavano di fraterna affettuosità e specialmente a causa del suo peregrinare nei diversi luoghi di cura e di soggiorno dove i Superiori lo destinavano. […] Fu ricoverato nel Sanatorio Umberto I di Roma dove già in precedenza aveva trascorso infruttuosamente un breve periodo di degenza. Per circa due anni le alterne fasi del suo male lo hanno fatto vivere tra la speranza di un miglioramento – che in realtà sovente si è verificato – e la coscienza della sua fine, della quale egli, ai confratelli che si avvicinavano a fargli visita, parlava come di una cosa imminente e con ammirabile e consapevole rassegnazione alla divina volontà. […] Nel pomeriggio del 17/1 (1947) fu comunicato ai Superiori il suo peggioramento inconsueto. […] Lo stato di peggioramento era evidente, ma non appariva sul suo volto la benché minima costernazione. Era convinto di essere agli estremi della sua vita, e senza farsi illusioni aveva già chiesto i Sacramenti. Col P. Segretario, in quell’ultimo pomeriggio della sua vita, parlava a fatica, quasi a strappi, con voce flebilissima, interrotta da inconsueti attacchi asmatici; domandò perdono ai Superiori e ai Confratelli. Morì piamente durante la stessa notte, compianto da tutti.”
Ho recentemente appreso da Alessandro De Renzis che sua madre Luisa, amica di Maria Balà, era anche la nipote di Padre Placido il quale, prima di entrare in convento, era stato apprendista calzolaio!
Vincenzino Di Nardo