Un discorso semiserio sulla “luna”

La luna sulla Terra Vecchia. Foto: Stefano Biondi

Alla mia età posso certamente dire che sono stato testimone di grandi conquiste scientifiche dell’umanità in tutti i campi del sapere; per esempio, citandone una tra le più emblematiche, il primo sbarco sulla luna nel 1969, di cui è impossibile dimenticare le immagini che sono state riprese e commentate, anche di recente, in alcune trasmissioni televisive.

In questi giorni ha attirato la mia attenzione il programma di alcuni incontri promossi nel Molise dall’Associazione “Vivere con Cura” dedicati, in particolare, alla “LUNA”; ripensavo perciò alle tante leggende, alle correnti di pensiero e alle conoscenze che, nei secoli, si sono succedute e spesso accavallate sul tema del nostro satellite.  A cominciare da me, infatti, si pensava che il cosiddetto “allunaggio” l’avesse privato di ogni alone di mistero o di romanticismo, ma era un grossolano errore; mi è poi tornata in mente, insieme al famoso lavoro intitolato “Sidereus Nuncius”, la rivoluzionaria demolizione della dottrina tolemaica da parte di Galileo Galilei.  A pensarci bene questo scienziato aveva notato, grazie alle macchie e alle ombre del sole, che la crosta lunare è “aspera et inaequalis” (cioè, “scabra e disuguale”), perciò non tanto dissimile dalle montagne della terra; è in fondo ciò che abbiamo verificato nel 1969 e che è stato puntualmente confermato nel giugno 2023, quando un veicolo spaziale cinese ha persino raggiunto l’emisfero lunare che rimane sempre nascosto alla terra.

Tra le tante ipotesi formulate dagli scienziati circa la sua origine, quella maggiormente accettata, del 1975, sostiene che la luna si sarebbe formata dal materiale espulso per collisione della Terra con un altro pianeta chiamato “Teia” (o Theia).

    “Con un diametro di 3.474 Km e una distanza di 384.400 Km dal pianeta Terra, la Luna incanta da sempre l’umanità. La sua luce brilla nel cielo notturno da quasi 4.5 miliardi di anni, mentre ci mostra sempre la stessa faccia a “intervalli regolari”, in cui un po’ appare nella sua interezza, un po’ solo metà e altre volte non c’è proprio, sorgendo e tramontando ad orari differenti”;

   Così, solo per chiarezza, accenno brevemente alle “fasi lunari” che sono, appunto, quattro:

  • Prima fase: novilunio o Luna nuova

    La Luna si trova tra la Terra e il Sole ed è a noi invisibile perché ci mostra la faccia non illuminata

  • Seconda fase: primo quarto

    Sole e Luna si trovano a 90° rispetto alla Terra, noi vediamo solo un quarto di Luna perché il Sole illumina solo la metà della faccia visibile

  • Terza fase: plenilunio o Luna piena

     La Terra si trova tra il Sole e la Luna e questa ci mostra quindi tutta la faccia completamente illuminata

  • Quarta fase: ultimo quarto

     Sole e Luna si trovano ancora a 90° rispetto alla Terra, quindi vedremo solo un quarto di Luna.

Non ho certo la possibilità né la competenza necessaria per affrontare temi astronomici più complessi e preferisco ricordare che nella mitologia greca “Selene” è la personificazione della Luna; si tratta, come è noto, della sorella di “Helios” (il Sole) e di “Eos” (L’Aurora), tre fratelli cui era stato assegnato il compito di assicurare luce all’umanità; sarei pure felice, di occuparmi delle ragioni storiche e culturali che, nei secoli, hanno attribuito alla luna i poteri di una vera divinità ma non basterebbe, parimenti, un intero trattato. Mi limito perciò a sottolineare quanto, nel passato remoto, sia stata appassionante per l’umanità, l’ipotesi che il nostro enigmatico satellite potesse essere abitato; ne rende testimonianza, tra gli altri, Giacomo Leopardi che, nel suo “Dialogo della Terra e della Luna” tratto dalle “Operette morali”, pone questo interrogativo:

“Sei tu popolata veramente come affermano e

giurano mille filosofi antichi e moderni…?”

Assai più smitizzanti, nella poesia “La Luna”, i versi di Vivian Lamarque”:

“Disabitata la luna?
Ma è lei il suo bianco abitante.
Condomina e casa,
abitante e abitata,
inquilina pallida,
finestrella e affacciata”.

Non vi è dubbio comunque che alla luna, a torto o a ragione, sia stata attribuita tutta una serie di influssi sulla nostra esistenza, ad esempio quello sul concepimento e sulle nascite; secondo la tradizione, infatti, se il concepimento avviene con luna calante è probabile che la data del parto sarà più avanti rispetto alla data presunta del parto; se il concepimento, invece, è avvenuto con la luna crescente o piena, è più facile che si partorisca prima. Ancor più sorprendenti sono le credenze secondo cui la luna, in particolare quella piena, aumenterebbe le probabilità di travaglio ma non ci sono prove scientifiche che lo dimostrino realmente; secondo una delle ipotesi più accreditate:

    “dipenderebbe dall’attrazione gravitazionale nel senso che, come quest’ultima nei giorni di luna piena fa innalzare la marea, allo stesso modo il liquido amniotico (costituito in buona parte da acqua), secondo le leggi della fisica verrebbe attirato verso l’esterno e farebbe rompere il sacco”.

Mi piacerebbe ora riportare il pensiero di mia madre Cesarina, per 22 anni storica “levatrice” di Capracotta; ma, se ben ricordo, era sempre abbastanza evasiva e sfuggente su questi argomenti, forse nel timore di rinfocolare antichi pregiudizi sulla professione dell’ostetrica. In linea di massima credo che condividesse l’esperienza di molte sue colleghe secondo cui:

ci sono notti di luna piena con moltissimi parti e altri, invece, con pochi; francamente non è credibile che ci sia una reale correlazione, ma vale la pena di lasciare un pochino di poesia e di mistero sia nei confronti della luna che nei confronti del parto”.

Resterebbe tanto da dire, ma per me è ancor più difficile affrontare il tema degli influssi lunari sulle coltivazioni in genere; è opinione corrente, tuttavia, che in agricoltura siano ben più numerose e verificate le conoscenze scientifiche.

Sarebbe inoltre molto interessante ricordare i diversi modi di dire, spesso antichissimi, che prendono spunto dalla luna; per esempio “vedere la luna nel pozzo”, “sbarcare il lunario” e moltissimi altri, ma non basterebbe un intero trattato; così, tornando ai temi del convegno che citavo all’inizio, mi ha davvero incuriosito quello dei cosiddetti “bagni di luna” (in inglese “moonbathing”). Ignoravo, infatti, che fosse stato teorizzato e divulgato con grande successo questo nuovo, avveniristico trattamento che consiste nell’esporsi ai raggi lunari durante le notti di eclissi o di luna piena: ed è stato inevitabile che, per associazione di idee, mi tornassero in mente le divertenti, fantasiose parole della canzone di Mina:

“Tintarella di Luna

“tintarella color latte…”.

Si tratterebbe di un vero “rituale catartico” per la ricerca del benessere psico fisico, proposto anche da importanti personaggi come l’attrice Katherine Moss e ritenuto in grado di favorire la calma, la riflessione e la connessione con la natura; ora, del tutto sinceramente e pur desiderando approfondire le mie conoscenze in merito, restano grandi le mie perplessità nei confronti delle cosiddette “terapie alternative”: specie quelle non sottoposte a una rigorosa valutazione scientifica.

Ciò nonostante, ferma restando la diffidenza di un montanaro come me per il mare e per il sole (con i loro più celebri “bagni”), confesso di provare simpatia per il “moonbathing”: fino al punto che sarei lieto ne venisse dimostrato un razionale specifico; così, affidandomi ancora una volta al prodigio dei ricordi, ripenso con nostalgia a quando da ragazzo, insieme a diversi amici, restavo a sciare fino a notte fonda nelle serate di plenilunio invernale, a Capracotta; non disponevamo certo di moderni riflettori e ci pareva che l’unico, pur grande beneficio della luna fosse la sua prodigiosa luce che ci affrancava dall’oscurità: ma chissà che non fossimo noi, senza rendercene conto, gli illuminati precursori del “moonbathing”.    

Aldo Trotta